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22 giugno 2024

“A Hard Day’s Night”, buona musica in riva al fiume

 “A Hard Day’s Night”,

buona musica in riva al fiume

sabato 22 giugno, 21:45,

alla Canottieri Eridanea di Casalmaggiore (ingresso libero)

 


Questa sera, sabato 22 giugno, serata dedicata agli amanti della buona musica ed in particolar modo del quartetto più celebre di Liverpool.
Serata aperta a tutti alla Società Canottieri Eridanea di via Antonino Primerano a Casalmaggiore, alle 21:45 un viaggio nella storia dei Beatles con “A Hard Day’s Night”, un concerto ma non solo, musica e racconto che si intrecciano sulla sponda sinistra del grande fiume, che in serate così non ha niente da invidiare al Mississipi o tantomeno al Mersey.
A farvi rivivere le atmosfere beatlesiane tre musicisti di primo livello: Ricky Belloni, Andrea Cervetto e Alex Procacci, nomi non nuovi a chi bazzica il mondo del Rock e del Prog italiano.

Ricky Belloni

Ricky Belloni è stato per vent’anni (dal ’75) chitarrista e voce nei New Trolls, in precedenza ha partecipato all’incisione dei primi album di Claudio Rocchi e degli Stormy Six oltre ad aver accompagnato Fabrizio De Andrè nella sua prima tournée del ’74.

Andrea Cervetto

Andrea Cervetto è un chitarrista eclettico che, tra le altre cose, ha partecipato al musical “We Will Rock You”, dopo essere stato scelto personalmente dal chitarrista dei Queen, Brian May.

Alex Procacci

Alex Procacci è un compositore, arrangiatore e molto altro, vocal coach in The Christmas Show, Peter Pan il Musical, We Will Rock You, La Divina Commedia: Dante’s Musical e I Promessi Sposi; è arrangiatore di Rapunzel Il Musical.


Organizzatore artistico della serata Franco Frassanito, che già di per sé è garanzia assoluta di qualità.

 

Franco Frassanito


a cura di Stefano Superchi

 


15 giugno 2024

Fares Cachoux, la potenza dell'arte minimalista

Fares Cachoux,

la potenza dell'arte minimalista

Stasera vi voglio parlare di Fares Cachoux un artista siriano scoperto per puro caso. Mi hanno colpito la potenza e la nitidezza minimalista delle sue opere grafiche “scrollando” su Instagram. Sono andato a cercare informazioni su di lui in rete ma ho fatto una certa fatica a trovarle. Forse per la sua provenienza o per una scelta personale, si trova qualcosa nei circuiti del “mondo arabo” o comunque francofoni, pochissime le informazioni sui siti italiani dedicati all’arte e alle mostre (se si eccettua una menzione sulla partecipazione di Fares Cachoux a “Dismaland”, una mostra-evento pensata e creata da Banksy).

Fares Cachoux, Al Houla Le Massacre © Adagp, Paris, 2023


A metà strada tra il manifesto, lo slogan e la grande pittura, l'opera di Fares Cachoux è un'opera d'arte impegnata. Dalla politica all'ambiente, passando per l'analisi delle nostre società e delle loro disfunzioni, il suo sguardo è sempre pertinente, saggio, incisivo.

Fares Cachoux, Wadha & Friends © Adagp, Paris, 2023


Nato a Homs, in Siria, nel 1976, Fares Cachoux ha studiato ingegneria informatica all'Università di Aleppo, prima di conseguire il master e il dottorato in arte digitale e comunicazione visiva a Parigi.
Ha vissuto e lavorato per quasi 10 anni per diversi musei negli Emirati Arabi Uniti e a Doha (Qatar). Osservando un mondo in bianco e nero (il nero del niqab per le donne e il bianco del thobe per gli uomini), ha guardato con umorismo al funzionamento di queste società tradizionali.
Nel 2021 decide di dedicarsi all'arte a tempo pieno e si trasferisce in Francia.

Fares Cachoux, Marianne © Adagp, Paris, 2023


Nelle sue opere, Cachoux racconta storie. Racconta ciò che vede e ciò che pensa con un vocabolario visivo ridotto all'essenziale. Dalla guerra in Siria ai naufragi del Mediterraneo, dalla complessità dei costumi sociali nel Golfo alle caricature politiche, dalla fragilità delle nostre società democratiche all'esaurimento delle nostre risorse ambientali. Ognuna delle sue opere è la riduzione di un evento, di una situazione, alla sua quintessenza.

Fares Cachoux, Freedom Girl © Adagp, Paris 2023


Con uno stile minimalista e audace, colori vivaci e semplici silhouette, l'artista mette il suo lavoro al servizio della libertà e della dignità umana. Artista impegnato, sa raggiungere un pubblico molto vasto con messaggi semplici e trasparenti. Come dice lui, «È qui che risiede l'enigma! bisogna riassumere eventi complessi con un minimo di elementi, senza perderne il senso».
Cachoux ha tenuto la sua prima mostra personale a Parigi nel 2015, dopo essere stato invitato da Banksy a partecipare alla mostra Dismaland. Oggi le sue opere sono regolarmente pubblicate su giornali quasi esclusivamente francesi, come Le Monde, Le Temps, Courrier International e l'Huffington Post. Il suo lavoro è presente anche nei libri di testo francesi per insegnare agli studenti a decifrare i manifesti politici.



I colori POP e l’apparente leggerezza caratterizzano le sue opere, che tuttavia sollevano questioni profonde inerenti a tutte le società moderne alla ricerca di un equilibrio tra “tradizioni locali”, società dei consumi e globalizzazione sfrenata. Tra questi temi figurano il patriarcato, che colpisce tanto l'Oriente quanto l'Occidente, e la comunicazione. Nel caso del niqab, come possiamo stabilire un dialogo semplice, autentico ed efficace con una persona di cui non possiamo vedere il volto e le espressioni? Tutte le società hanno più o meno sperimentato questa difficoltà durante la pandemia con l'obbligo di indossare una mascherina.


Oltre alla questione della comunicazione, c'è anche quella dell'identità, che riguarda tutti coloro che indossano una mascherina, un costume o un'uniforme, sia essa religiosa o professionale. Cosa dice di noi un'uniforme e cosa nasconde?
E se ciò che nasconde è l'esatto contrario del rigore, dell'austerità e dell'uniformità che trasmette? È così che le donne velate di Fares Cachoux diventano motocicliste trionfanti, eroine della Marvel o rocker indomite, esprimendo a loro volta la malizia, la loro forza e il loro desiderio di libertà, e incarnando così i paradossi e le complessità delle società orientali.


Come una lente d'ingrandimento, l'arte di Fares Cachoux mette in luce le contraddizioni e le disfunzioni delle nostre società contemporanee. Di fronte a noi stessi, possiamo scegliere se ignorare le domande che solleva o soffermarci su di esse. Ma quando l'artista lo fa con umorismo, quando riesce a sedurci, la nostra risata è un'ammissione di debolezza. Possiamo ancora fingere di ignorare il messaggio, ma una traccia rimane sempre in fondo alla nostra mente.


Se qualcuno di voi capitasse nel nord della Francia ai confini con il Belgio, dalle parti di Lille per intenderci, potrebbe approfittarne per vedere la sua esposizione all’Institut du Monde Arabe di Tourcoing, aperta fino al 14 luglio. Tutti gli altri, me compreso, si accontentino di godere delle sue immagini sul web, che comunque è meglio di niente.



 

Stefano Superchi







14 giugno 2024

Oggi Francesco Guccini compie 84 anni. Brindiamo a birra chiara e Seven Up.

Oggi Francesco Guccini compie 84 anni

brindiamo a birra chiara e Seven Up

 

IconPop Factory

Conobbi Francesco Guccini alla fine degli anni ’70 quando mia zia, all’epoca trentenne e figlia di quei favolosi anni 60/70 che musicalmente tanto ci hanno regalato, ascoltava assiduamente la radio. Rideva a crepapelle con le battute di Marenco e Bracardi in Alto Gradimento e cantava i pezzi dei cantautori che per radio passavano ogni giorno, più o meno tutti. Uno fra tutti però era il suo preferito, il maestrone, con quella R alla francese in una voce nostrana, che lo rende così simpatico; iniziai ad amarlo così e qualche anno dopo pure a strimpellarlo con la chitarra. 

Giovanna Anversa


 

Oggi, 14 giugno 2024, Francesco Guccini compie 84 anni. Riesce difficile immaginarlo vecchio, lui, battagliero, sempre a fianco degli ultimi, dei dimenticati, sempre schierato contro ogni forma di ingiustizia e pregiudizio, trasgressivo, sì, ma di una trasgressività popolare, direi quasi ”nostrana” (“mi piace far canzoni e bere vino, mi piace fare casino”), niente a che vedere col tipo di viaggi propiziati dall’LSD di cui tanto parlava “Gianni ritornato da Londra”. Eppure il tempo è passato anche per lui e su di lui.


photo Fabrizio Fenucci

Il tempo, appunto, è uno dei temi che Francesco canta, con una delicatezza sommessa, con una vena nostalgica e struggente. Può trattarsi del tempo lineare, quello che corre e ci porta sempre e solo in una direzione, che prende e dà senza possibilità di tornare indietro (“il tempo andato non ritornerà” – “siamo qualcosa che non resta”), che scandisce i giorni sempre uguali del pensionato, vissuti tra le pareti di una casa povera, impregnata dell’odore di polvere e minestra riscaldata sulla stufa; eppure la storia è passata anche di lì, perché per Francesco gli umili la storia non la subiscono soltanto, la fanno anche, è storia anche la loro vita quotidiana apparentemente insignificante.



A volte sembra che il fluire inesorabile del tempo non trasformi le cose: una vita diversa tutti gli anni e tutti gli anni uguale, l’amica in cui nulla sembra mutato, le osterie di fuori porta ancora aperte, ma non è così: qui irrompe con forza l’altra fondamentale dimensione del tempo, quella interiore, soggettiva, che si può ripercorrere a ritroso alla ricerca di ricordi, di momenti vissuti, amicizie – tante, amori, giovinezza.

Si può ritornare col pensiero ai vent’anni, quando ‘tutto è ancora intero’, quando le opportunità che hai davanti sono ancora intatte, o ai momenti in cui le osterie di fuori porta erano ancora piene di gente ‘viva’. Ci vengono in mente i quattro amici al bar di Gino Paoli, che via via se ne vanno per entrare nella normalità, ma vengono sostituiti da altri giovani idealisti sempre nuovi; invece per Guccini chi ha scelto di diventare “pecora bianca” è perduto per sempre.



Perduto per sempre è anche il tempo in cui l’immensa pianura ora segnata da torri di fumo era tutta un biondeggiare di spighe, un verdeggiare di prati e alberi un’esplosione di colori. Per il vecchio queste immagini sono un ricordo, per il bambino che ne ascolta sognante le parole sono fiabe, ma entrambi condividono lo stesso sentimento di tristezza.

Ci sono anche attimi fugaci che sembrano poter cambiare l’intero corso di una vita, ma vanno colti subito, senza esitare (“non la vedi non la tocchi oggi la malinconia? Non lasciare che trabocchi, vieni, andiamo, andiamo via”); però basta un niente per cambiare il volto di ogni cosa, per cedere al richiamo della strada bianca; allora non resta che pagare e andarsene lasciando un nichel di mancia alla ragazza che dietro al banco mescola birra chiara e Seven Up.



Se poi si ripresenta alla mente il ricordo delle tante “ultime volte” che hanno costellato la tua vita (un bacio, i gesti di tuo padre e di tua madre…), inevitabilmente il pensiero corre oltre, al giorno in cui vedrai per l’ultima volta sorgere il sole o cadere la pioggia, mentre, “il ritmo del tuo respirare piano piano si ferma e scompare”. Inizia così per ciascuno di noi il viaggio verso “L’ultima Thule”, ma questa meta per te, navigante intrepido, è ancora lontana.

 


A noi piace pensarti sempre meravigliosamente leggero, come la farfalla che porta tuo nome. Buon compleanno caro Francesco, e… GRAZIE!


Ornella Anversa

 


 



09 giugno 2024

DARIO PARISINI, il suono della provocazione.

DARIO PARISINI

Il suono della provocazione

 


 Ieri, 9 giugno, è stato l’anniversario della morte di Dario Parisini.

Sconosciuto ai più, è una figura invece nota nel circuito alternativo musicale e non solo, nella fertile (culturalmente) terra emiliana, Emilia paranoica in progressivo disfacimento.
Uno dei chitarristi più innovativi della scena italiana. Diceva di sé: “Moderato? Sinonimo di smidollato”. Un artista, sfrontato e iconoclasta, sensibile e onesto fino all’estremo, mai convenzionale, è stato per lunghi anni un’icona dell’underground italiano.
La sua breve vita è stata ricca di attività, oltre alla musica lo si può ricordare nella parallela carriera cinematografica.



Carriera cinematografica e televisiva

La sua carriera di attore inizia nel 1984 interpretando il ruolo del giovanissimo conte Giuseppe Pallavicino, amico dell'allora quattordicenne Wolfgang Amadeus Mozart, nel film Noi tre, e prosegue con il film Impiegati dove interpreta il ruolo dello studente. Entrambi i film sono diretti da Pupi Avati, che lo definirà “L’attore più bello, più fragile e più vulnerabile del mio cinema”. Sempre con lo stesso regista, ebbe una parte nel 1985 nel film Festa di laurea.
Nel 1986 è coprotagonista nel film Una domenica sì per la regia di Cesare Bastelli. Nel 1987 interpreta il ruolo di Antonio nel film Il grande Blek di Giuseppe Piccioni, e nel 1988 quello di un chitarrista del Seicento nel film La sposa di San Paolo di Gabriella Rosaleva: ancora nel 1988 è il pluriomicida bisessuale di Pathos - Segreta inquietudine. Infine interpreta la parte di un giovane killer nella fiction La piovra 6-L'ultimo segreto nel 1992.



Carriera musicale

Nel 1987 è tra i fondatori dei Disciplinatha, gruppo fondamentale della scena alternativa industrial rock.
Vera e propria avanguardia artistica.
Il gruppo, nato nella provincia bolognese, una combo di artisti davvero innovativi, sollevò polemiche per l’atteggiamento provocatorio che richiamava l’iconografia del regime fascista. Il loro modo di porsi, una critica neanche tanto velata all’establishment culturale egemone in Emilia, gli portò non pochi problemi con la critica, oltre a provocare un corto circuito culturale volto a scardinare i clichè imperanti, un oltraggio al pensiero unico del Partito.


Osteggiati da destra e sinistra, concerti annullati, risse, dischi irreperibili e scandali a ripetizione. Isolati. Apprezzati dagli spiriti liberi e dai pochi che ne seppero cogliere le provocazioni portate al limite.
Trovano rifugio alla Attack Punk Records di Bologna, già trampolino di lancio degli speculari CCCP–Fedeli alla Linea. Con Crisi di valori (1991), impreziosito dal monito di Giovanni Paolo II mandato in loop, cominciarono a scardinare il muro di gomma che li aveva fino ad allora respinti. Un mondo nuovo, del 1994, è la svolta. Uscito per I Dischi del Mulo, quindi sotto l’ala protettiva dei C.S.I., il disco rappresenta il capolavoro del gruppo emiliano.



Nel 1998 Dario Parisini fonda con Valerio Zekkini e Luca Oleastri i Post Contemporary Corporation, gruppo rock industrial con influenze elettroniche e nel 1999 entra nei Massimo Volume.



Nel 2002, con Teho Teardo, Massimo Carozzi ed Emidio Clementi, partecipa al progetto El Muniria, dal quale nasce Stanza 218, album registrato in una stanza d'albergo a Tangeri e poi ultimato a Bologna.



Nel 2017, con gli ex-compagni dei Disciplinatha Cristiano Santini e Marco Maiani, forma la band industrial/neofolk Dish-Is-Nein, che ha pubblicato l'album eponimo nel gennaio 2018, con l'etichetta Contempo Records.



Da tempo malato, Dario Parisini muore il 9 giugno del 2022, a 55 anni.

Stefano Superchi

 


 


Per saperne di più:

TU MERITI IL POSTO CHE OCCUPI, la storia dei Disciplinatha (video di VinilicaMente)



Dario Parisini, un “Mondo nuovo” tra Disciplinatha, Dish-is-nein e gli anni del Consorzio (articolo di Fabrizio Tavernelli per Kulturjam.it)

Artefatti. Una vita Disciplinatha per combattere la noia paesana dei moralisti (articolo di Donato Novellini per Barbadillo.it)



08 giugno 2024

THE CULT, Federico Sarzi Sartori e il fantasy

THE CULT

Federico Sarzi Sartori e il fantasy

(che lascerà il segno) 



Ne avevamo parlato un anno fa di Federico Sarzi Sartori residente a Brugnolo, avevamo parlato del suo talento di illustratore e del progetto che aveva in essere da più di un anno, quello di pubblicare un libro.

Finalmente, è di questi giorni, la prima stampa di THE CULT, una storia dal genere fantasy, ideata e illustrata da Federico, redatta con la collaborazione degli ex compagni di corso Elena Elaborati, scrittrice, e Diego Roncarati, supporto prezioso che ne cura grafica, impaginazione, aspetti burocratici e la revisione.



Il Libro richiede ben due anni e mezzo di lavoro perché gli imprevisti non mancano mai, ma la tenacia alla fine premia. Federico fin da bambino disegnava e non aveva mai smesso di farlo, se non qualche tempo fa a causa di un momento di crisi artistica, di un blocco creativo.



Lavorava come operaio in una ditta del territorio a quel tempo, cosa che paradossalmente lo aiutò a sbloccarsi: “Lavoravo a un mestiere che non mi apparteneva, dove i miei sogni, le mie chimere, rischiavano di spegnersi. Mi sentivo fuori posto, vedermi fra qualche anno arreso in una vita non mia, comoda ma priva di passioni e fantasia, mi ha indotto a riprendere in mano la matita e tac, è nato un barbaro arrabbiato dai grossi baffi, un tale Bjorn, e con lui una storia da chiudere in un libro”.

La scelta fantasy è dovuta prevalentemente ai gusti personali dell’autore ma anche a quelli di sempre più lettori e appassionati di questo genere. “Una terra senza Dei, un regno ormai al suo tramonto, un raffazzonato pugno di eroi indaga sulla misteriosa scomparsa di giovani ragazze. Un culto antico e blasfemo è sopravvissuto e ora reclama il suo dominio



Questa la sinossi del libro che si apre con una mappa ad indicare le varie regioni di un territorio immaginario in cui si svolge la storia, la cui texture è realizzata rovesciando del caffè su di un foglio bianco per dare l’idea dell’antico.



Il libro è suddiviso in tre sezioni: prologo accompagnato da immagini in dgt, trama con tavole realizzate a matita e infine una galleria di immagini che mostrano l’evoluzione artistica e la sperimentazione di varie tecniche in quello che l’autore definisce un esercizio di stile.


La storia parte volutamente dalla fine per stimolare la curiosità del lettore e si svolge in un arco temporale di quattromila anni in cui barbari, elfi alti tre metri dalla pelle rossa e dai capelli rosa, soldati mercenari, un sacerdote cultista, ragazze scomparse, vampiri, mostri, creature demoniache e un Dio caduto che torna a far capolino, si muovono tra battaglie e guerre di conquista in un regno fantastico che ha per capitale Lyrian.

L’opera presenta tutte le caratteristiche del genere fantasy: luoghi immaginari dove tutto è possibile popolati da strane creature soprannaturali, il magico, il misterioso e l’eterna lotta tra il bene il male. Eroi positivi in contrapposizione a rivali malvagi: da un lato l’eroe protagonista che rappresenta il bene, dall’altro l’antagonista, un essere misterioso e antico, simbolo del male.



A impreziosire la storia, già densa di fatti e antefatti sono le tavole, i disegni di Federico che evidenziano, talento, passione e anni di studio. In questa terra di campi e di fiume non mancano poeti e scrittori, molti emergenti, altri non più di primo di pelo, giovani e meno giovani, che si muovono in svariati generi ma, un’opera fantasy, egregiamente illustrata, mancava.

Giovanna Anversa




 

 

L’autore: 

 

Classe ’96, residente a Brugnolo, Federico Sarzi Sartori è fumettista e illustratore dalle grandi qualità. Dopo il diploma ITIS però, la passione lo porta all’Accademia Comix di Reggio Emilia dove entra in contatto con veri professionisti quali Michele Foschini, presidente della casa editrice BAO, che pubblica i libri di ZeroCalcare, e con cui sostiene l’esame finale. Da quel momento diviene illustratore a tutti gli effetti. 

Il libro, edito da SmokeLand Press e distribuito da Manicomix, sarà presto in vendita su Amazon e presso la libreria "Il Seme" di Casalmaggiore.

28 maggio 2024

GAIA'S CORNER #8 - Nightclubbing (1981) - Grace Jones

Nightclubbing (1981)

Ostriche, androginia e schiaffoni

L’attesa che il meteo si sistemi da ancora modo di fare quattro salti al chiuso. E nella disco quella storica andiamo a pescare una signora molto conosciuta ma sempre sorprendente.

11 Maggio 1981.
La divina Grace Jones consegna ai posteri la sua quinta fatica, Nightclubbing.
Già conosciutissima come modella e come cantante disco, in questo album pone un punto di svolta nella sua produzione e cambia il suo repertorio. Il disco è quasi interamente di cover, eccezion fatta per un paio di tracce dove firma attivamente i testi. Personalmente ero ferma alle celeberrime Feel Up e I’ve Seen Your Face Before (Libertango): la prima è una perla conosciutissima per gli estimatori dell’afro funky, la seconda potrebbe essere considerato il suo marchio di fabbrica con la quale ha scalato le classifiche europee.


Anzi, potremmo partire proprio da questo marchio di fabbrica. Le percussioni reggae si tarano sul tango, la tastiera che accompagna l’intero disco scandisce la traccia con andamento sinuoso e la voce nell’intermezzo centrale diventa parlato dai toni profondi, anticipando quello che troveremo ne La Vie en Rose successivamente. La profondità del suo timbro scandisce in francese quanto di torbido e oscuro puoi trovare nei sobborghi di una ipotetica Parigi, magari  nelle ombre di Pigalle aggiungo io, passato il tramonto cercando passione a poco prezzo. Ricordando che il tango non è roba da vecchi o semplice balera, ma è soprattutto languore.


Grace firma anche Pull Up To the Bumper. Una donna, di colore, che parla (forse) di sesso anale, nel 1981? Apriti cielo. Ora, la signora avrebbe dichiarato che il riferimento diretto a tale pratica non era necessariamente vero. E, considerando che l’ultimo che ha provato a mettere la Graziella in un angolo ha preso due schiaffoni in diretta TV, io le credo!
Al di là di ciò, è un altro portentoso singolo estratto dall’album e un’altra fototessera della cantante. Il sesso è tutt’altro che implicito nella disco music, ma la nostra pantera lo cavalca con decisione a disco morta e sepolta e la sua voce basta e avanza come suadente trapano, figuriamoci se ti dice di accostare al suo paraurti.


Prezioso anche il suo modo di fare cover. La title track è una cover di Iggy Pop, nell’originale dai toni sbilenchi come una discesa all’inferno della perdizione. La signora riveste la stessa con toni reggae, ma senza snaturarla. Al netto delle due interpretazioni, se pur differenti, la sensazione è sostanzialmente la stessa. È un interessante modo di reinterpretare, che non ha grandi precedenti, specie femminili: dopo due/tre decenni di grandi interpreti del gentil sesso, qui non si aggiunge contenuto, ma una forma ricca, ragionata e rispettosa.


In ultimo la copertina. Taglio maschile,  completo Armani nero maschile, sigaretta e sguardo di ammaliante menefreghismo. La comunicazione della Jones ha il sapore di un’ostrica prelibata: il contrasto dell’androginia che sulla carta non invoglia ma che subito dopo esalta una femminilità tanto giunonica e imponente quanto innegabile


Credo che la signora non me ne vorrà se mi fermo qui, c’è abbastanza per correre all’ascolto direi e casomai all’acquisto del vinile da aggiungere alla vostra collezione (come ho fatto io).

Gaia Beranti




“A Hard Day’s Night”, buona musica in riva al fiume

 “A Hard Day’s Night”, buona musica in riva al fiume sabato 22 giugno, 21:45 , alla Canottieri Eridanea di Casalmaggiore (ingresso libero)  ...