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16 novembre 2024

Da Napoli al Mondo. Tullio De Piscopo, 40 anni di "Stop Bajon".

Da Napoli al Mondo

Tullio De Piscopo

40 anni di "Stop Bajon"



 Tullio De Piscopo, napoletano autentico e figlio d’arte è cresciuto nella zona di Porta Capuana. Suo padre Giuseppe era un batterista e percussionista nella orchestra del Real Teatro San Carlo e in quella del maestro Giuseppe Anepeta, uno dei più famosi arrangiatori e direttori d’orchestra della canzone napoletana. Il fratello Romeo faceva il batterista nei complessi che suonavano nella zona di Bagnoli, intorno alla base Nato. All’età di 13 anni Tullio De Piscopo lavorava nei night club della stessa zona, molto frequentati dai soldati americani e in seguito entrò a far parte di gruppi jazz cittadini.
 


Da pochi mesi è tornato sulla scena con “Stop Bajon 2 Remix”. Sono passati 40 anni, era il 1984 quando usciva nelle radio “Stop Bajon”, un singolo destinato a cambiare lo status quo del percussionismo, dal groove al suono. Un ritmo tribale derivante dal bajon, una danza latino-americana che da bambino Tullio ascoltava alla radio in un programma della Rai che si chiamava “Ballate con noi”. Fu suo padre a spiegargli tutto su quella musica.
 


Quella di “Stop Bajon” fu una grande intuizione, tanto che, partendo da Napoli, finì nelle playlist dei grandi deejay mondiali. L’inglese Ashley Beedle, per esempio, l’ascoltò mentre era in vacanza alle Canarie, dove il brano passava in discoteca quattro o cinque volte a serata. Se ne innamorò, lo comprò e lo lanciò nelle radio inglesi.
 

 

De Piscopo non sa scegliere se conta di più lo studio o l’improvvisazione «Tutto nasce da un modo di essere» dice il batterista. Dopo il remix è uscito il picture disc, un vinile con un ritratto dell’artista. Sul lato B c’è scritto: «Teng’ a televisione a trentasei canali», un verso geniale del brano, apparentemente banale, ma che tutti ricordiamo dopo quarant’anni.
 


Di percussionisti ‘sregolati’ ormai è pieno il panorama attuale, «ma non sarà mai la stessa cosa, perché quello che abbiamo fatto ai nostri tempi è irripetibile. Ognuno di noi ha una personalità, ma ripetere certe intuizioni è raro». Lui non si è mai voluto allineare alla evoluzione corrente della musica: «Non ho mai abbandonato il mio stile ed è stata una cosa buona perché il ritmo, la melodia, lo strumentale sono investimenti e io ho sempre investito. Oggi per far successo servono le views: più visualizzazioni hai, più sei ritenuto bravo». I social hanno stravolto completamente il mercato: «Mi segui, ergo sono».
 


Dal punto di vista sociale Tullio De Piscopo è sempre stato legato a temi in favore della classe operaia, il suo primo album si chiamava “Sotto e ’ncoppa”, sottosopra, in copertina una Napoli capovolta. Erano gli anni Settanta, anni di piombo, delle guerre con gli ‘Indiani metropolitani«che volevano entrare gratis ai concerti, perché dicevano che la musica non si paga e io rispondevo loro “Ma nuie comm’ mangiamme?”, ma noi come mangiamo?».
De Piscopo ha suonato con i più grandi artisti italiani e internazionali: «Ricordo “L’era del cinghiale bianco” con Franco Battiato, poi De André, Dalla, lo straordinario Astor Piazzolla, il Re del tango a cui ho dato la mia batteria in “Libertango”, che resta uno dei suoi più grandi successi mondiali. E pensare che Piazzolla diceva che lui non aveva mai avuto la batteria nelle sue composizioni perché nel tango non era prevista come strumento. Poi come potrei dimenticare Pino Daniele, il mio ‘fratello in blues’? Lo definisco così: ‘O’ Zzucchero’».
 


Ancora oggi, a 78 anni, De Piscopo ha in testa sogni e in animo progetti: «Sono rimasto un cacciatore di sogni, credo in quello che sogno, sognare mi ha portato lontano».
Il 17 di ottobre ha ricevuto il premio Tenco “I suoni della Canzone” al Teatro Ariston di Sanremo, a suggello di una carriera pluriennale che comunque lo fa rimanere un “ragazzo” a caccia del suo sogno.

"Ma quanno ascimmo fora sarra' primavera"

Stefano Superchi





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