Per sempre Ozzy
Ovvero: se conosci Ozzy, forse è per le ragioni sbagliate (o quasi)
"A' generosi, giusta di glorie dispensiera è Morte” diceva il buon Foscolo. Se vogliamo essere meno aulici, vale sempre che quando un tizio famoso ci lascia, via che si corre a postare o celebrare senza averlo mai cunato prima.
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Ugo Foscolo |
L’hai fatto anche tu?
Bene, anche se non è il tuo caso, è comunque giunto il momento di grattare un po’ sotto la crosta del conosciuto per celebrare la dipartita del Principe delle Tenebre, il caro Ozzy Osbourne.
Sicuramente una cosa figa, come operazione di marketing e di ineccepibile valore. D’altronde, se non sei un chilo completo, se ti sei bollito con la droga e così carburato ti sei macchiato di tutta una serie di fatti non meravigliosi vedi testa di pipistrello staccata a morsi o formiche sniffate o gatti “sparati”, direi che il tuo titolo è più che guadagnato.
A tratti, personaggi di questo tipo fanno anche una discreta paura, se in odore di satanismo poi.
Ma siamo sicuri che il temuto non sia quello che teme?
Nasci nei sobborghi di Birmingham, quarto di sei figli. Fate una fatica bestia a sbarcare il lunario, quindi una torta divisa in otto parti è ben misera.
Sei dislessico e balbuziente e con un gravissimo deficit dell’attenzione a fine anni 50. Ti sarai preso una trafila di bacchettate a scuola e schiaffoni a casa perché, fondamentalmente, sei scemo tuo malgrado, così dicono.
Il tuo nome, Ozzy, non è una trovata pubblicitaria. Te l’hanno dato a quei tempi perché sei talmente impedito da non riuscire a pronunciare bene nemmeno il tuo cognome, Osbourne: ti inceppi su quella maledetta prima sillaba e magicamente suona proprio così, Ozzy.
Non sei nemmeno particolarmente portato per i lavori manuali, ne provi un sacco ma tutto finisce male. Però hai fame, dunque che fare? Rubi. E neanche a dirlo, sei una pippa anche lì, ti beccano perché il televisore che hai tentato di fregare ti casca addosso.
Però, una cosa ti appassiona, la musica. I Beatles in particolare, ma non solo. Negli anni 60 c’è anche un chitarrista inglese nero che spacca, direi.
Tuo padre non ama i tuoi miti, ma fa una cosa che cambierà per sempre il tuo destino: ti fa un prestito e compri un amplificatore. Perché Ozzy come cantante a Birmingham non è una gran cosa, chi mai suonerebbe con te, visto il pregresso. Però, con un’amplificazione tua, la storia cambia, hai qualcosa da offrire. Convinci alcuni ragazzotti, tra i quali quel Tony Iommi che ti prendeva in giro a scuola. Inizialmente fate blues, poi anche rock, non sapete neanche voi cosa fate. Ma scoprite di avere tutti una passione per l’occulto, la magia, il sinistro. Vi cambiate il nome in Black Sabbath, il vostro rock diventa cupo, sinistro, inserite dei tritoni, e tu Ozzy hai questa voce sgraziata che, nel complesso del sound, risulta spettrale, quindi PERFETTA. Arriva il successo, più di quanto potresti mai immaginare.
Ma hai un tarlo dentro.
Anni di insicurezze, di paure forse, hanno scavato per bene. E in quel buco quale contenuto migliore inserire se non droga e alcol. D’altronde sei un artista nei primi anni 70, nessuna delle due cose manca, anzi. Siete tutti fuori, ma tu un po’ di più. E dopo qualche album che diventa da manuale (“Paranoid”, ”Black Sabbath”, “Master of Reality”) e l’aver passato il segno che separa la creatività potenziata dagli eccessi agli eccessi che ti depotenziano, la tua stessa band ti butta fuori.
Tu non sai fare altro nella vita, se non fare musica con la tua band. Fa male, malissimo. Ergo, imbocchi l’autostrada dell’abisso.
Riappare una luce, forse più di una. Sposi Sharon, la persona che più di chiunque altro sa capirti e consigliarti (anche salvarti, di sicuro sopportarti).
Poi l’incontro con un giovanissimo strimpellatore folle, tale Randy Rhoads. Sa capirti, sa cosa e come suonare per accompagnarti, vi stimolate a vicenda. La tua carriera solista esplode, via con “Blizzard of Ozz” e “Diary of a Madman”, un trionfo. Ma il tuo amico Randy muore in un incidente senza senso.
Altro buco nero, il peggiore, il più vasto.
Da lì, almeno vent’anni di pazienza e amore di Sharon per disintossicarsi definitivamente e, dopo anni, riconciliarsi perfino con la tua band. La salute ahimè ti chiede il conto di anni di eccessi, Parkinson e altre brutture, ma chissenefrega. Se pur tremolante e affaticato, chiudi la tua carriera con un maestoso concerto a Birmingham con i tuoi soci, con altre superstar del genere che tu stesso hai contribuito a creare, davanti a milioni di metallari tatoni in lacrime (se non vi sono venuti i brividi davanti alla cover di “Changes”, avete il famoso bidone del rudo al posto del cuore), devolvendo 190 milioni di dollari in beneficienza. E 17 giorni dopo, senza che nessuno fosse davvero pronto, lasci in punta di piedi questa valle di lacrime.
Per tirare le somme, siete ancora convinti che le tenebre di Osbourne fossero quelle di Satana? Nessuna santificazione o giustificazione, anzi il contrario. Totale assenza di mistificazione, negativa o positiva. Svestire un artista di tutto il clamore mediatico di pipistrelli morti, diavolerie, atti criminali e riconoscere solo un uomo che ha attraversato oceani di tenebra interiore, che non ha osannato l’inferno ma ci ha vissuto dentro.
Nient’altro che un “mad man”, appunto.
Rest in peace, Ozzy.
Gaia Beranti
L'omaggio della Guardia Reale inglese ad Ozzy