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15 novembre 2025

Festival d’inverno. Dal 22 Novembre riparte l'Opera Galleggiante.

Festival d’inverno

Terre d’Acqua - L’Opera Galleggiante

promosso dall’Associazione Terre d’Acqua

realizzato con il concorso di risorse di Regione Lombardia

 

direzione artistica

Giuseppe Romanetti

 






22 novembre 2025 ore 18
Municipia (Scandolara), Circolo ACLI “Il sorriso”
 

 e

23 novembre 2025 ore 16
Pessina Cremonese, Sala Civica

Racconto del bosco
compagnia rodisio

di Manuela Capece e Davide Doro
con Davide Doro
dai 6 anni e per tutti

Attraversare il bosco vuol dire crescere.
E chiunque diventa piccolo di fronte al grande spirito del bosco.
Racconto del bosco è un’esperienza pensata per tutti, piccoli e grandi insieme.
Una fiaba classica, archetipica, liberamente ispirata al Pollicino di Charles Perrault.
Il tempo di un racconto.
Una storia antica, un rito di attraversamento che è come un seme prezioso che sviluppa una riflessione sul legame profondo che ci lega alla natura più selvaggia.
Questa è una storia che parla di pane e di sassi, di boschi spaventosi e di case perdute, di fame e di paura, di fame e di coraggio.
Tracce, sassi bianchi lasciati sulla strada.
La strada percorsa per diventare ciò che sei.
Lo spettacolo è un invito a diventare grandi senza paura o, perlomeno, a dar voce alla paura sana, intrinseca in ogni distacco.
Grazie alla semplicità con cui la fiaba sa raccontare, attraverso ogni tempo e ogni luogo, una storia buia può farsi luminosa e diventare un piccolo inno alla vita.






7 dicembre 2025 ore 18
Bozzolo, Sala Civica
Mamma Oca
compagnia rodisio

di Manuela Capece e Davide Doro
con Davide Doro
in collaborazione con La Roulotte Enchantée (Lausanne, CH) e VolterraTeatro Festival (IT)
dai 3 ai 6 anni e per tutti


Bisognerà attraversare il bosco, dice la Mamma Oca ai suoi piccoli.
La Mamma Oca sa come fare, è una mamma strana, grossa e buffa, ma sa cullare, sa far da mangiare e sa accendere il fuoco quando arriva il buio.
E soprattutto la Mamma Oca sa che quando arriva la notte bisogna raccontare una storia.
E allora noi ci facciamo piccoli piccoli, per entrare nella casetta ai piedi della grande luna e finalmente attraversare il bosco.
La Mamma Oca sa che oltrepasseremo la notte, che arriverà il sole del mattino dopo, e che domani sarà già il tempo di un’altra storia.
Ci concentriamo sulla figura della Mère L’Oye, Mamma Oca, una madre archetipica, presente nella tradizione popolare e ripresa da Perrault, che ci permette di indagare i riti di iniziazione.
Cerchiamo un personaggio che è emblema della ritualità, una grande madre cantastorie capace di portarci nei luoghi lontani dove si compie il rito.
L’adulto che spinge il bambino verso il viaggio iniziatico, sussurra il divieto da infrangere o la sfida da compiere.
La Mamma Oca è lo strumento che ci permette di rispondere al bisogno di sogno, di illusione, di meraviglioso, è la via d’accesso all’ignoto, allo sconosciuto, al non detto.
È lei che recupera lo scheletro della vicenda umana e che ne porta tutti i racconti.



13 dicembre 2025 ore 20.45
Gussola, Sala Civica Giovanni Paolo II
SANDOKAN O LA FINE DELL’AVVENTURA
I Sacchi di Sabbia
da “Le Tigri di Mompracem” di Emilio Salgari
scrittura scenica Giovanni Guerrieri con la collaborazione di Giulia Gallo e Giulia Solano
con Gabriele Carli, Giulia Gallo, Giovanni Guerrieri, Enzo Illiano
costumi Luisa Pucci
tecnica Federico Polacci
produzione I Sacchi di Sabbia/Compagnia Lombardi - Tiezzi
in collaborazione con Teatro Sant’Andrea di Pisa, La Città del Teatro, Armunia Festival Costa degli Etruschi
con il sostegno di MiC e Regione Toscana

 



Tratto da Le Tigri di Mompracem di Emilio Salgari, lo spettacolo si svolge attorno al tavolo di una cucina dove quattro personaggi vivono le intricate gesta del pirata malese. Perno dell'azione è l'ortaggio, in tutte le sue declinazioni: carote-soldatini, sedani-foresta, pomodori rosso sangue, patate-bombe, prezzemolo ornamentale. E poi cucchiai di legno come spade, grattugie come cannoni, una bacinella piena d'acqua per il mare del Borneo, scottex per cannocchiali, e ancora sacchetti di carta, coltellini, tritatutto...

Il racconto si affaccia alla mente degli spettatori, per poi esplodere con una frenesia folle contagiosa. La cucina è casa di Sandokan, nave dei pirati, villa di Lord Guillonk, foresta malese, spiaggia di Mompracem. Fedele all’ideale di un ironico esotismo quotidiano (Salgari non si avventurò mai oltre l’Adriatico), lo spettacolo - attraverso la rifunzionalizzazione di semplici oggetti d’uso - è un elogio all’immaginazione, che rischia di naufragare nel blob superficiale dei nostri tempi.



14 dicembre 2025 ore 17
Solarolo Rainiero, Sala del Consiglio
Attacchi di Swing
con Alessandro Mori e Corrado Caruana
di Teatro Necessario CircoCentro di produzione di circo contemporaneo




Musica e comicità sono gli ingredienti di questo spettacolo per far ridere, per approfondire la storia della musica, per far conoscere musiche che giravano il mondo su una carrozza, per fare una festa manouche e swing con il duo formato da Alessandro Mori, clarinettista votato alla comicità, e Corrado Caruana, virtuoso chitarrista che scala la tastiera con il sanguigno spirito gipsy jazz.
Un salotto anni '30, atmosfera soffusa, la gran soirée sta per cominciare. In scena il virtuosismo della chitarra manouche di Corrado Caruana (Django’s Fingers) e l’eclettismo di Alessandro Mori (Teatro Necessario) al clarinetto. Un duo swing saltellante e spumeggiante, che assorbe gli elementi ritmico-armonici jazz e del valzer francese, arricchito da improbabili strumenti a sorpresa e una loop station che sintetizza e amplifica il divertimento.

Il ritmo incalza durante il viaggio musicale, fatto di ottima musica, brindisi, aneddoti sorprendenti. Un continuo crescendo di humor ed eventi surreali, che esplode in una miriade di strumenti musicali. Un duo irrefrenabile. Divertimento, virtuosismo musicale e comicità.



18 dicembre 2025 ore 21
Marcaria, Villa Negri (Cesole)
Canto di Natale
di Renzo Ruggieri (Jazz Musical Story)
dal celebre racconto di Charles Dickens
adattamento letterario Clio Pizzingrilli
Renzo Ruggieri, fisarmonica
Gilberto Colla, attore




Canto di Natale di Renzo Ruggieri è un racconto in musica jazz che nasce dall'idea di creare una possibilità differente rispetto ai tradizionali concerti natalizi. Una ricerca musicale molto attenta, quella del musicista, all'atmosfera tenebrosa prima e gioiosa dopo, che accompagnano l’ascoltatore nel mondo immaginifico dello scrittore inglese.       
L’opera narra la conversione di Scrooge, in inglese spilorcio, in un uomo generoso e buono, che si manifesta a seguito dell’incontro con tre spiriti rappresentanti il Natale del passato, del presente e del futuro.     
L’esecuzione di celebri melodie natalizie reinterpretate dai due artisti, chiude il concerto nel coinvolgimento ed emozione dei presenti, adulti e piccini.
Non è un caso, evidentemente, che A Christmas Carol sia annoverato tra i più bei racconti di Natale.


21 dicembre 2025 ore 17
Piadena, Teatro Parrocchiale
D U E
compagnia rodisio
di Manuela Capece e Davide Doro
con Davide Doro e Francesca Tisano
in residenza presso Teatro di San Pietro - Carte BlancheETS, Volterra
in collaborazione con il Comune di Volterra
dai 3 ai 7 anni e per tutti




Due esseri diversi e complementari al tempo stesso che si incontrano per caso o per destino, si guardano negli occhi e si accende la scintilla.
Quel colpo di fulmine che è come un secolo che dura un secondo.
Un duetto bizzarro e clownesco, che prende per mano e accompagna un po' dappertutto con la forza dell’immaginazione.
DUE parla della magia di trovarsi.
Riconoscere la possibilità di un incontro, allenare la capacità di sentire e comprendere l’altro, buone pratiche da esercitare fin da piccoli.
DUE è il racconto di un incontro quotidiano, poetico, visionario, onirico, surreale, impossibile.
Raccontiamo il risultato semplice di uno più uno, un gioco divertente tra due singoli che si incontrano in un campo libero di azione e reazione.
Incontrarsi vuol dire non essere più soli, quella complicità che non ha bisogno di niente, solamente del puro stare insieme. Una sorta di linguaggio silenzioso, un incontro di pensieri e di gesti, l’emozione di leggersi negli sguardi, aggrapparsi al braccio di qualcun altro e non lasciarsi più.
DUE ci parla di empatia, di quella capacità dirompente e rivoluzionaria di percepire quel legame misterioso che ci unisce.
DUE è uno spettacolo leggero e poetico per tutti che nasce da questo bisogno di sentire nel senso più profondo. Per imparare a mettersi nei panni dell’altro.
Per curare, coltivare, proteggere, riparare, accudire, conservare, custodire.
Abbracciare.

 

a cura di Stefano Superchi

12 novembre 2025

«Uscivamo molto la notte», Firenze anni '80 insonne e geniale

 «Uscivamo molto la notte»

Firenze insonne e geniale, un film racconta gli anni 80 dell'ultima rivoluzione culturale.

 



È stato presentato al Festival dei Popoli di Firenze il documentario che rivive una stagione piena di energie creative: «Uscivamo molto la notte», di Stefano Pistolini e Bruno Casini.

«Nel quattordicesimo e quindicesimo secolo, Firenze era quello che oggi è New York». Il paragone è forte, a farlo è un maestro del teatro e un intellettuale del calibro di Sandro Lombardi. Parole, le sue, che aprono la sequenza di interviste del documentario “Uscivamo molto la notte”.
 
 

La regia è di Stefano Pistolini da una idea di Bruno Casini, uno dei pochi figli della gloriosa new wave fiorentina degli anni Ottanta a essere rimasto a Firenze e non in giro per il mondo come molti altri protagonisti di allora. Casini ci ha messo il suo archivio, l’impulso, il soggetto, le parole e le sue memorie, praticamente la sua vita.
 
 


Vale la pena soffermarci sulla figura di Bruno Casini, deejay, organizzatore di concerti, discografico indipendente, creativo, redattore di riviste patinate, membro del servizio d’ordine per grandi eventi musicali, scrittore, fotografo, designer e financo insegnante di Lettere.
Il suo è un background da hippie, quattro mesi in Afghanistan, tre mesi in Marocco, poi Tunisia, Algeria per trasferirsi poi nel ’76 a Londra, dove abbandona la cultura hippie per quella punk e infine si laurea in Storia del cinema con Pio Baldelli con una tesi sul cinema underground dell’Italia anni Settanta. 

 

Bruno Casini

 

Torna a Firenze e apre un locale che farà la storia di quell’epoca: “Il 3 marzo 1977 è stata una data che ha segnato il tempo: abbiamo aperto il Banana Moon in Borgo degli Albizi. Uno spazio dove è passato tutto: i primi set di Franco Battiato, Claudio Rocchi, Ivan Cattaneo, Gaznevada, Neon, Take Four Doses, Cafè Caracas con Raf al basso, Ghigo Renzulli alla chitarra poi diventato Litfiba, Renzo Franchi alla batteria… Tutta la scena del teatro gay con Mario Mieli, Alfredo Cohen, il Collettivo Trousse Merletti e Giarrettiere con una giovane Platinette, poi rassegne di cinema underground e tanto jazz: Maccianti, Nicola Vermuccio, Daniele Trambusti. La notte si fa movimentata, arrivano gli Skiantos da Bologna con lancio di verdure sul pubblico, si balla con Bob Marley, Rod Stewart, Sex Pistols, Cabaret Voltaire, tramonta lo scenario freak e arriva il rock club, cambia anche il pubblico, largo alla decadenza un po’ berlinese”.

 


 

Firenze fu la capitale del mondo una volta, per circa un secolo e mezzo, tra il Tre e il Quattrocento, ricorda Lombardi. E poi lo è tornata di nuovo all’inizio degli anni Ottanta, non capitale in senso politico-economico ma del cambiamento culturale, della musica (Litfiba, Neon, Diaframma, Pankow), del teatro d’avanguardia (Krypton, Magazzini criminali, poi Lombardi-Tiezzi), del clubbing, della moda, della grafica, della cultura intesa come movimento giovanile di rottura e rivoluzione in direzioni diverse, fuse insieme in un idem sentire.

 




Ed è questo che il film rivela, una specie di Firenze “paese dei balocchi” tra meravigliosi materiali d’archivio, testimonianze, canzoni, luoghi come il Banana Moon di Bruno Casini o la Rokkoteca Brighton di Nicola Vannini, primo cantante dei Diaframma dal 1981 al 1983 (uscito dalla band prima della pubblicazione di “Siberia”) un locale che visse due sole stagioni, ma molto intense.

 


 

Poi c’erano il Tenax, i concerti allo Space Electronic, la videoarte, Patti Smith al Franchi con 60mila persone, la moda spudorata di Pitti Trend, l’esplosione della moda creativa del collettivo “Che fine ha fatto Baby Jane?” attivo in Italia e all’estero, il grande jazz del Salt Peanuts, la nascita del Rock Contest.


Space Electronic

Secondo un articolo del Sole24Ore negli anni Ottanta Firenze fatturava l’80% a livello nazionale di materiale indipendente con l’I.R.A. Records, la Contemporecords, la KinderGarten Records e l’appuntamento annuale con l’Indipendent Music Meeting, che riuniva labels italiane e straniere.

 


 

I Diaframma da Contemporecords

Quello che rende originale il racconto di quel periodo di grandi trasformazioni culturali è che ognuno dei protagonisti lo ricorda e lo racconta in modo molto differente, alimentando così il mito della “Firenze anni Ottanta” e lasciando all’interpretazione dello spettatore dove finisca la realtà e inizi appunto la leggenda. «Quella scena musicale esiste ancora oggi» pensa Bruno Casini che ricorda l’imminente tour dei 40 di 17 Re dei Litfiba e altri esempi in giro per l’Europa e gli Stati Uniti di altre formazioni.






«Noi che vivevamo a Roma, se volevamo assistere al cambiamento delle arti, dovevamo andare per forza a Firenze, perché le cose accadevano solo là» aggiunge Stefano Pistolini che ha lavorato sull’archivio di Casini per vestire di immagini il racconto cinematografico. Mentre il racconto sonoro è sgorgato dalle sapienti mani di Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo, i due ex Litfiba che hanno composto le musiche originali appositamente per il film.

 

Un film ricco di aneddoti, molti conosciuti, altri da scoprire: dalla cantina dei Litfiba  che il padre radiologo di Piero Pelù definì “malsana”, alle follie eccentriche di Asso dj con i suoi pantaloni natiche all’aria e il bicchiere di birra volante che sicuramente provocheranno nostalgia e divertimento negli spettatori.

Stefano Superchi

 

 

 














 

08 novembre 2025

STEVE McCURRY, Orizzonti lontani. A Parma dal 22 novembre.

STEVE McCURRY

Orizzonti lontani

A Parma dal 22 novembre



Per quei pochi che non conoscessero Steve McCurry diamo qualche cenno biografico: è nato nel 1950 in Pennsylvania, ha frequentato la High School Marple Newtown e si è poi iscritto alla Penn State University per studiare fotografia e cinema, ma poi ottenne una laurea in teatro nel 1974.
Dopo aver lavorato al Today's Post per due anni, partì per l'India come fotografo freelance. È stato proprio in India che McCurry ha imparato a guardare ed aspettare la vita.



"Se sai aspettare, le persone si dimenticano della tua macchina fotografica e la loro anima esce allo scoperto".

La sua carriera è decollata quando, travestito con abiti tradizionali, ha attraversato il confine tra Pakistan e Afghanistan, controllato dai ribelli poco prima dell'invasione sovietica. Quando tornò indietro, portò con sé rotoli di pellicola cuciti tra i vestiti. Quelle immagini, che sono state pubblicate in tutto il mondo, sono state tra le prime a mostrare il conflitto al mondo intero. Il suo servizio ha vinto la Robert Capa Gold Medal for Best Photographic Reporting from Abroad, un premio assegnato a fotografi che si sono distinti per eccezionale coraggio e per le loro imprese.



 

McCurry ha poi continuato a fotografare i conflitti internazionali, tra cui le guerre in Iran-Iraq, in Libano, in Cambogia, nelle Filippine, in Afghanistan e la Guerra del Golfo. Il lavoro di McCurry è stato descritto nelle riviste di tutto il mondo; è membro della Magnum Photos dal 1986 ed innumerevoli e prestigiosi sono i premi che ha vinto in tutto il mondo.




Si concentra sulle conseguenze umane della guerra, mostrando non solo quello che la guerra imprime al paesaggio ma è guidato da una curiosità innata e dal senso di meraviglia circa il mondo e tutti coloro che lo abitano, con una straordinaria capacità di attraversare i confini della lingua e della cultura per catturare storie di esperienza umana.

 

"La maggior parte delle mie foto è radicata nella gente. Cerco il momento in cui si affaccia l'anima più genuina, in cui l'esperienza s'imprime sul volto di una persona. Cerco di trasmettere ciò che può essere una persona colta in un contesto più ampio che potremmo chiamare la condizione umana. Voglio trasmettere il senso viscerale della bellezza e della meraviglia che ho trovato di fronte a me, durante i miei viaggi, quando la sorpresa dell'essere estraneo si mescola alla gioia della familiarità".

 


Steve McCurry non è soltanto uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea, ma continua ad essere un punto di riferimento per un vastissimo pubblico, specialmente tra i giovani. Nelle sue immagini, molti riconoscono un modo unico di guardare il mondo e, in qualche modo, se stessi.

Dal 22 novembre 2025 al 12 aprile 2026, Steve McCurry sarà protagonista a Parma con una grande mostra allestita a Palazzo Pigorini, nei suggestivi spazi del primo e secondo piano.

 


Le fotografie non seguiranno un criterio cronologico o geografico, ma saranno accostate per affinità di soggetti, emozioni e atmosfere, cercando quei fili invisibili che legano persone e luoghi, anche lontanissimi tra loro. L’allestimento evocherà quel senso profondo di umanità che si respira in ogni scatto di McCurry.

 


In mostra non mancheranno le sue immagini più celebri, come l’indimenticabile ritratto della ragazza afghana, fotografie realizzate in oltre quarant’anni di carriera: scatti intensi dal Sud-Est asiatico, dalla Cina, dal Sud America e da molte altre parti del mondo. Ogni volto ritratto da McCurry è un concentrato di storie, emozioni, dolore, speranza, paura e bellezza.




Instancabile viaggiatore, McCurry ha fatto del movimento una filosofia di vita:

«Il solo fatto di viaggiare e conoscere culture diverse mi dà gioia e una carica inesauribile».

 





Mostra organizzata da ARTIKA, con il patrocinio del Comune di Parma.
A cura di Biba Giacchetti con il Team Mostre di Orion57.

I biglietti possono essere acquistati direttamente in mostra o su www.midaticket.it

 

a cura di Stefano Superchi 

 



03 novembre 2025

"Il suono della bassa", una dichiarazione d’amore per il territorio

"Il suono della bassa", una dichiarazione d’amore per il territorio 

 



È finalmente uscita la compilation “Il suono della Bassa”, sia in formato “tangibile”, sotto forma di CD, che sulle piattaforme digitali.
L’iniziativa, nata anche grazie ad una campagna di crowdfunding, sottolinea il valore della partecipazione collettiva e dell’autoproduzione come risposta alla marginalizzazione degli artisti indipendenti.

Il CD è stato distribuito il 12 Ottobre a chi aveva contribuito al crowdfunding durante un release party al MadOne di Casalmaggiore, dove il disco è stato presentato insieme a qualcuno degli artisti che si sono esibiti in uno showcase acustico, accorciando ulteriormente le distanze tra chi crea e chi ascolta.

 





Pubblicato dall’etichetta Risorgiva Dischi, rappresenta molto più di una semplice compilation: è una dichiarazione d’amore per il territorio della Bassa Padana e un manifesto della sua diversità sonora. Il progetto nasce dall’esigenza di unire le diverse voci musicali locali non lasciando che fossero episodi isolati, dando così forma a uno spazio collettivo dove artiste e artisti hanno potuto incontrarsi e raccontarsi attraverso la musica.

 



Risorgiva Dischi, giovane etichetta indipendente nata nel 2023, si è fatta carico di dare visibilità alle esperienze artistiche nate lungo il fiume Po, valorizzando il patrimonio artistico di un’area spesso trascurata dal mainstream. L’album si fa così portavoce di sonorità locali, combinando stili narrativi differenti, dal pop alla psichedelia passando per il cantautorato, a testimonianza di una creatività sorprendentemente fertile e non omologata.

Tracce autentiche, ancorate ai paesaggi sonori del territorio che restituiscono un’immagine realistica ma poetica del territorio.
 

“Il suono della Bassa” fa emergere l’energia creativa di questo territorio, la convivenza di stili, generazioni e storie diverse. Una selezione musicale autentica, capace di parlare a tutti, un progetto da ascoltare con attenzione, lasciandosi trasportare nel flusso sonoro della Bassa, senza aspettarsi musica banale, ma pronti a cogliere la profondità di una scena indie radicata, policroma e autentica, capace di far convivere linguaggi alternativi e di farsi portavoce della vitalità artistica locale, sempre aperta alle contaminazioni


 


La compilation si apre con  la cantautrice Margherita Zerbini, originaria di Guastalla, raffinata performer in bilico tra soul e jazz, con il brano “Quando non dormirai”, che in certi passaggi mi ricorda le atmosfere di Cristina Donà.
 

Musica e testo di Margherita Zerbini

Margherita Zerbini - voce, chitarra
Matteo Salzano - pianoforte, voce
Davide Salzano - basso
Angelica Alfieri - voce

 

 

La seconda traccia (“Giganti”) è dei Koomari, gruppo funky-rock psichedelico casalasco di cui abbiamo già parlato in passato e che ormai non ha bisogno di presentazioni.

Musica di Koomari
Testo di Michele Veneziano

Tommaso Frassanito - batteria
Leonardo Visioli - voce
Gabriele Busi - percussioni
Marco Goi - basso
Luca Bernardi - piano elettrico, sintetizzatore
Michele Veneziano - chitarra, voce
Giuseppe Anversa - chitarra

 


Il disco prosegue con altre due "vecchie conoscenze" della scena locale, il chitarrista Leonardo Visioli e São Miguel, che si sono uniti per il pezzo “Graffiti”.

Musica di Leonardo Visioli
Testo di Leonardo Visioli e Michele Veneziano

Leonardo Visioli - voce, chitarra elettrica
Michele Veneziano - chitarra classica, voce
Filippo Spalletta - basso
Carlo Tuci - batteria

 


Il quarto pezzo della compilation è “Nemici”, dei mantovani F.lli Giordano, con il loro sound minimalista e coinvolgente, che (almeno in questo pezzo) mi sembra riecheggiare alcuni pezzi dei primi "Tre allegri ragazzi morti".

Musica di f.lli giordano

Giulio Grossi - chitarra elettrica
Michele Bolzani - batteria, tromba
Cristan Bertazzoni - basso
Andrea Alegretti - basso

 



Si prosegue con Matteo Salzano, polistrumentista napoletano di stanza a Guastalla, diplomato in batteria jazz, che ha cesellato “Trappole” con Angelica Alfieri, un brano ricco di melodie che ben si fondono con gli strumenti.

Musica di Matteo Salzano
Testo di Angelica Alfieri

Angelica Alfieri - voce
Matteo Salzano - chitarra acustica, organo elettrico, voce
Davide Salzano - basso
Giuseppe Anversa - chitarra elettrica
Alessandro Bucci - sassofono

 


Si alzano i giri con il pezzo successivo, “Rye”, di Mathys (aka Mattia Foina) dove le chitarre danno consistenza ad un rock cantautorale ad ampio spettro che, personalmente, mi richiama in testa il sound dei reggiani "Rufus Party".

 Musica e testo di Mattia Foina

Mattia Foina - voce, chitarra elettrica
Mirco Boldrini - basso
Tommaso Frassanito - batteria
Luca Bernardi - pianoforte, sintetizzatore

 



Chiude la compilation Sine Tiler (aka Michele Consolini) con “Zara”, un gioiellino di musica elettronica downtempo registrato nel suo home studio di Dublino.

Musica di Michele Consolini

Michele Consolini - sintetizzatori, drum machine, clarinetto, marimba, field recording

 



E poi? E poi non vi resta che perdervi nella traccia fantasma “La gente lo chiama”, un tourbillon storico e cinematografico, onirico e visionario di Tommaso Favagrossa, interpretato a perdifiato da Stefano Donzelli, un affresco a pennellate forti e nervose dal sapore zavattiniano che, a poco a poco, vi farà intravedere la Bassa, prima da lontano, poi sempe più vicino, nitida. Quella che conoscete, ma vi sorprende sempre.

 



Un progetto ricamato con cura dal Gran Tessitore Michele Veneziano e dalla sua squadra sartoriale, un disco da ascoltare con attenzione, che non vi lascerà indifferenti, perché, ribaltando l’assioma di De Andrè, dal letame (della bassa) nascono i diamanti, diamanti grezzi.


Stefano Superchi







28 ottobre 2025

“Record…i” in musica. Episodio#02. Adolescenza supernova

 Record…i” in musica

Episodio#02

“…Ho addirittura dimenticato me stesso per poter ricordare te». Adolescenza supernova

 


Non è un ricordo particolare, più un periodo. Non è un singolo episodio, semmai un susseguirsi degli stessi, che han forgiato delle corde interiori vigili. Ogni tanto, qualcosa che hai intorno, le tocca, le pizzica, le fa vibrare. È una di quelle giornate, uno di quei momenti. E allora f*nculo, lasciamo che vibri.

Autunno, quel tepore caldo del primo pomeriggio, quel sole che sembra ma non è. Perché non è primavera spumeggiante con quel frizzare di verde aspettativa, è autunno con le sue tinte vermiglie, tutto sbadiglia e si stiracchia, sta per stendersi sul suo cuscino.
Quegli attimi dove sprofondi nel tuo giaciglio, ti accoccoli e ti distendi, ti abbracci, quasi.

“Before you slip into unconsciousness
I'd like to have another kiss
Another flashing chance at bliss
Another kiss, another kiss”

 


I Doors…la mia ossessione adolescenziale. So esattamente dove mi porterà questo flusso. Quel languore lì, quello dai 16 ai 18. Quella coccola della memoria che ogni tanto tutti si concedono.

 


 

Disco di debutto omonimo (1967) che mi ha stregato. Ascoltato, studiato, frustato fino alla nausea. Con l’energia e l’ostinazione di quegli anni lì, finché non ti esce dalle orecchie. ”The Chrystal Ship” è proprio quel tepore del quale parlavamo, la voce giovanile di Morrison è morbida e calda, la sensuale altalena di un fiume sul quale si galleggia, dove porta chissenefrega.


Sono gli anni non del buon Pezzali, bensì del “qui e adesso”.
Ogni passione, la più insana, esplode senza analisi, senza conseguenze (almeno nell’immediato). Uno o più chiodi fissi, stampati nella testa, sono le uniche cose che importano davvero.


“Heavenly wine and roses
Seem to whisper to her when he smiles
Heavenly wine and roses
Seem to whisper to her, hey, when she smiles
La la la la, la la laaa…”

 





A palla nelle orecchie, mentre la bici corre sull’argine, verso una meta fisica ma soprattutto emotiva, è cibo per l’anima affamata. “Sweet Jane” da “Loaded” (1970), un Lou Reed un po’ castrato nella poetica che se ne va dai Velvet Underground lasciando anche questo pezzo, per mia fortuna.

Sento, come non ho mai sentito prima. È talmente forte che da spinta ma anche vertigine. Da un potere enorme, tanto da far paura, “sbragàr li muntagni”

“Ti cherzo donare su
sambene
ses sa vida mea”



 
Nelle classifiche del 2007 entra “de botto” questa canzone stupenda, pop bilingue di ottima fattura e splendida collaborazione di Ramazzotti e Tazenda nella nuova formazione e quasi ad omaggiare il compianto Andrea Parodi. Su da bravi, c’è anche posto per del pop fatto bene nella vita, non chiudiamo le orecchie.

E sempre stando sul pop, ecco anche il buon Tiziano.

“Ora dipenderò sempre dalla tua allegria
Che dipenderà sempre solo dalla mia
Che parlerà di te e parlerà di te”



 
C’e una ragione più che ottima se questo sentire appartiene a quell’età lì, molto valida.
Sono passioni che bruciano le giungle ma consumano tutto. Da grandi, in genere, si impara a governarle un po’, si impara che a volte cose così sono tanto forti perché nascondono altro, hanno motori propulsivi insani. Ma quella roba lì, quando ci sei dentro… puoi solo abbandonarti.
E Tiziano al top della forma artistica, con “E fuori è buio” sembra proprio dar voce a quel tormento lì.

Un viale dei ricordi un po’ tortuoso, uno dei più difficili da raccontare. D’altronde, prima o poi ogni autostrada deve passare per una galleria.


 Gaia Beranti


Festival d’inverno. Dal 22 Novembre riparte l'Opera Galleggiante.

Festival d’inverno Terre d’Acqua - L’Opera Galleggiante promosso dall’Associazione Terre d’Acqua realizzato con il concorso di risorse di R...