Un reggiseno per due.
Una storia di donne
(e di comodità).
Questa è una storia di donne raccontata da un uomo, una storia di una (apparentemente) piccola rivoluzione del costume, ma grande per chi ne ha usufruito e ne beneficia a tutt’oggi.
Tutto inizia nel 1889, in un laboratorio di lingerie in Rue Chaussée-d’Antin, a Parigi. Qui lavora Madame Herminie Cadolle, stilista che ha appena trovato l’ispirazione per una nuova creazione. Si tratta di un indumento intimo a due pezzi chiamato “le bien-être” (che potremmo tradurre come “il benessere”), con una parte inferiore che serve da corsetto per la vita e una parte superiore che sostiene, attraverso adeguate spalline, il seno. Una intuizione semplice ma rivoluzionaria, che parte da lontano.
Un esperimento analogo era stato tentato già nella Creta del 1.700 a. C., nell’antica Roma e nella Francia del XV secolo. L’invenzione di Herminie Cadolle, ispirata da questi tentativi primitivi, viene perfezionata mediante pezzi di gomma in grado di fornire mobilità alla schiena con l’obiettivo di liberare il corpo femminile, mettendo da parte per sempre i rigidi e scomodi corsetti in uso.
Quindici anni dopo, a migliaia di chilometri di distanza, negli Stati Uniti c’è una donna di nome Mary Phelps Jacobs che decide di brevettare qualcosa di analogo a quanto già sperimentato in Francia. La Jacobs è senza dubbio un soggetto particolare. Discendente di Walter Phelps (eroe della guerra di secessione americana) e di Robert Fulton (l’inventore della nave a vapore), è uno spirito libero che detesta le convenzioni.
Una sera, mentre si appresta ad indossare l’abito che segnerà il suo debutto in società, capisce che il corsetto è in bella mostra ma le toglie il respiro. E qui le arriva l’illuminazione: utilizza due foulard di seta e un nastro per sostenere il seno. L’idea funziona e, alla fine di ottobre del 1914, miss Jacobs ottiene il brevetto per ciò che diventerà un accessorio di uso quotidiano, il moderno reggiseno. La sua invenzione ha enorme successo perché mette insieme comodità, funzionalità ed eleganza, ma soprattutto permette alle ‘maggiorate’ di comprimere il seno e rientrare nei canoni di bellezza dell’epoca, che esaltavano le signore non troppo procaci.
Intanto in Europa Herminie Cadolle è già una star. Il suo reggiseno, dopo la presentazione all’Expo di Parigi del 1900, conquista le dame della borghesia francese.
Negli Stati Uniti invece il capo d’abbigliamento ideato dalla Jacobs si diffonde più prosaicamente nei grandi magazzini, spingendola a vendere i diritti della sua creazione, per soli 1.500 dollari, a un’azienda del Massachusetts, che ne guadagnerà, negli anni successivi, profitti per qualcosa come 15 milioni di dollari.
Da lì in poi l’indumento intimo sulla cui maternità si dibatte da oltre un secolo, ha fatto la storia del costume, entrando nella vita di tutti i giorni, assumendo forme e stili diversi per divenire poi strumento dell’immaginario estetico (ed erotico) collettivo.
Herminie Cadolle e Mary Jacobs avranno due destini opposti.
La prima produrrà reggiseni per il resto della propria vita. Fra le sue clienti potrà annoverare anche la leggendaria spia Mata Hari.
La Jacobs diventerà invece un’attivista e avrà una carriera nell’editoria che la porterà a pubblicare opere di artisti come Ezra Pound, Ernest Hemingway e Henry Miller. Morirà a Roma nel gennaio del 1970, celebrata come la «madrina letteraria della Generazione perduta».
Ma il suo posto nella Storia se lo era già guadagnato, nel cuore, nei cassetti e negli armadi di intere generazioni di donne.
Stefano Superchi
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