Nino Rota: “il musicista di Fellini”
Il ruolo essenziale della musica nei film
Il 10 di Aprile del 1979 muore a Roma Nino Rota. Molti ancora oggi lo ricordano come “il musicista di Fellini”, a testimonianza del loro solido e proficuo rapporto professionale e intellettuale.
Non va dimenticato che Rota fu anche il musicista di Visconti, Monicelli, Lattuada, Comencini, Zampa, Soldati, Steno, Wertmüller, Petri, Zeffirelli e, all’estero, di René Clement, King Vidor e Francis Ford Coppola; a quest’ultimo, in particolare, è da legare la conquista dell’Oscar per Il padrino Parte II. Scrisse diverse colonne sonore per i film di Totò e lavorò con Eduardo De Filippo (Lo scoiatolo in gamba, Napoli milionaria).
Dopo Lo sceicco bianco (accolto piuttosto tiepidamente) e I vitelloni (Leone d’argento a Venezia), Fellini volle per la terza volta Nino Rota al proprio fianco in occasione del film La strada. Era il 1954 quando la pellicola con Anthony Quinn e Giulietta Masina uscì nelle sale, sollevando scalpore e successo. Mario Soldati, dopo averlo visto, scrisse: «La strada di Nino Rota è un capolavoro. Il film di Fellini è, forse, soltanto il libretto di quel capolavoro». Una dichiarazione probabilmente ingenerosa nei confronti del regista, ma in grado di ribadire il compito essenziale svolto dalla musica di Rota nei film: una funzione che non era didascalica o accessoria, ma essenziale in chiave drammatica e nobile nelle forme.
Il balletto “La strada”, nato nel 1966, molto dopo il film, e rappresentato per la prima volta alla Scala su coreografie di Mario Pistoni non cita semplicemente le musiche scritte per lo schermo, ma allude, in misura più ampia, all’universo sonoro “felliniano” entrato nel frattempo a far parte, in modo consapevole, della cifra artistica di Rota. La strada, inteso come film, sollevò non poche polemiche in un Italia ancora molto legata al neorealismo, ma valse a Fellini una grande popolarità internazionale, confermata, nel 1957, dall’Oscar al miglior titolo straniero.
La collaborazione tra Rota e Fellini sarebbe proseguita senza soste fino al 1978 (Prova d’orchestra), ossia fino alla morte del compositore. Ermanno Comuzio, storico del cinema, e studioso di colonne sonore, racconta come spesso Fellini «…costringesse Rota ad inventare le musiche che lui stesso aveva già in testa. Rota, insomma, metteva in bella le indicazioni del regista, e si faceva inghiottire da lui». Ma se questo vale per i film del primo periodo (Lo sceicco bianco, I vitelloni, Le notti di Cabiria) non si può dire per Prova d’orchestra, e prima ancora Casanova, dove l’apporto del compositore risulta invece decisivo in termini narrativi, secondo le ammissioni dello stesso Fellini.
Nino Rota non fu soltanto un “compositore da film” (ferma restando la nobiltà del ruolo) ma un compositore tout court con il suo repertorio sconfinato di lavori da camera, sinfonie, concerti per pianoforte. “Colto”, avrebbe detto qualcuno, facendo arrabbiare Rota, il quale era solito dire: «Non credo a differenze di ceti e di livelli nella musica: il termine “musica leggera” si riferisce solo alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi l’abbia scritta».
Stefano Superchi
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