SEZIONI

13 agosto 2025

Sagre paesane, Perito Ruràl, sardine atlantiche ed altre storie: il Maestro Guido

 Sagre paesane, Perito Ruràl, sardine atlantiche ed altre storie: il Maestro Guido

 

foto di Dante Tassi
 

Guido Rubini, il maestro che insegna ai bambini a sviluppare la fantasia e a conservare purezza e umanità è anche un artista poliedrico che si muove con abilità nella pittura, nella scultura, nella scrittura, nella regia e nella musica; ed è proprio della sua abilità musicale che vogliamo parlare, abilità che svolge anche assieme ai suoi bambini facendo loro conoscere il cantautorato di qualità e la magia che esplode toccando uno strumento. 

Guido è membro di un gruppo di musicisti che allietano ogni luogo in cui si esibiscono con una musica semplice e raffinata al tempo stesso.




l "Perito Ruràl" nascono nel 2020 quando i "Perito per Aria" si sciolgono perché alcuni componenti del gruppo non hanno più il tempo di portare avanti gli impegni che un gruppo musicale implica. Ma Lorenzo Martelli e il maestro Guido non mollano e decidono di continuare il loro percorso e di portare ancora in giro le canzoni dei Perito per Aria allargando il repertorio con nuovi brani un po' meno graffianti ma senza perdere la caratteristica di un sound popolare e testi che raccontano di una comunità rurale.

Lorenzo principalmente percussionista, inizia ad applicarsi con la fisarmonica e nel giro di un anno e mezzo è già in grado di accompagnare i pezzi. Sarà una new entry di tutto rispetto a dare definitiva identità al duo che a quel punto diventa trio: Alevtina Matveeva, una grande musicista che accetta di dare pregio alla musica dei Perito Ruràl col suo violoncello.

 


Le canzoni prevalentemente scritte da Guido e dall'ex frontman Fiorenzo, si presentano in forma più raffinata senza però perdere il mordente originario, mentre chitarra, fisarmonica, percussioni e violoncello fanno da accompagnamento. Il trio si propone in contesti semplici e non troppo grandi: osterie, piccoli locali, teatrini di paese o situazioni all'aperto non troppo ampie che richiederebbero un service. Nei progetti futuri l'idea di un nuovo album ponendo grande cura agli arrangiamenti e con l'intento di non disperdere un patrimonio di più di cinquanta pezzi, canzoni spesso in gergo dialettale che raccontano la realtà e la storia di un territorio a cui tutti noi apparteniamo.

 


La scelta del nome Perito Ruràl viene dal non volere lasciare l'identità originaria mantenendo la parola Perito, abbinata a Ruràl, in quanto la loro musica è una fotografia della nostra civiltà contadina com'era una volta. Nulla di nostalgico bensì un sguardo al passato pensando al futuro. L'agricoltura  è un aspetto fondamentale dell'economia locale, lo è sempre stata ma purtroppo oggi, tolte alcune eccellenze, è diventata un disastro: veleni, diserbanti, coltivazioni e allevamenti intensivi.

"Non vogliamo assolutamente adeguarci a questo cambiamento, e nemmeno proporre qualcosa di nostalgico tout court, il nostro intento è quello di raccontare una visione della ruralità fondata su un'etica ecologica tesa a salvaguardare la natura, l'aria, la terra e l'acqua da tutti i veleni e da una distruzione ecologica inevitabile se non si comincia a fare seriamente qualcosa. Mi sento di dire che la nostra musica, oltre ad intrattenere, è una lotta contro una agricoltura che non pensa più al benessere dei consumatori ma ad allargare i profitti con ogni mezzo senza curarsi di avvelenare intere aree rurali"

Giovanna Anversa

foto di Dante Tassi

 

Nel mio immaginario Guido Rubini è sempre stato il “Maestro Guido”. Senza cognome. Non ho mai avuto il piacere di conoscerlo pesonalmente ma ne ho sempre sentito parlare, tanti anni fa, dalla mia amica Annise, ai tempi pionieristici del gruppo di teatro Genitori Instabili e, più recentemente, dalla mia amica Giovanna, in occasione della presentazione del libro “Spumetta”.
Del resto la sua fama di artista a tutto tondo, non elitario, lo precede. Pittore, scultore, scrittore, cantautore, attore, ma soprattutto maestro.
Questo articolo nasce in maniera un po’ casuale, come del resto tanti altri articoli del nostro blog. Giovanna mi manda un video e mi scrive “qui bisogna fare qualcosa, assolutamente”.
Guido, con lo sfondo dei suoi quadri, canta un ode alla Sàgra ad Sacavrèra, la sagra di Fossacaprara.

 



E qui si apre il primo sportellino nella mia testa: la sagra di Fossacaprara è rimasta quasi un unicum nel panorama delle feste di paese, forse l’unica dove si può piacevolmente parlare a tavola senza sottofondo musicale. Una festa che coinvolge un paese intero e anche rinforzi dai paesi vicini, grazie alla associazione Oltrefossa, che ha recuperato senza scadere nella nostalgia tante tradizioni culinarie - dagli gnocchi “a la mulinèra” dalla ricetta della Teresina (una istituzione di Fossacaprara) alla trippa nella scodella ed altre prelibatezze d’antan - e ludiche, il battichiodo, l’invìdo, il Palio e sbürla la rôda (la corsa con le rotoballe, per chi non mastica il dialetto locale), la gara delle caprette a dondolo, il tiro alla fune, il palo del salame sul campanile, il pescabottiglia, le piastre e qualcos’altro che sicuramente mi sarò scordato.

 

la Teresina




Un tuffo nel passato ma con un pubblico trasversale, che negli anni si è stretto attorno a questo appuntamento di fine agosto che si svolge nel prato attorno alla chiesa di San Lorenzo. Ricordo che la prima edizione della festa, 25 anni fa, alla quale fui invitato da Annise, che a Fossacaprara ci abitava e collaborava con Oltrefossa, si svolse dentro ed attorno alla scuola elementare ormai dismessa, poi successivamente abbattuta.

 



Passa qualche giorno e arriva un secondo video, stesso sfondo, stesso autore.
Si tratta di un brano inedito, composto nel 2024: “Al cuspatòn”. Qui bisogna fare un passo indietro per spiegare questo termine dialettale ormai desueto.
Il “cuspatòn” è un pesce, una sardina atlantica, da non confondere con l’aringa (la saràca), anche se a occhio sono molto simili, quasi intercambiabili, ma non siamo qua per fare un trattato ittico.

 


Ai tempi della miseria nera, perché c’è stato un tempo in cui nella valle padana c’era la miseria nera, il suddetto pesce veniva conservato, affumicato o marinato sotto sale e successivamente fatto penzolare sul tavolo da una corda fissata con un chiodo piantato sulla trave del soffitto. I commensali, ognuno con la propria fetta di polenta in mano, con un preciso rituale, aspettavano il loro turno per intingere (anche se “pucciare” rende meglio l’idea) la polenta sul “cuspatòn” in modo che si insaporisse per bene.

 



Una scena fissata nella storia del cinema nel film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi, che racconta la vita delle famiglie povere contadine in una cascina della bassa bergamasca. Una scena fissata nella mia mente dai racconti che mi faceva mio nonno Giàno, testimonianza diretta dei miei avi che la miseria l’hanno vissuta per anni, che custodisco con cura per ricordarmi sempre da dove vengo e che ho ritrovato nel testo scritto dal Maestro Guido.
Una storia che sembra così lontana, ma che, se sappiamo guardare con attenzione appena fuori dalla nostra gabbia di benessere, ritroviamo quotidianamente vicino a noi, come ci ricorda Guido in un passaggio (“mangiòm sènsa religiòn, ma a ghè amò chi fa la fàm”).

Stefano Superchi





Nessun commento:

Posta un commento

Per sempre Ozzy. (Gaia's corner ghost track)

 Per sempre Ozzy Ovvero: se conosci Ozzy, forse è per le ragioni sbagliate (o quasi)   "A' generosi, giusta di glorie dispensiera è...