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03 ottobre 2024

Si... può... fare! Frankenstein Junior torna in sala a 50 anni dall’uscita.

 Elogio della cultura Pop.

Si... può... fare!

 Frankenstein Junior

torna in sala a 50 anni dall’uscita

 


 La storia di Frankenstein Junior, in realtà, nasce sul set di un altro film: “Mezzogiorno e mezzo di fuoco”. L’anno è il 1974 e i protagonisti di questa vicenda sono l’attore Gene Wilder, destinato a diventare uno dei più brillanti interpreti della commedia americana e il regista Mel Brooks, già considerato un rivoluzionario del genere comico.
Durante una pausa delle riprese Wilder fa leggere a Brooks una sua sceneggiatura, una rilettura del “Frankenstein” di Mary Shelley dove il protagonista non è lo scienziato che cerca di sconfiggere la morte, ma un suo discendente che si vergogna del suo antenato.
 


Il titolo è “Young Frankenstein”. Dopo qualche titubanza Brooks decide di accettare la sfida e il progetto viene sottoposto alla Columbia, che però lo boccia senza appello. Qui entra in gioco Alan Ladd Jr., dirigente della 20th Century Fox, che riconosce le potenzialità della visione geniale e con grande lungimiranza la fa finanziare. È così che l’intuizione di Wilder e Brooks prenda forma.
Lo stesso Alan Ladd Jr., anni dopo, sosterrà due progetti rifiutati dalle major come “Blade Runner” e “Star Wars”, a testimonianza della sua avvedutezza e dello scarso coraggio delle grandi “aziende dello spettacolo”.
 


Ottenuto il via libera, si scelsero gli interpreti. Gene Wilder fa reclutare due suoi amici: Marty Feldman, nell’iconico ruolo dell’assistente Igor («Si pronuncia Aigor», come recita una celebre battuta del film) e Peter Boyle nella parte del mostro. Dietro la macchina da presa, Brooks fa sfoggio della propria visione con continue citazioni delle precedenti versioni cinematografiche di Frankenstein, prediligendo il bianco e nero ed utilizzando addirittura gli stessi oggetti di scena e le stesse ambientazioni del film originale.
 


Ma la nascita di quello che da noi diventerà famoso come “Frankenstein Junior” è stata assai tribolata.
Brooks e Wilder litigavano di continuo per alcuni dettagli della sceneggiatura, ma furono proprio questi momenti a forgiare il capolavoro che oggi adoriamo. Il resto è cultura pop allo stato puro. I dialoghi e le trovate di questo film, da cinquant’anni a questa parte, sono diventate ormai linguaggio collettivo. Da «Lupo ululà, Castello ululì» ai nitriti di terrore dei cavalli ogni qual volta viene nominato il personaggio di Frau Blücher, fra un cervello «Abi norme» e un «enorme Schwanzstück», le battute che hanno contribuito a costruire il mito di “Frankenstein Junior” sono oggetto di continue citazioni. Imperdibili le scene come quella del balletto fra lo scienziato e la ‘Creatura’ sulle note di “Puttin’ on the Ritz” di Irving Berlin o il singolare cameo di Gene Hackman nel ruolo del non vedente che scambia il mostro per un viandante e lo accoglie nella sua capanna, dando vita a una catena di gag incredibili.
 


 


 


All’uscita nelle sale “Frankenstein Junior” fu ben accolto sia dalla critica (che apprezzò la rilettura fatta da Brooks) sia dal pubblico, che se ne appropriò da subito eleggendolo a pellicola di culto.
A cinquant’anni dall’uscita, il film tornerà nella sale il 29 e il 30 ottobre in versione 4K. Per farci sorridere ancora e ricordarci che qualsiasi follia, anche la più pazza delle imprese alla fine «Si... può... fare!».

 

a cura di Stefano Superchi

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