“La casa nella prateria”
dal 1974 nostalgia e lessico famigliare
Amori, conflitti familiari, l’adolescenza con le sue tante domande, il lavoro, le relazioni. A distanza di cinquant’anni, il mondo nostalgico e familiare della serie tv “La casa nella prateria” (che debuttò nel 1974 sull’americana Nbc, per arrivare nel 1977 anche in Italia) è più vivo che mai.
Con i memorabili membri della famiglia Ingalls, a muoversi sullo sfondo di Walnut Grove, piccolo villaggio del Minnesota che, grazie al duro lavoro dei pionieri (tra cui gli stessi Ingalls) diventa una cittadina con le sue case coloniche, la scuola e la chiesa. Uno scenario da cartolina ingiallita della ‘Old America’ dove si svolgono le storie di papà Charles, mamma Caroline e delle giovanissime sorelle Laura, Mary e Carrie, alle prese con i primi amori, le rivalità con l’insopportabile Nellie Oleson, ma soprattutto con i fatti che li spingono verso l’Ovest, meta di una nuova vita da costruirsi faticosamente giorno dopo giorno.
Imperniata sui romanzi autobiografici di Laura Ingalls Wilder, la serie ha avuto, a suo modo, una influenza culturale, attraverso nove stagioni, oltre 200 episodi e quattro film ispirati a essa.
Evocata con nostalgia per i temi conservatori come la famiglia e la comunità, “La casa nella prateria” affronta anche temi delicati e non scontati per l’epoca in cui è uscita, come l’alcolismo e gli abusi sessuali. Pur essendo ambientata alla fine dell’Ottocento, tratta svariate questioni; dal rapporto tra le due sorelle Mary e Laura, molto diverse caratterialmente, a quelli con la comunità, dai conflitti sociali, alla povertà, alle condizioni climatiche fino al rapporto con i nativi americani. Argomenti che hanno avvicinato i personaggi della serie alla generazione nata nei primi anni Settanta.
Come afferma Stefano Balassone, storico autore Rai e docente di New media e Gestione dell’informazione all’Università “Suor Orsola Benincasa” di Napoli «Se dopo cinquant’anni le vicende degli Ingalls non smettono di affascinare è anche perché sono state adattate per la tv quando il cosiddetto ‘secolo breve’ non era ancora finito, con la sua spinta verso il progresso, i diritti sociali. Sono impregnate dello spirito di quel tempo, per questo sanno parlarci ancora».
Stefano Superchi
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