David Lynch,
l'avanguardia dell'inconscio
"I miei film sono fatti della materia di cui sono fatti gli incubi"
Eclettica e visionaria icona della cinematografia mondiale, David Lynch è stato un moderno artista che attraverso le sue opere ha sviscerato l'inconscio umano, conducendoci al limite dell'immaginifico.
Cineasta, pittore, designer, compositore e molto altro ancora: nel corso della prodigiosa carriera, il divo ha espresso la sua essenza astrale mediante le più svariate forme artistiche.
Oltre ad aver diretto numerosi videoclip musicali nonché accattivanti spot come quelli per la Playstation 2, Lynch è stato anche un'abile fumettista: il Los Angeles Reader ha pubblicato la sua strip "Il Cane più Arrabbiato della Terra".
Inoltre, realizza quadri, sculture e composizioni dinamiche caratterizzate da elementi come formiche vive o carne putrefatta. Le sue pellicole estremamente surrealistiche prendono forma dalle sue tele intrise di non-sense.
Nasce il 20 Gennaio 1946 a Missoula, nel Montana, cittadina assai pittoresca, come quelle che il regista tende a raffigurare nei suoi film, in particolar modo nella serie Twin Peaks che spopolò negli anni 90.
Di origini tedesco-finlandesi, da bambino adora giocare assieme ai fratelli John e Margaret, con i suoi cinque pupazzi di Woody Woodpecker: Chucko, Buster, Peter, Bob e Dan.
Durante l'adolescenza è parte attiva di un gruppo Scout e in contemporanea sogna di diventare psichiatra. Nel 1963 si iscrive al Corcoran School of Art di Washington e dodici mesi più tardi, frequenta il Museum School di Boston; è in quel periodo che il giovane David viene assunto come commesso in un art store di cornici ma viene ben presto licenziato perché non riesce a svegliarsi presto al mattino e di conseguenza ad essere puntuale.
Nel 1965 è ammesso alla Pennsylvania Academy of Fine Arts di Philadelphia e l'anno successivo dà vita alla sua prima creazione: il cortometraggio Six Figures Getting Sick. Nel '67 sposa l'attrice Peggy Lentz con cui ha una figlia, Jennifer, che diventerà la regista del controverso thriller "Boxing Helena".
La realtà violenta della periferia di Philadelphia ispira il giovane David e segna il suo debutto nel grande schermo con "Eraserhead - La mente che cancella", un horror, che seppur degli esordi, fa capire a che artista siamo davanti, oltre a produrlo e dirigerlo, Lynch ne firma la sceneggiatura, la fotografia, il montaggio nonché gli effetti speciali. Lavorerà ossessivamente a questo progetto per cinque anni, mezzo decennio travagliato da disastri finanziari per i debiti che fa per realizzare quel film in cui crede: perde la casa ed è costretto a dormire sul set all'insaputa della troupe ed eliminando, alla mattina, ogni traccia.
In questa opera già si evince il suo affascinate stile allucinato e inquietante, completamente estraneo a tutto ciò che fu il cinema fino ad allora, al punto che, anche un gigante come Stanley Kubrick, ne rimase impressionato. Gli estenuanti sacrifici vengono premiati con una meritatissima popolarità e persino George Lucas diviene un suo ammiratore e gli offre l'opportunità di dirigere "Il Ritorno dello Jedi", ma Lynch rifiuta.
Nel 1980 arriva la consacrazione definitiva: l'amico e collega Mel Brooks gli affida la direzione di "The Elephant Man". Film struggente e di eccezionale bellezza, interpretato in modo superbo da Antony Hopkins e John Hurt, ottiene un enorme successo di pubblico e critica e si aggiudica ben otto nomination all'Oscar, ma scandalosamente non ne vince neanche uno.
Ciò nonostante, David Lynch diviene un mito, un emblema di inimitabile genialità. È il 1984 quando è dietro la macchina da presa del suo primo film a colori: il flop fantascientifico "Dune", recentemente ripreso da Denis Villeneuve con Timothée Chalamet nei panni di Paul Atreides accettando la proposta di De Laurentis, assicurandosi però di avere carta bianca nel successivo lungometraggio. L'opera in questione è l'eccessivo e delirante "Velluto Blu", escluso dal Festival di Venezia con l'accusa di pornografia gratuita, ma che rimane la sua creatura più personale e singolare.
Durante le riprese è rapito dallo charme di Isabella Rossellini con la quale ha una relazione. E' del 1990 il paradossale "Cuore Selvaggio", che presentato al Festival di Cannes tra fischi e polemiche, vince ugualmente la Palma d'Oro come migliore pellicola, grazie alla forte influenza di Bernardo Bertolucci, presidente della giuria.
È in questo periodo che l'eccentrico cineasta genera la sua opera più innovativa: "I Segreti di Twin Peaks", serie TV che rapisce e tiene incollati al tubo catodico milioni di spettatori. Questa tele-psycho-novela di elevata fattura turba ed appassiona il pubblico del piccolo schermo, accaparrandosi numerosi riconoscimenti. Seguono l'ipnotico "Strade Perdute" e il commovente "Una Storia Vera".
Ma è nel 2001 che la mente pazzesca e visionaria di Lynch genera una delle sue migliori opere in assoluto, "Mulholland Drive", un'opera onirica, conturbante, sinistra, ambigua, estrema, complessa; in breve: "lynchiana". Il thriller racchiude tutta la sofisticata interiorità del regista che si aggiudica la Palma d'Oro per la miglior regia al Festival di Cannes, in ex aequo con "L'uomo che non c'era" di Joel Coen.
Nel 2006 riceve il Leone D'oro alla carriera, durante la 63ª edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, dove presenta la sua ultima, scioccante fatica, "Inland Empire". Nonostante le parecchie critiche David Lynch non abbandonerà mai la sua bizzarra natura, continuando a scandalizzare il pubblico e il potente apparato hollywoodiano.
Lynch è Lynch da subito, dagli esordi. Le sue visioni iniziano a scavare nell’immaginario ai tempi del suo esordio, un film in bianco e nero girato con pochi amici e i soldi presto finiti.
Lynch dirà di essersi ispirato al proprio vissuto, agli anni in cui abitava a Philadelphia, quando studiava all’Accademia di Belle Arti, e al sentimento di panico verso quella città industriale e violenta che si amplifica e si distorce, che narra di un mondo in cui vagano "vermoni" a forma di spermatozoi, donne con le guance consumate, e figli spaventosi coi polmoni pieni di pus.
Protagonista dei suoi film è anche la musica, impasto del fotogramma che entra nella sua grana e più che colonna sonora diventa texture liquida, avvolgente, permea le emozioni e si fa manifesto di un’epoca. Lynch, che era anche musicista, ne conosceva gli intimi segreti, sapeva modularne i sensi e le variazioni, così come conosceva l'ondulazione di ogni immagine, la sua materia che maneggiava abilmente tra pellicola e materialità della pittura.
Giovanna Anversa
Bravissima Gio e bellissima commemorazione di uno stratosferico artista!
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