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13 novembre 2024

GAIA'S CORNER #12 - Dieci canzoni per la mia dolce attesa

 Dieci canzoni

per la mia dolce attesa

Ovvero, una playlist senza senso

 



Sin da quando ero pischella e iniziavo a leggere riviste sull’argomento, le playlist stilate da chicchessia sono la mia modalità preferita per informarmi. Per scoprire un genere o un periodo, per creare atmosfera, per trovare i giusti abbinamenti. E tanto più mi piace leggere le playlist degli altri, tanto più ho scoperto di essere un po’ una m*rdaccia nel fare lo stesso.

Credo dipenda dal fritto misto di generi musicali che ascolto e dal riso e fagioli che ho sempre fatto nel riprodurli. Il che, per una che ha anche la passione del mixare, è a dir poco imbarazzante.

A ben vedere, in questo caso c’è una differenza rispetto al passato.
Se è vero che sto vivendo un’esperienza personale unica nel suo genere e se è vero che diventare mamma è un fricandò di emozioni tutte diverse accostate tra loro, questa potrebbe essere la playlist senza senso più sensato che abbia mai steso.

E comunque, a dirla tutta, chissenefrega. L’importante è dare spunti di ascolto, o quantomeno provarci.

Apriamo dunque la mia raccolta di preferenze in streaming degli ultimi nove mesi. Rigorosamente non in ordine di preferenza, anche qui a caso totale.


 

“Baby, what a big surprise” - Chicago

 
Momento “emotional”, concedetemelo. Questa è la prima che mi è suonata in testa dopo aver scoperto che arrivava un nuovo “inquilino” in casa. Dall’album “Chicago XI” del 1977, delicata ballad su un amore che smette di essere fuffa e diventa reale, nel mio caso ben più che reale. Uno dei migliori successi commerciali della band, rock pop americano anni 70, tra Styx ed America per capirci. Per nostalgici in cerca di vibrazioni positive.
 

 

“Tubular Bells” - Mike Oldfield 


Vi vedo che state per dire “cioè non conosceva Mike Oldfield prima di quest’anno?”. Macchè, io amo da anni questo genio inglese. Tuttavia, mio malgrado non sempre suite di venti minuti possono essere studiate al microscopio come meritano nella quotidianità, camm’a fà. Così, nonostante il vinile troneggi nella mia collezione personale, ho riscoperto e studiato questo incredibile pezzo in quest’anno di attesa nei lunghi tragitti di andata e ritorno dal lavoro. Al di là della tensione emotiva che innesca la tastiera dei primi minuti (è nella colonna sonora de “L’Esorcista”, ve lo ricordo), il viaggio musicale di questa traccia si spinge ben oltre, Oldfield ti accompagna per mano e con un masœl di chiavi apre ottomila porte mentali. Preludio ad altri capolavori come “Crises” e “Taurus”, prendete e mangiatene tutti.


 

“Hello, it’s me” - Todd Rundgren


Il nome dice poco, lo ben so. Tranquilli, anche a me. Questo artista è tanto famoso in America quanto poco in Italia. Ci si arriva, come per me è abitudine fare, percorrendo varie colonne sonore di serie tv. In particolare, questo pezzo risuona all’inizio di “And just like that”, controverso sequel di “Sex and the city”. Mr Big suona questo vinile e a mani basse lo ritiene la sua canzone preferita. Sempre pop rock anni 70 americano, fa parte dello stesso lp doppio di “I saw the light”. Artista poliedrico e abile, Rundgren mescola tanti generi in questo lavoro, quindi ce n’è per tutti i gusti, senza mai diventare un esercizio di forma, è tutto fatto con convinzione. Da provare!
 


 

“Dr. Beat” - Miami Sound Machine


Sempre per il mio feticcio delle colonne sonore, anche quello delle serie ambientate negli anni 70/80. Poi, il feticcio per i grandi personaggi dell’epoca, soprattutto cattivoni. Quindi, se esce una serie su Griselda Blanco e io ho il peso specifico del Titanic, vuoi che non l’abbia divorata?
Ebbene, mi entra in testa questo motivetto e scopro che la voce dei Miami Sound Machine è la meravigliosa Gloria Estefan. No, non lo sapevo, e questi Easter Eggs musicali mi fanno sempre esplodere il cervello.
Comunque, uno dei più famosi pezzi disco 80, con una vena latina che non guasta e infinita eleganza. Prezioso ne produrrà una sua versione con Marvin negli anni 00.




“For your love” - Chilly

 
Sempre attingendo da “Griselda”, questo brano dei Chilly è da sempre tra i miei preferiti, nonché compagno di taaaante serate afro funky a cura di Dj Bero. Cover dell’originale firmata Yardbirds, fu una importante disco hit e il principale successo di questa piccola e semisconosciuta band a pari di altri giga nomi della disco.
 

 

“Tokyo Fantasy” - Alessandra M


Questo è un Easter egg grosso come una casa che mi ha mandato in pappa il cervello. Seguo un profilo Ig molto interessante per amanti della disco e delle rarità 70/80 (“disco_bambino”, andate a curiosare!) e paf! Sento questo motivetto di un anni 80 pesissimo e molto gradevole, quasi da colonna sonora di Lupin III. Ed ecco la sorpresa: l’artista dal nome sospetto altri non è che Alessandra Mussolini la quale, come il padre Romano, ha rincorso in gioventù e anche se per poco una carriera musicale. Canta in giapponese e inglese, il disco è del 1982 e viene effettivamente commercializzato solo in Giappone. Oggi i collezionisti se lo litigano a tal punto che una singola copia vale migliaia di euro! È giunto il momento dunque di abbandonare ogni pregiudizio, passare qualche minuto di piacevole svago con questa traccia (pop anni 80 senza troppe pretese)… e di rovistare tra i vinili in cantina!


 

“Amore…aiuto” - Vasco Rossi

 
Da “Vado al massimo” del 1982, il Blasco mi suggerisce che non serve essere gravide per avere un mal di schiena che non fa dormire. Caro Vasco, altro che medicina salvifica, qua solo Tachipirina 1000, con tanti auguri! Il funkettino di questo pezzo poco impegnativo mette vibrante allegria, musicisti eccezionali e quel basso saltellante e la chitarra ritmica danno un ritmo travolgente in totale atmosfera ottanta.


 

“Master of Puppets” - Metallica


Ecco, questo non c’entra niente con quanto letto finora. Ma la mia orsetta ha sempre scalciato con convinzione quando la mamma la ascoltava in macchina durante l’attesa. Ritornato alla ribalta per la presenza nell’iconica scena di “Stranger Things”, è singolo dell’album omonimo, l’ultimo disco pubblicato con il compianto Cliff Burton. Suono molto potente e ampio spazio ai riff diventano da questo in poi distintivi per il gruppo. Ah comunque passione confermata anche ora: quando la ascolto si addormenta. That’s my daughter ❤️.


 

“Back in Black” - AC/DC


Vedi sopra, mia figlia gradisce i suoni forti a quanto pare. La band australiana risorge dalle ceneri dopo la scomparsa di Bon Scott e assolda Brian Johnson, il resto è storia. Per quanto io preferisca vocalmente Scott, questo pezzo è irrinunciabile. Leggenda vuole (anche meno, dai) che la mia orsetta abbia fatto sentire per la prima volta la sua presenza mentre il papà mostrava alla mamma i video del concerto di Reggio Emilia degli AC/DC di quest’anno (sì ragàss, ho ahimè rinunciato per ovvi motivi). Ah, una cosa importante: si vocifera un ritorno a San Siro di questi ragazzoni nel 2025, òcio!!

 


 

 

“Look into The Sun” - Jethro Tull


 

Questo pezzo è tristissimo, a dispetto della piacevole melodia, ma di una bellezza senza tempo. Altrettanto triste è la fase della vita durante la quale la ascoltavo. A volte rivedere i passi fatti fa apprezzare ancora di più cosa si prospetta all’orizzonte, consci che certi errori è meglio non commetterli due volte se può costare caro.
Da “Stand Up” del 1969, album più conosciuto per il singolo “Bourée” e  secondo della band rock progressive del pifferaio magico Ian Anderson, è una traccia più propriamente folk e priva del distintivo flauto.  


 

“Something” - The Beatles


Ricorrendo i 55 anni del disco “Abbey Road” a fine settembre (e alla fine della mia attesa) ho riascoltato volentieri e chiudo questa stramba playlist con questo brano che tanto mi ha accompagnato in una fase precisa dell’adolescenza. Quello sfarfallamento lì nello stomaco, che ti fa volteggiare e ti porta su seguendo le note via via più alte della canzone. C’è qualcosa nel modo in cui si muove e nel suo sorriso e tutto quello che vorresti fare è star lì a pensarci, scrive il buon Harrison in questo pezzo. E a 55 anni di distanza, siamo ancora qui a dargli ragione.


 

Gaia Beranti

 

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