“Ehi!”, sono cinquant’anni
di Happy Days!
Era l'appuntamento dell'ora di cena, iniziava la sigla e ci si incollava alla TV.
Happy Days ha accompagnato momenti adolescenziali, quando l'America era un sogno da sognare.
Giovanna Anversa
Cinquant'anni fa andava in onda negli Stati Uniti la prima puntata di "Happy Days". In Italia arrivò alla fine del 1977 e fu subito "fonziemania".
È difficile trovare un programma televisivo che sia entrato nell’immaginario collettivo più del telefilm Happy Days. Apparso per la prima volta negli States sulla rete Abc cinquant’anni fa, impiegò qualche tempo ad ingranare, ma poi cominciò a conquistare spettatore su spettatore, inanellando ascolti stellari.
L’ideatore di Happy Days, il produttore Garry Marshall, dopo il successo del film American Graffiti, volle raccontare le vicende di una famiglia americana caratteristica degli anni Cinquanta, un’epoca in un certo senso ideale, ancora al riparo del dramma del dilagare della droga, che proprio negli anni Settanta segnò la parte più giovane della società americana.
La famiglia Cunningham incarnava valori cristiani, era rassicurante e trasmetteva un senso di serenità che metteva a proprio agio gli spettatori. Anche il personaggio che doveva sembrare più trasgressivo, il “ribelle” Fonzie, alla lunga si rivelò probabilmente il più amato, un buono, con i modi da duro ma dal cuore tenero.
Il ricordo affettuoso e un po’ nostalgico dei Cunningham, di Richie e dei suoi amici Ralph, Potsie e Fonzie, non è solo degli spettatori che erano adolescenti tra la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta, ma si è esteso a più generazioni. A guardare le puntate di Happy Days prima del Tg delle 20 era tutta la famiglia e, dopo la fine dell’undicesima e ultima stagione andata in onda sulla Rai, sono state rimandate in onda sui canali Mediaset e diffuse in Dvd. Ora si possono vedere su www.justwatch.com».
L’Italia è stato uno dei Paesi nei quali Happy Days ha avuto maggior successo, punte di 13 milioni di spettatori e un gradimento del 75%. Oltre alla fascinazione di tutto quello che proveniva da oltreoceano, probabilmente c’era anche l’immedesimazione nei personaggi italoamericani: Fonzie è l’abbreviazione di Arthur Fonzarelli; suo cugino Chachi Arcola (che poi diverrà il fidanzato di Joanie), è interpretato da Scott Baio, la cui famiglia è originaria di Palermo; il proprietario del locale Arnold’s dove si ritrovano Richie e i suoi amici si chiama Al Delvecchio (interpretato da Al Molinaro); lo stesso Garry Marshall, produttore di Happy Days, all’anagrafe faceva Masciarelli ed era nipote di emigrati abruzzesi.
Al successo della serie contribuiva sicuramente la grande sintonia che c’era sul set tra gli attori, quell’aria di grande famiglia che in un certo qual modo si percepiva anche al di quà dello schermo. E molti di loro hanno poi avuto una brillante carriera senza rimanere intrappolati nei ruoli che avevano nella serie.
Su Happy Days uscirono fumetti, giocattoli e ogni tipo di gadget; proprio in Italia, a Codogno, è stato fondato l’Happy Days International Fans Club, dove si possono trovare centinaia di oggetti (1.439 per la precisione) tra cui la tuta da meccanico di Fonzie, uno dei flipper di scena, la divisa da softball di Erin Moran con il suo autografo, il cappellino da baseball di Henry Winkler, giochi da tavola e action figures.
Nella prefazione di un libro dedicato alla serie, Henry Winkler dice: «Happy days è stata una delle esperienze più importanti di tutta la mia vita, al di fuori della mia famiglia. Anche quella è stata una famiglia, una squadra che ha lavorato duramente insieme, ha giocato insieme, è cresciuta insieme. Io e Fonzie siamo molto diversi. Non sono mai stato un figo. Non ho mai avuto la sua disinvoltura con le ragazze, non sono mai riuscito a far partire il juke box con un colpo della mano».
Ma per i “ragazzi” della nostra generazione, quel “duro dal cuore tenero” con il giubbotto di pelle alla James Dean, il pettine sempre in tasca e il suo gesto con i pollici “Ehi!”, è diventato un’icona che resiste al passare del tempo.
Stefano Superchi
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