Cocco Bill
e i salami parlanti
Nel marzo del 1957 un nuovo strampalato fumetto debutta sulle pagine de “Il Giorno dei Ragazzi”, il nuovo supplemento per adolescenti del quotidiano “Il Giorno”. È la presa in giro dei fumetti western di successo dell’epoca come “Tex” della Edizioni Audace (oggi Sergio Bonelli Editore) e “Pecos Bill” (all’epoca pubblicate dalla Edizioni Alpe), ispirandosi a quest’ultimo persino per il nome. Trottando tranquillo in una insolita vignetta muta, fa il suo ingresso nella cittadina texana di Bobbe City il pistolero Cocco Bill in sella al suo fido cavallo parlante Trottalemme.
Non si tratta della prima opera di Benito Jacovitti (detto Lisca di pesce), il suo tratto di stile comico l’aveva già reso famoso sulle pagine della rivista “Il Vittorioso”, riscuotendo un enorme successo con le storie dei 3P (Pippo, Pertica e Palla) e di Cip l’arcipoliziotto.
Cocco Bill ha un approccio ancora più libero e scanzonato alla narrazione. Le didascalie sono addobbate da calembour disegnati e forniti di una propria descrizione come lo «sceriffo a dondolo», appunto metà sceriffo e metà sedia a dondolo, mentre il protagonista spara con le sue pistole anche per aprire le porte del saloon.
Un’entrata a effetto che tradisce la scioltezza con cui l’eroe pistolero è familiare con le sparatorie, ed essendo consapevole di questa sua natura incline all’aggressività, al bancone non ordina né whisky né rhum bensì una calmante e sana camomilla. Poi il classico balordo da bar ha la brutta idea di sbeffeggiare l’inconsueta bevanda scelta dal nuovo arrivato, che per tutta risposta gli fa letteralmente saltare i denti a revolverate.
Ed è solo la prima pagina del nuovo fumetto di Jacovitti, ma tutti i giovani lettori si sono già innamorati di questo eroe nasuto e caricaturale. Il resto della storia continua sulla linea del parossismo grafico con duelli fittissimi dove le pistole sparano come fossero mitragliatrici, sempre al servizio dell’effetto comico e non di trovate violente o sanguinarie. Un dinamismo che si esprime anche nei dialoghi incalzanti, che si integrano alla perfezione con le trovate grafiche.
La cornice umoristica permette infatti a Jacovitti di rappresentare in maniera molto accentuata le espressioni dei personaggi, così come le pose e i gesti tipici dell’italianità. Così il diniego del cattivo verrà accompagnato da un indice oscillante in segno di “no”, mentre le domande di Cocco Bill saranno rinforzate dalla tipica e italianissima “mano a carciofo”.
Alla fine di una storia in cui Cocco Bill spara coi piedi e Trottalemme spara con gli zoccoli facendo esplodere il carro dell’antagonista, lo stesso Cocco Bill dovrà scappare da un matrimonio forzato con l’imponente Osusanna Ailoviù.
Una fuga che proseguirà per decenni, visto che Cocco Bill continuerà a essere pubblicato persino dopo la morte dello stesso Jacovitti nel 1998, ricevendo l’onore di due serie animate nel 2001 e nel 2004. Adattamenti piacevoli, ma che non rendono quello che è la storia disegnata, intraducibile in altri medium.
Col tempo le tavole di Cocco Bill diventano sempre più ricche di dettagli comici e surreali, dai salami parlanti alle venditrici di cognati, sfondo dinamico delle avventure del pistolero.
Un’apparente accozzaglia comunicativa che grazie all’intuito grafico di Jacovitti si trasforma in un vorticoso divertimento da parte dei lettori, marcando l’unicità di questo particolarissimo autore nel panorama del fumetto italiano.
Stefano Superchi