Addio ad Emilio Soana, il suono gentile del jazz
Si è spenta ieri una delle luci più fulgide del jazz italiano, Emilio Soana, classe 1943 di Rivarolo Mantovano.
Interessato alla musica già da giovanissimo, evidenzia un notevole interesse per la tromba. Su suggerimento del conterraneo Gorni Kramer frequenta il Conservatorio di Parma partecipando ai corsi “sperimentali” di musica d’insieme tenuti dal Maestro Claudio Abbado e si diploma nel 1961.
Si afferma presto come una delle migliori prime trombe della scena internazionale del jazz, nonchè solista ispirato dalla potente voce strumentale. La sua carriera parla chiaro, prima tromba dell’Orchestra RAI di Milano, poi della Civica Jazz Band e della Montecarlo Night Orchestra.
Molte sono anche le collaborazioni con numerose big band che ne richiedono il talento e icone vere e proprie del jazz mondiale come Gerry Mulligan, Art Farmer, Francis Boland, Harry Edison, Kenny Barron, Curtis Fuller, Ray Brown, Kay Winding e Clark Terry tra gli altri, oltre a tantissimi musicisti italiani che lo considerano come un padre e in queste ore lo stanno ricordando.
Uno su tutti, Paolo Fresu, che lo saluta così dalla sua pagina facebook:
"Si è spento d’improvviso a 81 anni il trombettista Emilio Soana. Prima tromba della RAI di Milano è stato un acutista straordinario nonché un solista raffinato, sempre al servizio della musica. Emilio ha accompagnato la mia carriera a partire dagli anni ottanta ed è stato un faro luminoso per la sua musicalità e per la sua umanità.
Porterò con me il suo sorriso e la sua gentilezza.
L’ultima volta assieme è stato al Blue Note di Milano con la Montecarlo Night Orchestra due anni fa dove, ancora una volta, aveva impreziosito il concerto con il suo suono ricco e inconfondibile."
Non si può parlare di Emilio Soana senza parlare di Gorni Kramer.
In un filmato delle teche RAI, che documenta una serata di grazia alla “Bussola” di Viareggio, la tromba di Emilio Soana prende la scena sul brano “Tenderly”. Sono i primi anni ’70. Sullo sfondo si vede Gorni Kramer, che pochi istanti prima lo aveva introdotto al pubblico. Gli arabeschi di quella musica poetica e struggente, nella sua disarmante naturalezza, arriva a raggiungere con millimetrica precisione suoni sovracuti che gli annebbiano lo sguardo in una visibile commozione. Alla fine, per quel solista dal talento cristallino che il suo infallibile fiuto aveva stanato da bambino, nella bottega del padre barbiere, preconizzandone il destino, ci sarà in premio una carezza. Un gesto che varrà più di mille parole; un silenzioso passaggio di testimone da una generazione all’altra di conterranei, pieno di affetto.
Istrione sul palco quanto defilato nella vita, Soana è tornato qualche volta a dar fuoco alle polveri del jazz nella sua afosa terra natìa, rinsaldando il legame con l’identità profonda, popolare e straordinariamente creativa, del suo paese.
Ci lascia in eredità il suono di qualità della sua tromba visionaria dal suono vellutato e la nostalgia di parole non dette, sparpagliate sullo spartito.
Stefano Superchi
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