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30 dicembre 2024

Marlene Kuntz, 30 anni di Catartica!

Marlene Kuntz,

30 anni di Catartica!

 



La mia scoperta personale dei Marlene Kuntz avvenne nel giugno 1994 attraverso una cassettina promozionale del Consorzio Produttori Indipendenti (CPI) allegata al periodico musicale Rockerilla (si, allora usava così, per fortuna) e fu come un fulmine che ti sorprende in una nottata serena: inaspettato e travolgente. Una botta di adrenalina che non mi capitava dai tempi di “Puta’s Fever” dei Mano Negra.

 





Lascia che ti vomiti un’onda di parole
MA-MA-MARLENE è la migliore!
Piegati a novanta, io monto la tendenza
fammi entrare nell’intellighenija

 

Nella prima metà degli anni 90 la nostra penisola era come sempre in differita rispetto ai movimenti musicali che arrivavano da USA e UK, e la scena indipendente viveva ancora di rendita con new wave e post-punk, tra Firenze e Bologna, sugli allori di Litfiba, Diaframma, Neon, Punkow e Moda. All’inizio del decennio successivo le etichette italiane cominciarono a captare le influenze di Nirvana, Pearl Jam e soci.
Era ora di scandagliare le cantine del nostro paese per andare a trovare i migliori gruppi della scena underground già orientati verso quelle scene.

 


A Cuneo, periferia dell’Impero, si muovevano già da un po’ i Marlene Kuntz. I Sonic Youth come punto di riferimento, ma con un pizzico di melodia per entrare in sintonia con il pubblico.
Nel 1994 avevano già alle spalle quasi 5 anni di gavetta, Cristiano Godano (frontman, chitarra e autore del gruppo), Ricardo Tesio (chitarra), Luca Bergia (batteria - prematuramente scomparso nel marzo 2023) e Luca Viano (basso) forgiavano assieme un sound che da lì in poi avrebbe fatto tendenza dalle nostre parti, e li portò a produrre una bomba di nome “Catartica”, un disco che aprirà una nuova era del rock italiano.

 




E certo un brivido averti qui con me
in volo libero sugli anni andati ormai
e non è facile, dovresti credermi,
sentirti qui con me perché tu non ci sei
Mi piacerebbe sai, sentirti piangere
anche una lacrima, per pochi attimi


Non fu facile arrivare alla produzione del disco, i soldi che giravano erano pochi e i Marlene provarono addirittura una sottoscrizione tra i fan chiedendo loro una quota di partecipazione di 13.000 Lire (praticamente un pagamento anticipato) per arrivare alla produzione di un Ep di tre pezzi. Non andò benissimo, ma dopo una recensione su Rockerilla del terzo Ep del gruppo, un anno di trattative e titubanze, “San” Gianni Maroccolo, all’epoca impegnato a lanciare l’etichetta C.P.I. (Consorzio Produttori Indipendenti) accettò di occuparsi della produzione esecutiva, delegando quella artistica a Marco Lega, importantissimo per indirizzare i Marlene verso quello che diventerà il sound che caratterizzerà la seconda metà degli anni 90.
 

Sound condensato mirabilmente in “Nuotando nell’aria”, dove si intrecciano rabbia e melodia nei cinque minuti che faranno la fortuna della band, con l’ordito musicale che sfocia in un crescendo finale ad altissimo contenuto emozionale. Un altro pezzo che entrerà dritto nella storia è “Sonica”, manifesto della band, un tripudio di rumore che sarà per anni l’acme dei loro live.

 

 
 
 Fragori nella mente, rumori, dolori
lampi, tuoni e saette, schianti di latte
fragori a albori universali, scontri letali, SONICA, …
 
Una mano ad uscire dal circuito ristretto dei loro adepti gliela darà Giovanni Lindo Ferretti suonando “Lieve” in alcune date dei Csi ed inserendo la propria versione nel disco “In quiete”, facendola così conoscere ad un numero maggiore di persone.
 
 



Trovare un pezzo di secondo piano in “Catartica” è effettivamente difficile, visto il susseguirsi di inni programmatici, partendo  da “M.K.”, dura invettiva contro il rap, che all’epoca pareva essere l’unico interesse delle major, oscurando tutto il resto.
 
 


E poi “Festa Mesta”, assalto sonico che entra nel cuore dei fan, così come “1° 2° 3°” e “Canzone di domani”. Nei testi esplode la poetica di Godano in  “Gioia che mi do” e “Giù giù giù” (“Gengiva nuota contro muco/ Gran liquame stilla dal buco/ Rossorosacarnoso ex muso coli bavoso”) e l’insofferenza per l’apatia della provincia in “Fuoco su di te” (“Noi stiamo per generare/ L’idea di vomitare/ Sui vostri piatti migliori/ E stiamo per eliminare/ Chi non si sporca le mani/ E dentro al Cuneo muore”).
 
 

 


Un album molto intenso “Catartica”, praticamente una greatest hits che segnò profondamente tutti coloro che in quegli anni lo ascoltarono. Una sequenza da togliere il fiato, dove anche pezzi meno noti come “Trasudamerica”, “Merry X-mas”, “Mala mela” e la strumentale “Non ti scorgo più”, risultano tutt’altro che semplici riempitivi. 
 
 



Un grande merito di Cristiano Godano, insieme ad uno sparuto gruppo di autori rock italiani, tra cui Manuel Agnelli degli Afterhours e Alberto Ferrari dei Verdena, fu quello di sdoganare la possibilità di cantare rock nella nostra lingua senza apparire fuori luogo.

 
 
Godano, per dare peso specifico alla propria scrittura, utilizzò termini inusuali e visionari, non risparmiando l’uso di figure retoriche che rimarranno scolpite nei solchi del vinile come il “rogo delle mie brame”, il “vociare di monete obsolete”, il “perdersi in fondo all’immobile” e “un grammo di gioia del tuo sorriso”. 
 
 

Catartica” si imporrà come disco-rivelazione del nuovo rock italiano e, a trent’anni di distanza, è ancora considerato uno dei lavori di riferimento dei ‘90, un lavoro che ha incoronato i Marlene Kuntz come band-guida, prendendo il testimone dalle mani di Cccp e Litfiba.



Stefano Superchi





 
 la video-recensione di VinilicaMente
 


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