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31 agosto 2024

65 anni fa “Pasto nudo” di William Burroughs. Scrivere per poter sabotare.

65 anni fa la sconvolgente prosa di William Burroughs

 “Pasto nudo”

Scrivere per poter sabotare

 


 Arrivò in Italia nel 1978 per annusare di persona il clima di piombo creato in Europa da Brigate Rosse e Rote Armee Fraktion. La sua conclusione fu perentoria: «Non stanno facendo una rivoluzione, ripetono uno stantio cliché ottocentesco che fa il gioco del potere, non hanno l’appoggio della popolazione, non andranno lontano». Punto.


William Burroughs, lo scrittore prediletto dalla controcultura, per altri era da considerarsi un tossico senza mezzi termini, ma le due cose potevano andare a braccetto. Tra i padri fondatori della beat generation (dai quali si differenziò per un aspetto più conservatore e un tono privo di enfasi profetica), icona rock-punk alla cui opera letteraria molte band si ispirarono (i Soft Machine su tutti), creatore di una scrittura deflagrante e senza freni, disturbante e visionaria, aveva un idea fissa: sfuggire al controllo. Il controllo dei poteri dello Stato, poliziesco ed economico, ma anche l’autocontrollo, il controllo generato da noi stessi su noi stessi.
 

E come si sfugge al controllo? Depistando, confondendo con la scrittura. O meglio, una certa tecnica di scrittura, che Burroughs aveva appreso dall’artista visivo e amico di sempre Brion Gysin: il cut up.
Partendo dall’assunto che anche la parola è un’immagine, il metodo consiste nel tagliare delle pagine di un testo per rimetterle insieme in combinazioni a montaggio; vuol dire saccheggiare le opere degli altri, letteralmente, collegando «pezzetti vividi di dettagli che svaniscono». Succede comunque, diceva Burroughs, l’influenza tra artisti è fondamentale nel processo creativo, perché non possiamo rubare consapevolmente? Insieme a Gysin scrisse un manifesto dal titolo Les Voleurs.

   

Parole, colori, luci, suoni, pietra, legno, bronzo appartengono all’artista vivente. Appartengono a chiunque sappia usarli. Saccheggiate il Louvre! A bas l’originalité, lo sterile e assertivo ego che imprigiona mentre crea. En haut le vol – puro, sfrontato, totale.


Questa tecnica fu utilizzata abbondantemente e soprattutto nella sua opera “Pasto nudo”, lo scioccante lavoro visionario (che quest’anno compie 65 anni) che lo iniettò al mondo, un’opera piena di immagini violente, diaboliche e celestiali, accresciute dall’astinenza stupefacenti, orge cosmiche, repellenti creature munite di occhi, millepiedi, fluidi organici e pulsioni paranoiche. Un’opera totale, politica, radicale e oscena (per oscenità subì due processi). Con la tecnica cut up vennero scritti anche romanzi come “Nova Express”, “La macchina morbida”, “Il biglietto che è esploso”.

«In verità ho scritto un solo romanzo» diceva sempre. «Detesto le trame e i finali: mi concentro più sulla creazione di personaggi».
 


Sperimentò tutte le droghe possibili, con un approccio da studioso più che da tossico (anche se fu dipendente da eroina per cinque anni). Teorizzò che una buona tecnica respiratoria fosse più efficace e creativa di un allucinogeno e che il metadone creasse più dipendenza e danni dell’eroina.
Da nomade inquieto girò per l’Europa (Londra, Parigi, Berlino), il Nordafrica (Tangeri, innanzitutto), Messico e poi di nuovo gli States.

Dal 1974 si stabilì in un ex spogliatoio da cui creò un appartamento senza finestre che soprannominò “Il bunker”. Da lì diede seguito alla sua opera letteraria, sempre meno visionaria, sempre più orientata alla raffigurazione di un mondo in faticoso equilibrio tra realtà e dimensione onirica. Il suo obiettivo dichiarato era raggiungere la libertà da ogni controllo, da ogni stereotipo, dalla pressione sociale.


Per giungere ad una conclusione che non lascia vie di scampo: il grosso problema del mondo è che siamo in troppi.
 

 

COLLEGAMENTI ED INFLUENZE

Oltre ai suoi romanzi William Burroughs influenzò scrittori di fantascienza come J.G. Ballard e ispirò i mondi del cinema e della musica.

Il collegamento che viene quasi automatico è con Il pasto nudo (Naked Lunch), il film del 1991 diretto da David Cronenberg.


Il film è ispirato al romanzo Pasto nudo, nonché alle reali circostanze in cui Burroughs scrisse a Tangeri il suo romanzo, pubblicato prima in Francia nel 1959 e poi nel 1962 negli USA. 


    Ha partecipato come attore ai film Chappaqua di Conrad Rooks (1966), Decoder di Klaus Maeck (1984) e Drugstore Cowboy di Gus Van Sant (1989); in quest'ultimo film interpreta un ex prete tossicodipendente.
    


 


 


Ha partecipato al videoclip di Election Day degli Arcadia, in una scena in cui, seduto al buio vicino ad una scalinata, tira un cristallo numerato sul pavimento e viene illuminato con una torcia da Nick Rhodes.


    Ha partecipato al videoclip Last Night on Earth degli U2: nella scena finale si vede Burroughs che chiude gli occhi. Il videoclip fu girato pochi giorni prima che Burroughs venisse colto dall'attacco cardiaco che lo uccise.
   

 L'interesse di William S. Burroughs per la magia (in particolare per la magia del caos) lo indurrà nel 1993 all'iniziazione presso l'organizzazione IOT (Illuminati di Thanateros), fondata nel 1978 da Ray Sherwin e Peter J. Carroll.


    Ha partecipato, prestando la sua voce a Sharkey's Night, un brano dell'album Mister Heartbreak (1984) di Laurie Anderson.

Influenza nella musica


Il nome del gruppo rock psichedelico Thin White Rope fu ispirato da una metafora usata dallo scrittore per definire il liquido seminale maschile.

Il gruppo musicale inglese Soft Machine prese il nome dal romanzo La macchina morbida.

La canzone The Wild Boys dei Duran Duran è deliberatamente ispirata al suo romanzo del 1971, dal quale il regista Russell Mulcahy intendeva trarre un film. Mulcahy creò l'omonimo videoclip nel tentativo di illustrare le sue idee; ma il film, ancor più ambizioso e costoso, restò irrealizzato. Burroughs finì poi col figurare in un cameo di sette secondi con gli Arcadia, progetto collaterale di alcuni membri del gruppo.

Nel 1992 Kurt Cobain dei Nirvana e Burroughs registrarono insieme il disco "The Priest they called him".


 
Stefano Superchi

 


29 agosto 2024

Il film Mary Poppins compie 60 anni. Ma non li dimostra.

 Il film Mary Poppins compie 60 anni

Ma non li dimostra


Mary Poppins compie 60 anni e la Tata Mary continua ad incantare. Che sia proprio una Tata non ne siamo certi, è piuttosto un mix tra fata, tata, zia, super eroina dai poteri magici, angelo custode dolce e autorevole allo stesso tempo, praticamente perfetta in ogni aspetto.

Insieme a Bert (Dick Van Dike), lo spazzacamino dal cuore d'oro e dal sorriso contagioso, cattura due fratellini considerati turbolenti che fan scappare tutte le tate, con piccole magie, gesti semplici e affettuosi e regole sane, regole che ora le piccole pesti percepiscono come un gioco, come normalità e non più come una costrizione. In verità più che pestiferi i ragazzini sono ignorati nelle loro esigenze di bambini a causa dei tanti impegni degli adulti e dalle loro, ormai obsolete rigidità. Tema trito e ritrito se vogliamo, ma la figura di Mary va oltre il suo tempo e ne scardina i vecchi precetti fatti di imposizioni imprescindibili e prive di senso.

 


Ed è proprio della fantasia, di gesti affettuosi, di ascolto che i due fratellini hanno bisogno. Mary Poppins non vola solo con il suo ombrello magico, ma plana anche sulle correnti del cambiamento sociale degli anni ’60. In un’epoca in cui il movimento femminista stava prendendo il volo, Mary si presenta come un’eroina sorprendentemente moderna: indipendente, sicura di sé e capace di ribaltare le gerarchie familiari, l'ordine a tutti i costi e i rigidi dettami con un sorriso e una canzone.

L’approccio di Mary all’educazione dei bambini Banks tra fantasia e senso di responsabilità, riflette le nuove teorie pedagogiche che stavano emergendo. Il film non predica: semplicemente mostra e riflette. Mentre il mondo cambia, Mary Poppins continua a offrire una visione di famiglia e società in cui la magia non sta nel conformarsi, ma nel trovare la propria voce. Forse è questo che ha permesso al film di rimanere rilevante, decennio dopo decennio, o forse il portare alla luce che, qualunque sia l'epoca, i bambini hanno bisogno sempre delle medesime cose: amore, attenzione, tenerezza, regole logiche e non intransigenti, libertà di giocare, sognare, fantasticare, di musica, ballo e canto, di colori e di un pizzico di magia.

Giovanna Anversa

 


COME NASCE IL FILM E ALTRE CURIOSITA'

In una grande villa adagiata sulle colline di Hollywood vive una famiglia. Non una qualunque. Il capofamiglia è infatti uno degli uomini più famosi al mondo, al punto che il suo stesso nome è divenuto un brand: Walt Disney. Nella realtà il papà di Topolino ha due figlie che, in un pomeriggio del 1938, sono davanti a lui per raccontargli con entusiasmo di un libro che hanno appena letto. Si tratta di un romanzo scritto quattro anni prima da una donna di origine australiana di nome Pamela Lyndon Travers. Fra quelle pagine prende vita un personaggio molto particolare: una bambinaia magica che arriva dal cielo aggrappata a un ombrello e che, giunta a Londra nella fantomatica Via dei Ciliegi, rivoluziona in positivo la vita della famiglia Banks.

 


Disney ci trova degli elementi interessanti e decide di farne un film. Contatta l’autrice e qui prende il via un braccio di ferro destinato a durare oltre vent’anni. La Travers, infatti, non intende cedere alcun diritto per lo sfruttamento della propria opera. Men che meno a chi, secondo lei, ne vorrebbe fare un cartone animato per bambini. Già, perché in quel libro c’è molto di più di una semplice favola moderna: c’è la sublimazione di un’infanzia difficile, quella della scrittrice vissuta fra la scomparsa del padre alcolizzato e la depressione di sua madre. Mary Poppins era nata proprio per alleviare quei tormenti. Ispirata da una sua zia con la quale era cresciuta e inserendo elementi autobiografici, la Travers aveva immaginato la figura di una tata capace di portare armonia e amore in una moderna famiglia tramite pochi ma efficaci elementi fra i quali nascondere una velata critica sociale. La vera magia di Mary Poppins è infatti quella di far riscoprire ai Banks l’importanza dei piccoli gesti, del reciproco affetto e dell’attenzione verso il prossimo, indipendentemente dai valori materiali della vita.

 


Tutte cose che nel corso della sua infanzia la futura scrittrice non aveva avuto. Finalmente nel 1961, dopo anni di tira e molla, Disney la spunta. Anche a fronte di un’offerta molto generosa, la Travers decide di cedere ma esige di essere coinvolta nel processo creativo e artistico. Per dare il volto a Mary Poppins viene scelta Julie Andrews. L’idea è del produttore Jack Warner, che aveva scartato l’attrice per il ruolo della protagonista in “My fair Lady” e che in tal modo intendeva scusarsi. Sarà un’intuizione vincente. Le musiche, altro elemento cardine della pellicola, vengono invece affidate a un team di compositori di prim’ordine quali Richard e Robert Sherman e Irwin Kostal. Comporranno una colonna sonora che diventerà leggendaria.

 


Il 27 agosto 1964, quando al Grauman’s Chinese Theatre di Los Angeles va in scena la prima di “Mary Poppins”, il pubblico è in visibilio. C’è anche Pamela Lyndon Travers, ma si è presentata spontaneamente, dato che Disney non l’ha neppure invitata. Delusa per la trasposizione realizzata e per il fatto che parte delle sue indicazioni erano state deliberatamente ignorate, la scrittrice scoppia in lacrime al termine della proiezione. In un certo senso la sua creatura le era stata portata via. Il film otterrà un successo incredibile, vincendo cinque Oscar e divenendo un classico immortale che ha fatto sognare milioni di spettatori nell’arco di questi ultimi sessant’anni. Quelli nei quali abbiamo imparato che nella vita, «con un poco di zucchero, la pillola va giù» e che, anche se per ognuno di noi Mary Poppins prima o poi è volata via, non si deve smettere di guardare il cielo. Magari un giorno potrebbe tornare.

GLI EFFETTI SPECIALI

Mary Poppins è stato un film pionieristico per l'uso degli effetti speciali. La scena in cui Mary Poppins vola con il suo ombrello è stata realizzata utilizzando cavi invisibili e tecniche di sovrapposizione delle immagini. Anche l'integrazione di attori live-action con personaggi animati nella scena "Supercalifragilistichespiralidoso" fu un'innovazione per l'epoca.



IL MONDO ANIMATO

Anche la sequenza in cui Mary Poppins, Bert e i bambini entrano in un mondo animato e ballano con pinguini animati è stata un'impresa tecnica rivoluzionaria per l'epoca.


LA BORSA DI MARY POPPINS

La famosa borsa di tappeto da cui Mary Poppins estrae oggetti di dimensioni incredibili è diventata un simbolo iconico del personaggio. L'effetto è stato ottenuto utilizzando set con aperture nascoste e oggetti posizionati strategicamente fuori dalla vista della telecamera, creando l'illusione che gli oggetti provenissero direttamente dalla borsa.


LA CASA DEI BANKS

La casa dei Banks al n.17 di Cherry Tree Lane è stata interamente costruita nei Walt Disney Studios a Burbank, California. Il dettaglio e la cura messi nella creazione del set hanno contribuito a dare al film un'atmosfera autentica del quartiere londinese, nonostante fosse girato interamente in studio.


 


 

28 agosto 2024

STORIA & MUSICA, ciclo di incontri alla Casa della Musica di Parma

 STORIA & MUSICA

ciclo di incontri alla Casa della Musica di Parma

 


Appuntamento nel Cortile d'onore della Casa della Musica di Parma (Piazzale S. Francesco 1) venerdì 30 Agosto e 13 Settembre (ore 21:00) con la rassegna "Storia e Musica", un ciclo di incontri pensati dall’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea per riflettere sui rapporti tra cultura, storia e società.

Al centro di questi incontri la Musica e il modo in cui essa è riuscita a rappresentare il suo tempo e a influenzarlo.

Il programma d'incontri prevede la presentazione di un libro / tema su un genere, cantautore o band, impreziosito dall'accompagnamento musicale a tema.   

PROGRAMMA:

    30 agosto, ore 21.00, Cortile d'onore della Casa della Musica (Piazzale S. Francesco 1)
    Incontro con Roberto Caselli, autore del volume La storia della Black Music (Hoepli, 2004). Dialoga con l'autore Carlo Ugolotti (Isrec Parma/Unipr). Accompagnamento musicale di Fede Volta, Enrico Bertolini e Diego Baruffini.



    13 settembre, ore 21.00, Cortile d'onore della Casa della Musica (Piazzale S. Francesco 1)
    Pale Blue. Omaggio a Lou Reed, con Emanuele Nidi (musicista e ricercatore), Nicholas De Francesco (musicista) e Giuseppe Tatalo (Convitto nazionale Maria Luigia).

L'ingresso è gratuito.

 


a cura di Stefano Superchi



 

Segnalazioni di Fine Estate: "Voci, Storie" (Eridanea Casalmaggiore) e "Lucciola, Lucciola" (programma di settembre)

 SEGNALAZIONI DI FINE ESTATE



Prosegue alla Canottieri Eridanea di Casalmaggiore l'iniziativa letteraria "Voci - Storie".

Appuntamento a stasera mercoledì 28 agosto alle ore 21 con la presentazione del libro “Soffio di madre” a cura di Laura Passerini che converserà con Stefano Prandini.

Gli incontri sono aperti a tutta la cittadinanza ad ingresso libero.

 

 

Riprende il programma di “Lucciola Lucciola” (L’Opera Galleggiante), promossa dall’Associazione Terre d’Acqua con la direzione artistica di Giuseppe Romanetti, un progetto a cura della compagnia Rodisio.

 

SETTEMBRE

Venerdì 5 settembre 2024, ore 21 – Chiesa Castello, San Martino dall’Argine (Mantova), Amina Amici/Zerogrammi “Magnificat”

Venerdì 6 settembre 2024, ore 21 – Cascina Cipriani, Spineda (Cremona), Compagnia Rodisio “Ode alla vita”

Sabato 7 settembre 2024, ore 21 – Giardino Villa Pasquali, Sabbioneta (Mantova), Compagnia Rodisio “Il lupo e la capra”

Sabato 14 settembre 2024, ore 17 – Villa , 
Rivarolo del Re (Cremona), Compagnia Rodisio site specific “I racconti del bosco”

Domenica 15 settembre 2024, ore 17 – Parco Golena, Casalmaggiore (Cremona), Compagnia Rodisio site specific “I racconti del bosco”

Venerdì 20 settembre 2024, ore 21 – Giardino Villa Comunale, Cella Dati (Cremona), Clelia Cicero “Première étude sur Piaf”

Mercoledì 25 settembre 2024, ore 21 – Chiesa di Caruberto, San Martino del Lago (Cremona), Maurizio Rippa “Piccoli Funerali”

 

 Ingresso gratuito; per info, prenotazioni e passeggiate in cuffia +39 349 8638140

a cura di Stefano Superchi




 

26 agosto 2024

Cesare Pavese, consumato dall’amore per l’amore stesso

 Cesare Pavese

Consumato dall’amore per l’amore stesso



Le sue pagine, di prosa e di poesia, trasudano umanità intensa e dolente e da esse affiora sofferta solitudine. Quella solitudine che gli fu compagna nella breve esistenza conclusa tragicamente a Torino in una camera d’albergo 74 anni fa, il 27 agosto 1950. È nell’albergo “Roma”, sotto i portici di piazza Carlo Felice, che Cesare Pavese – capostipite del Neorealismo letterario italiano – si toglie la vita con una potente dose di sonniferi.


Lasciando un messaggio che, per i richiami alla lettera d’addio di Majakovskij, tradisce il suo nutrirsi di letteratura:

 

«Perdono tutti e

a tutti chiedo

perdono.

Va bene?

Non fate troppi

pettegolezzi».

 


Non certo un gesto impulsivo, il suo suicidio, meditato da tempo e annunciato nelle ultime pagine (quelle del 17 e 18 agosto) del suo diario “Il mestiere di vivere”. Poco più di due mesi prima aveva ricevuto il Premio Strega col romanzo “La bella estate”.
 



Nato in un paesino delle Langhe nel Cuneese, Santo Stefano Belbo, la sua città è stata Torino. Lì frequenta il liceo con un docente d’eccezione, Augusto Monti, conosce Norberto Bobbio, Massimo Mila, Leone Ginzburg, Giulio Einaudi, si laurea con una tesi sulla poesia di Whitman senza ottenere i pieni voti per l’impostazione crociana non gradita dal regime fascista.

 


E a Torino s’innamora di molte donne, quasi sempre senza essere ricambiato. A cominciare, quando aveva 19 anni, da una soubrette di un caffè-concerto che attenderà invano per lunghe ore sotto la pioggia buscandosi una polmonite, come canta De Gregori in “Alice”:

 

«E Cesare perduto nella pioggia sta aspettando da sei ore il suo amore ballerino».
Tra le donne di Pavese, la matematica comunista Tina Pizzardo, la cultrice di letteratura americana Fernanda Pivano, l’attrice Constance Dowling, uno dei suoi ultimi amori a cui dedica i versi struggenti di una delle sue più note poesie:


 

«Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. / Sarà come smettere un vizio, /  come vedere nello specchio / riemergere un viso morto, / come ascoltare un labbro chiuso. / Scenderemo nel gorgo muti››.

 

Inoltre Bianca Garufi, romana discendente da una famiglia aristocratica messinese. Il loro legame sentimentale è alimentato da comuni interessi culturali. I due si conoscono nella metà degli anni Quaranta presso la redazione romana dell’Einaudi: lei è segretaria generale, lui consulente. Per Pavese non è un semplice colpo di fulmine: la Garufi è bella, ama scrivere e, psicanalista junghiana, è attratta dai miti.

 


Sotto il suo influsso, lo scrittore delle Langhe scriverà “I dialoghi con Leucò” ispirati ai miti greci e con un titolo che allude al nome di lei (leukòs, bianco). Scriveranno anche insieme un romanzo, “Fuoco grande”, pubblicato da Einaudi nove anni dopo la morte di Pavese. Tanta la corrispondenza tra i due. In una lettera del 21 ottobre 1945 Cesare scrive a Bianca: «Vorrei essere almeno la mano che ti protegge, una cosa che non ho mai saputo fare con nessuno e con te invece mi è naturale».
 

di Antonino Cangemi per “La Ragione

 

a cura di Stefano Superchi

PLACES NEVER ARE PLACES. Gianluca Ferrari, Damiano Paroni e Giorgio Tentolini in mostra a Commessaggio

 PLACES NEVER ARE PLACES

Gianluca Ferrari, Damiano Paroni e Giorgio Tentolini in mostra a Commessaggio

 


Con la mostra che si inaugura sabato 31 Agosto alle 18:30, l’Associazione Culturale “Il Torrazzo – APS” trasforma il Torrazzo gonzaghesco di Commessaggio in un non luogo, come recita il titolo della mostra. “PLACES NEVER ARE PLACES” presenta le opere di tre importanti artisti del territorio, GIANLUCA FERRARI, DAMIANO PARONI e GIORGIO TENTOLINI. Ognuno ha trasformato gli spazi del torrione con un’installazione site-specific di grande impatto e di complessa realizzazione.

Gianluca Ferrari osa nuove forme di comunicazione con l’immagine olografica, proponendo undici volti che si compongono e decompongono e richiedono allo spettatore una sorta di contemplazione per poterle decifrare. Un mondo a intermittenza, un’umanità con una storia sospesa, che evidenzia l’incertezza della percezione, fra mondo visibile e mondo interiore, psichico, emotivo. Il tutto su un tappeto sonoro concepito ad hoc dall’artista stesso.


Damiano Paroni attiva il genius loci con una gigantesca altalena, un oggetto ludico decontestualizzato, che attraverso paradossi visivi, mutazioni delle forme e pluralità dei punti di vista, intrappola lo spettatore in una dimensione di ambiguità. Una messa in scena illusoria dove la libertà è assoluta, non vuole regole, piuttosto si realizza nel disattenderle. E lo fa attraverso uno spiazzamento intellettuale, perché l’artista dà forma al suo effimero spazio-opera con assoluto rigore geometrico.


Giorgio Tentolini mette al centro della propria installazione la Venere Italica di Antonio Canova, simbolo per eccellenza della bellezza idealizzata, reinterpretata attraverso l'uso innovativo della rete metallica. Un’opera tridimensionale da cui ne promanano otto bidimensionali, disposte in cerchio come negli atelier accademici, in una dimensione di intimità e di scoperta. Lo spettatore è invitato a riconsiderare la bellezza non come un valore assoluto e statico, ma come un concetto dinamico. La rete metallica, con la sua dualità di interconnessione e limitazione, diventa il mezzo attraverso cui esplorare e sfidare i canoni estetici, offrendo una visione del tutto nuova di un simbolo eterno.

(Le immagini di repertorio non sono riferite alla mostra di cui si tratta)

 

La mostra, curata da Marcella Luzzara sarà visitabile fino al 29 settembre, il sabato dalle 15:00 alle 19:00, la domenica dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 19:00. Come sempre gode del patrocinio del Comune di Commessaggio.

Si ricorda in questa occasione la grande Festa del Decennale dell’Associazione, che si terrà sabato 7 settembre dalle 19:30, e per la quale è necessaria la prenotazione.

L'appuntamento è realizzato nell'ambito della 'Terra dei Diritti' lo spazio culturale promosso da CSV Lombardia Sud aperto a tutte le organizzazioni impegnate nella costruzione della cultura dei diritti.

 

Associazione culturale "IL TORRAZZO-APS"


25 agosto 2024

Shane MacGowan, scelto da Dio per salvare il Folk

Shane MacGowan

scelto da Dio per salvare il Folk

 


Gli aneddoti su Shane MacGowan, indimenticato frontman del gruppo folk-punk irlandese Pogues che ha lasciato questa terra il 30 novembre dell’anno scorso, si perdono nel mito: secondo fonti bene informate il cantautore avrebbe lasciato un conto di 10mila euro per gli amici nel suo pub preferito. Erano le sue ultime volontà. Per uno che aveva cominciato a bere birra all’età di 5 anni e whiskey poco dopo era il minimo.

 


Nato il giorno di Natale del 1957 a Tunbridge Wells, in Inghilterra, ma cresciuto a Tipperary, in Irlanda, Shane si trasferì con la famiglia a Londra nella prima adolescenza: la condizione dell’esule smarrito e un po’ scentrato (e «con il ventre molle», secondo il “The New York Times”) sarà il fulcro delle sue canzoni. Assieme alla precocità alcolica, MacGowan sviluppa sin da subito una maturità creativa nutrita dal confronto con grandi autori: a 11 anni legge Dostoevskij, a 13 vince un concorso letterario organizzato dal “Daily Mirror”. 


L’incontro con il fenomeno culturale del punk degli anni Settanta (attraverso i Sex Pistols e i Clash, in particolare) gli cambia per sempre la vita. Partecipa a concerti alquanto agitati (finendo sul giornale: “Cannibalismo al concerto dei Clash”, una ragazza gli aveva morso a sangue l’orecchio), lavora al Rocks Off (un negozio di dischi sulla Hanway Street), cura una fanzine di sua fattura e milita nei Nipple Erectors (sorvoleremo sulla traduzione).
 



Nel 1982 arriva la svolta: MacGowan fonda i Pogues con Jeremy ‘Jem’ Finer e Spider Stacy. Inizialmente si chiamavano Pogue Mahone, una storpiatura del gaelico pógmo thóin (“baciami le chiappe”). Al di là delle etichette, il progetto dei Pogues era semplicemente geniale: mescolare il punk con la musica tradizionale irlandese. L’apporto di Shane è decisivo, sia per la sua imprevedibile personalità sia per l’enorme talento poetico.

 


Dalla sua mano escono pezzi come “A Pair of Brown Eyes”, “Dark Streets of London”, “Sally MacLennane”, “A Rainy Night in Soho”, “The Body of an American”, “The Broad Majestic Shannon”. Nel 1987 arriva anche il capolavoro assoluto: “Fairytale of New York”, una ballata struggente registrata in un duetto con lo stesso MacGowan e Kirsty MacColl. Considerata tra le più belle canzoni natalizie di sempre, romantica e sgraziata, nel 2022 è stata certificata quintuplo disco di platino nel Regno Unito.

 


 

«Ti sei preso i miei sogni / la prima volta che ci incontrammo / Li ho tenuti con me, tesoro, / li ho messi assieme ai miei... / Non posso farcela da solo / I miei sogni li ho costruiti intorno a te / I ragazzi del coro della polizia di New York / cantavano “Galway Bay” / e le campane risuonavano / per il giorno di Natale»

 


I concerti dei Pogues erano un miscuglio di allegria e fiumi di birra, sudore e risse da bar, denti saltati e pura amicizia. Shane era così come lo aveva descritto l’amica Sinéad O’Connor: «Un angelo sempre vicino alla fine».

 
Fu nella formazione dei Pogues per i primi cinque album in studio, tra cui “Rum Sodomy & the Lash” (1985) e il meraviglioso “If I Should Fall from Grace with God” (1988).

 


Poi lo buttarono fuori a causa dei suoi comportamenti un po' troppo sopra le righe. La sua risposta fu tenera e ironica, al contempo: «Siete stati tutti molto pazienti con me... Come mai ci avete messo così tanto?». Shane era convinto che Dio fosse irlandese e rivelò che l’Altissimo lo aveva scelto sin da bambino per salvare il folk.

Chi siamo noi per metterlo in dubbio?

 

Stefano Superchi







24 agosto 2024

NICK & BART. Le opere dedicate alla memoria di Sacco e Vanzetti.

 NICK & BART

Le opere dedicate alla memoria di Sacco e Vanzetti.

 


Immigrati e patrioti. Nel lessico politico odierno questi due termini manderebbero in corto circuito qualsiasi motore di ricerca. Ma non è di semantica che vogliamo parlare, bensì delle vicissitudini di Sacco e Vanzetti, condannati alla sedia elettrica il 23 agosto del 1927, da innocenti; ma questo sarà di pubblico dominio solo quando sarà troppo tardi. Immigrati negli Stati Uniti ed orgogliosamente italiani. Altri tempi, si dirà. Vero, probabilmente, ma anche altro spessore dei personaggi, rispetto al livello cui siamo abituati oggi.
Ma non è della vicenda in senso stretto che parleremo, piuttosto delle pricipali opere che da questa vicenda (e dall’ondata di sdegno suscitata da essa) trarranno spunto negli anni a venire.

La storia in breve
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti vengono arrestati, processati e condannati a morte con l’accusa di omicidio di un contabile e di una guardia del calzaturificio Slater and Morrill di South Braintree. Saranno  uccisi sulla sedia elettrica nel penitenziario statunitense di Charlestown il 23 agosto 1927 nonostante i molteplici dubbi sulla loro colpevolezza e la confessione del detenuto portoghese Celestino Madeiros che li scagionava.




Il processo

“Io non augurerei a un cane o a un serpente - affermava Vanzetti rivolgendosi per l’ultima volta al giudice - alla più bassa e disgraziata creatura della Terra. Non augurerei a nessuna di queste creature ciò che ho dovuto soffrire per cose di cui non sono colpevole. Ma la mia convinzione è che ho sofferto per cose di cui sono colpevole. Sto soffrendo perché sono un anarchico, e davvero io sono un anarchico; ho sofferto perché ero un Italiano, e davvero io sono un Italiano (…) se voi poteste giustiziarmi due volte, e se potessi rinascere altre due volte, vivrei di nuovo per fare quello che ho fatto già”.
“La giuria
- diceva - ci aveva odiati fin dal primo momento perché eravamo contro la guerra. La giuria non si rendeva conto che c’è della differenza tra un uomo che è contro la guerra perché ritiene che la guerra sia ingiusta, perché non odia alcun popolo, perché è cosmopolita, e un uomo invece che è contro la guerra perché è in favore dei nemici. Noi non siamo uomini di questo genere. Noi crediamo che la guerra sia ingiusta e ne siamo sempre più convinti”.


 
La verità

“Nel caso di Sacco e Vanzetti - scriveva sul New York Times nell’agosto del 2007 Andrea Camilleri - sembrò subito chiaro a molti, in Europa e negli Stati Uniti, che il loro arresto, nel 1920 - inizialmente per possesso di armi e materiale sovversivo, poi con l’accusa di duplice omicidio commesso nel corso di una rapina nel Massachusetts - i tre processi che seguirono e le successive condanne a morte erano pensati per dare, attraverso di loro, un esempio. E questo nonostante la completa mancanza di prove a loro carico, e a dispetto della testimonianza a loro favore di un uomo che aveva preso parte alla rapina e che disse di non aver mai visto i due italiani.  La percezione era che Sacco, un calzolaio, e Vanzetti, un pescivendolo, fossero le vittime di un’ondata repressiva che stava investendo l’America di Woodrow Wilson. In Italia, comitati e organizzazioni contrari alla sentenza spuntarono come funghi non appena essa fu annunciata. Quando la sentenza fu eseguita, nel 1927, il fascismo era al potere in Italia da quasi cinque anni e consolidava brutalmente la propria dittatura, perseguitando e imprigionando chiunque fosse ostile al regime, inclusi naturalmente gli anarchici. Eppure, quando Sacco e Vanzetti furono giustiziati, il più grande quotidiano italiano, il Corriere della sera, non esitò a dedicare alla notizia un titolo a sei colonne. In bella evidenza tra occhielli e sottotitoli campeggiava un’affermazione: Erano innocenti".

Erano innocenti. E la storia darà loro ragione.

 

 
Nel 1977 il governatore del Massachusetts, Michael S. Dukakis, riabiliterà le loro figure scrivendo nel documento che proclamerà per il 23 agosto di ogni anno il S.&V. Memorial Day che “il processo e l’esecuzione di Sacco e Vanzetti devono ricordarci sempre che tutti i cittadini dovrebbero stare in guardia contro i propri pregiudizi, l’intolleranza verso le idee non ortodosse, con l’impegno di difendere sempre i diritti delle persone che consideriamo straniere per il rispetto dell’uomo e della verità.
 Oggi come ieri.

 

 

Alcune opere dedicate a Sacco e Vanzetti


Nel dicembre 1927 il drammaturgo Maxwell Anderson, insieme ad Harold Hickerson, lavora ad un dramma dal titolo Gods of lightning (Dei della folgore) che ha per argomento le vicende di Sacco e Vanzetti e viene rappresentato a Broadway il 24 ottobre 1928;
    


nel 1935 il dramma Gods of lightning di Maxwell Anderson diventa Winterset e viene ospitato dai maggiori teatri statunitensi. L'anno successivo, sempre col medesimo titolo, diventa film (ritenuto uno dei dieci migliori film dell'anno) e nel 1937 approda alla Mostra internazionale del cinema di Venezia con il titolo Sotto i ponti di New York ottenendo due nomination al Premio Oscar;


   

l'opera The Condemned scritta nel 1932 da Marc Blitzstein, interrotta nel 1964 a seguito della morte del medesimo, viene completata a partire dal 1978 da Leonard Lehrman;

 



Mosaico di Ben Shahn a ricordo di Sacco e Vanzetti all'Università di Syracuse, (N.Y.);

 

l'originale televisivo The Sacco-Vanzetti Story scritto da Reginald Rose nel 1960 per la NBC;

  


il dramma in tre atti Sacco e Vanzetti, di Mino Roli e Luciano Vincenzoni, messo in scena nel 1960 dalla compagnia Gli Associati con la regia di Giancarlo Sbragia;

 


 il film del 1971 Sacco e Vanzetti diretto da Giuliano Montaldo;



la canzone dei titoli era Here's to You di Ennio Morricone, cantata da Joan Baez, autrice del testo, che riprende le parole finali di un discorso di Bartolomeo Vanzetti:





«Here's to you Nicola and Bart
Rest forever here in our hearts
The last and final moment is yours
That agony is your triumph!»

 

«Vi rendo omaggio Nicola e Bart
Per sempre riposate qui nei nostri cuori
Il momento estremo e finale è vostro
Questo dolore è il vostro trionfo!»

 

 

(Joan Baez, Here's to you)




 

La versione italiana del brano è Ho visto un film, con un testo scritto da Franco Migliacci, cantata da Gianni Morandi;
 


 

lo sceneggiato Sacco e Vanzetti, regìa di Giacomo Colli, protagonisti Franco Graziosi e Achille Millo, prodotto dalla Rai nel 1964, ma mandato in onda solo nel 1977 in quanto la Rai, inizialmente, decise di non presentarlo al pubblico per timore di turbare i rapporti con gli Stati Uniti; (di questo sceneggiato, censurato dal vicepresidente Rai Italo De Feo, non si trovano in rete tracce audiovisive. n.d.r.);

 il documentario Sacco e Vanzetti di Peter Miller del 2006;
  


 

la canzone Colpevole di ghetto dei Gang;
    


 

la canzone The Ballad of Sacco and Vanzetti interpretata da Les Anarchistes e Petra Magoni, nell'album La musica nelle strade! de Les Anarchistes (2005);
  


la canzone Sacco e Vanzetti dei Sine Frontera (dall'album 20 Now del 2009), riarrangiamento e omaggio all'originale brano della cantautrice folk Giovanna Daffini;

 


Ballad of Sacco e Vanzetti di Woody Guthrie composta nel 1946-47 (ma uscita nel 1964);
 


Sacco and Vanzetti del gruppo ska Against All Authority (2001);


la canzone popolare Sacco e Vanzetti interpretata da Francesco De Gregori e Giovanna Marini;
 


 

la canzone La Lettera del gruppo forlivese LeTormenta che è parte della lettera scritta da Nicola Sacco al figlio;

 

 

la canzone popolare Sacco & Vanzetti interpretata da Christy Moore nell'album The Black Album (1975);
 

 

la canzone Sacco e Vanzetti, in lingua sarda, degli Askra dal loro lavoro Colores... Dolores;



la nipote di Nicola Sacco (Fernanda Maria Sacco) ha scritto un libro, pubblicato nel luglio del 2008, intitolato I miei ricordi di una tragedia familiare (Malatesta editrice);

 


la canzone Lacreme 'e cundannate di Alfredo Bascetta, composta il 5 maggio 1927, prima della definitiva condanna a morte. Questa è senz'altro la più famosa canzone napoletana sulla vicenda di Sacco e Vanzetti;
    


 

La canzone napoletana A seggia elettrica, con la musica di E.A. Mario che risale al 1924 e che narra della tragedia della madre che apprende dai giornali della condanna a morte del figlio e vende tutto ciò che possiede per finanziare la sua difesa e muore distrutta dal dolore;



Agnetha Fältskog del gruppo pop svedese ABBA, nel 1972 fece la versione tedesca di Here's to You intitolata Geh' Mit Gott;


 

nel video musicale della canzone No Shelter del gruppo Rage Against the Machine, appare più volte la scena della condanna a morte ma il video non è più disponibile su youtube;

lo spettacolo di teatrodanza “Sacco e Vanzetti” viene realizzato e presentato dalla coreografa Mila Tomsich nel 2007, a 80 anni dalla morte dei due anarchici italiani, in prima mondiale al Maschinenhaus di Berlino, con sovvenzioni del Comune di Berlino – Settore Cultura e Spettacolo – Prenzlauer Berg e il patrocinio di Amnesty International-Germania-Italia e dell’Istituto di Cultura Italiano della città;

 

nella stagione teatrale 2008-2009 il Gruppo Teatro Colli di Bologna ha portato in scena Sacco e Vanzetti, di Giancarlo Brancale;


    

nel 2009 il rapper Kento dedica il suo album d'esordio da solista e il rispettivo singolo ai due anarchici Italiani (Relief Records, 2010);

  

la miniserie televisiva di Fabrizio Costa prodotta da Mediaset e trasmessa nel 2005 con gli attori Sergio Rubini ed Ennio Fantastichini come protagonisti;



  

una strofa della canzone Oltre il mare dei Two Fingerz, cantata da Dargen D'Amico, è dedicata ai due anarchici;
    


Hideo Kojima ha utilizzato The Ballad of Nick & Bart (Here's to you) di Ennio Morricone in Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots per i titoli di coda e come canzone d'apertura per Metal Gear Solid V: Ground Zeroes, prologo di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain. Inoltre ha dichiarato che le vicende di entrambi i capitoli di Metal Gear Solid V si ispirano alla storia di Sacco e Vanzetti in quanto parlano di ingiustizia;
   


 

i due vengono inoltre citati all'interno dell'ottavo episodio della prima stagione della serie televisiva americana I Soprano's dal protagonista Tony;
  


Il racconto del 2022 The Anarchist's Wife di Margo Laurie è una rappresentazione romanzata del caso Sacco e Vanzetti.



Stefano Superchi

 

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