L’ouverture da brivido l’ha regalata Daniele "Fedo" Federici coi suoi musicisti, sfoggiando una interpretazione di Ancora di Eduardo De Crescenzo mai sentita prima: sipario e… Notte alta e sono sveglio… arrangiata un po’ blues e un po’ jazz, inizio da pelle d’oca.
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foto: Pierangela Flisi |
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foto: Pierangela Flisi |
A dividere in due parti lo spettacolo il consueto racconto di Giampietro Lazzari, Il Concerto (senza senso) storia appassionata e appassionante che alleghiamo. La serata è proseguita con brani ed esecutori fantastici, troppi per essere citati ma che trovate in scaletta.
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foto: Pierangela Flisi |
La giornata dedicata al Jazz a Casalmaggiore è un unicum tra pubblico e artisti, uno scambio di emozioni che si ripete da tredici anni divenendo un appuntamento fisso e atteso, un cantiere di cose belle come le persone che lo organizzano e lo animano.
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foto: Pierangela Flisi |
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foto: Pierangela Flisi |
Giovanna Anversa
Si ringraziano la società musicale Estudiantina, l’Amministrazione Comunale, il Teatro di Casalmaggiore e le aziende sostenitrici: Linea snc, fabbricadigitale. Casalasca Servizi, AFM Casalmaggiore, Gruppo Mauro Saviola, Mad One, Gardenia, Assicurazione Generali Agenzia Parma Gramsci di Andrea e Massimo Montali, Autoscuola Kramer, Capelli Automobili, Studio Rinnova, Agenzia UnipolSai Essegi Casalmaggiore di Gianfranco Solani, Oerre Cartotecnica, Zero DB, Tabaccheria Anversa. Particolari ringraziamenti a Marco Goi, che ha realizzato il logo – per l’edizione di quest’anno è stato scelto un gatto – e Luca Bernardi, che si è occupato della gestione artistica, a Giampietro Lazzari, Silvio Buzzi e Stefano Asinari.
LA SCALETTA DEL JAZZ DAY 2024
There's a Boat Dat's Leavin' Soon for New York
November Dance (F.Frambati)
Perfect Love gone wrong
Egocentrica (S.Molinari)
Hatari! (Henry Mancini)
Come in ogni ora (Every other hour - B.Bacharach)
Summertime
Koomari
Vanità e Guano (P.Zambelli)
Jacaranda Bouganvillea
Mr.PC (Coltrane)
St. Louis Blues
i video sono stati gentilmente concessi da Raffaella Bonatto
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TI RACCONTO UNA STORIA
Il concerto senza senso
Se in un pomeriggio d’estate, in paese, doveste imbattervi in note musicali che si spandono dalle finestre aperte di qualche caseggiato e come farfalle, volteggiano e si posano per qualche istante sui vostri sensi, non meravigliatevi: sono studenti che si esercitano e che per un paio di mesi danno vita ad un festival d’eccellenza, insieme a docenti di fama internazionale.
Il frutto della loro arte si palesa poi ogni sera, poco prima del tramonto, in forma di concerto.
Le nostre dimore di pregio, i cortili e le sagrestie che nei secoli hanno ospitato altre vite accolgono questi eventi; e anche per chi non è esperto l’assistervi è fonte di piacere, perché la bellezza si alimenta di sé stessa, i luoghi delle esibizioni aumentano il loro fascino, e appare che questa nostra sperduta periferia assuma l’importanza di una metropoli fascinosa, diventi centro di una magia.
Si affluisce in questi luoghi con rispetto, aspettando quelle atmosfere serali, in attesa delle prime note di una sonata di Mozart, o di un notturno di Chopin.
Una sera di qualche anno fa, a uno di questi concerti, mi capitò di intravedere e di osservare una figura di donna di sobria raffinatezza. Accomodata in prima fila spiccava per un particolare portamento e per un altro non so che, tale da renderla degna di attenzione. Di una età vicina alla senilità, questa persona mi era sconosciuta. Le apparteneva un’aura speciale, come se un tratto della sua personalità, normalmente invisibile, emergesse in modo evidente.
E vi confesso che da quella sera, e per tutti i concerti successivi, sceglievo appositamente un posto comodo per l’ascolto, ma ancor più per l’osservazione di quella donna, un paio di file dietro a lei e lateralmente, di modo che potessi esaminare il suo viso e i suoi capelli di un elegante grigio.
Si circondava di una particolare solitudine: non la vidi mai parlare né rapportarsi con alcuno. E una volta iniziato il concerto l’attenzione della donna diventava massima e non vi era momento che il suo sguardo abbandonasse, nemmeno per un istante, i gesti degli esecutori.
Leggeri ma percettibili movimenti del suo capo accompagnavano le melodie, quasi come solfeggiasse a mente la partitura. Come in estasi, accompagnava i movimenti dei violinisti, il rincorrersi delle dita del pianista e nulla, nulla davvero turbava il suo stato di rapimento, come respirasse all’unisono con gli artisti.
Nelle pause di intermezzo, cessata la musica, ritornava ad una dimensione distaccata, limitandosi a fissare il vuoto, oltre il palco. Alla fine del concerto, dopo aver concesso un sorriso a chi le era seduto a fianco, si allontanava austera, con passo deciso, senza indulgere all’intrattenimento con alcuno, cosa che accadeva invece a gran parte degli altri spettatori, che gradivano rimanere a commentare o a pettegolare delle cose di paese.
Una di quelle sere, incamminandomi subito verso casa per l’ora tarda nella quale era finito il concerto, intravidi, nell’oscurità rischiarata da un lampione, quella figura signorile che si allontanava spedita avanti a me, precedendomi di qualche passo.
Dalla piccola pochette che teneva in una mano traboccava un oggetto, forse un’agenda o un libretto d’opera, che sobbalzando precariamente all’ondeggiare del suo incedere sui tacchi, finì per cadere a terra.
La signora non se ne avvertì per cui, nell’intenzione di avvisarla della perdita cercai di richiamare la sua attenzione:
– Signora… signora, la prego si fermi, guardi che ha perso una cosa – dissi a voce alta.
Non ebbi risposta. Allora alzai il tono, ripetendo le mie parole, ma nulla. La donna procedeva svelta senza curarsi del mio richiamo.
Accelerai con forza, accorciando lo spazio tra lei e me, raccolsi a metà strada l’oggetto caduto e dopo averla finalmente raggiunta le appoggiai la mia mano sulla spalla per riconsegnarle ciò che aveva perduto.
Ella si fermò e si voltò, spaventata per quella improvvisa intrusione. Io le sorrisi mostrandole l’agenda e dicendole: questa è sua, signora, le è caduta poco dietro!
I suoi occhi azzurri vivissimi incrociarono i miei ma la donna non proferì parola. Rimanemmo per qualche istante immobili, viso a viso. Poi la signora alzò una mano verso il suo orecchio e con un gesto inequivocabile mi fece capire che non era in grado di udire.
Rimasi basito. Quella signora mi palesava la propria sordità. La cosa aveva dell’inconcepibile! Una persona che avevo per sere intere osservato ascoltare tutti quei concerti come poteva trovarsi in quella situazione di mancanza del senso necessario?
Eppure il suo guardarmi, con la bocca chiusa e senza batter ciglio, non faceva che confermarmi quanto mi aveva esposto, col suo gesto, appena un istante prima.
La signora rilassò il viso, capì il mio stupore, prese l’agenda dalle mie mani e appoggiandosi al tetto di un’auto parcheggiata a lato della via, dopo aver estratto una biro dalla borsetta, vi scrisse alcune parole; poi alzò la pagina aperta e me la mise poco sotto il naso, invitandomi, con un cenno del viso, affinché io leggessi quanto aveva scritto:
Caro signore, la ringrazio; non si stupisca; io non sento, ma vedo; e ciò è per me sufficiente per sentire la bellezza della musica che, nel passato, ebbi modo di conoscere.
Poi mi sorrise, fece un gesto del capo per congedarsi, si voltò e riprese il suo cammino.
Retrocessi sui miei passi, stupito di quell’inusitato frangente.
Poi riflettei che, tutto sommato, anche il buon Beethoven in sordità totale aveva composto la nona sinfonia e che in verità… in verità, non c’è bisogno di possedere tutti i sensi per percepire la bellezza.
Giampietro Lazzari
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