SEZIONI

28 maggio 2024

GAIA'S CORNER #8 - Nightclubbing (1981) - Grace Jones

Nightclubbing (1981)

Ostriche, androginia e schiaffoni

L’attesa che il meteo si sistemi da ancora modo di fare quattro salti al chiuso. E nella disco quella storica andiamo a pescare una signora molto conosciuta ma sempre sorprendente.

11 Maggio 1981.
La divina Grace Jones consegna ai posteri la sua quinta fatica, Nightclubbing.
Già conosciutissima come modella e come cantante disco, in questo album pone un punto di svolta nella sua produzione e cambia il suo repertorio. Il disco è quasi interamente di cover, eccezion fatta per un paio di tracce dove firma attivamente i testi. Personalmente ero ferma alle celeberrime Feel Up e I’ve Seen Your Face Before (Libertango): la prima è una perla conosciutissima per gli estimatori dell’afro funky, la seconda potrebbe essere considerato il suo marchio di fabbrica con la quale ha scalato le classifiche europee.


Anzi, potremmo partire proprio da questo marchio di fabbrica. Le percussioni reggae si tarano sul tango, la tastiera che accompagna l’intero disco scandisce la traccia con andamento sinuoso e la voce nell’intermezzo centrale diventa parlato dai toni profondi, anticipando quello che troveremo ne La Vie en Rose successivamente. La profondità del suo timbro scandisce in francese quanto di torbido e oscuro puoi trovare nei sobborghi di una ipotetica Parigi, magari  nelle ombre di Pigalle aggiungo io, passato il tramonto cercando passione a poco prezzo. Ricordando che il tango non è roba da vecchi o semplice balera, ma è soprattutto languore.


Grace firma anche Pull Up To the Bumper. Una donna, di colore, che parla (forse) di sesso anale, nel 1981? Apriti cielo. Ora, la signora avrebbe dichiarato che il riferimento diretto a tale pratica non era necessariamente vero. E, considerando che l’ultimo che ha provato a mettere la Graziella in un angolo ha preso due schiaffoni in diretta TV, io le credo!
Al di là di ciò, è un altro portentoso singolo estratto dall’album e un’altra fototessera della cantante. Il sesso è tutt’altro che implicito nella disco music, ma la nostra pantera lo cavalca con decisione a disco morta e sepolta e la sua voce basta e avanza come suadente trapano, figuriamoci se ti dice di accostare al suo paraurti.


Prezioso anche il suo modo di fare cover. La title track è una cover di Iggy Pop, nell’originale dai toni sbilenchi come una discesa all’inferno della perdizione. La signora riveste la stessa con toni reggae, ma senza snaturarla. Al netto delle due interpretazioni, se pur differenti, la sensazione è sostanzialmente la stessa. È un interessante modo di reinterpretare, che non ha grandi precedenti, specie femminili: dopo due/tre decenni di grandi interpreti del gentil sesso, qui non si aggiunge contenuto, ma una forma ricca, ragionata e rispettosa.


In ultimo la copertina. Taglio maschile,  completo Armani nero maschile, sigaretta e sguardo di ammaliante menefreghismo. La comunicazione della Jones ha il sapore di un’ostrica prelibata: il contrasto dell’androginia che sulla carta non invoglia ma che subito dopo esalta una femminilità tanto giunonica e imponente quanto innegabile


Credo che la signora non me ne vorrà se mi fermo qui, c’è abbastanza per correre all’ascolto direi e casomai all’acquisto del vinile da aggiungere alla vostra collezione (come ho fatto io).

Gaia Beranti




26 maggio 2024

Mathias Mocci, alias Fustikale, Ω Preghiera per una Fine

  Mathias Mocci  

 alias Fustikale 

Ω Preghiera per una Fine

 


 

Fustikale: in sardo significa ortica, pianta dal carattere parecchio deciso, trattala bene, abbine cura e sarà con te benefica, trattala male o con disattenzione e sarà estremamente urticante. Fustikale è anche un nickname, un nome d’arte dietro al quale sta Mathias Mocci, fotografo, videomaker, cultore della letteratura e dell’arte Goth, esperto di tanatologia, condivide con Lady ϴάνατος un rapporto di profondo dialogo.

 

Il macabro, i colori scuri, l’analisi della simbologia del cadavere nei secoli e nelle varie culture, non sono altro che un mezzo per interrogarsi sul ciclo continuo di vita e morte, sul senso dell’esistenza, che trova la sua ragion d’essere nella scienza, e della morte che pare invece appartenere ad un mondo altro, fatto di paura, mistero e spiritismo. Ma vita e morte non si possono scindere, sono tasselli dello stesso puzzle, non si vive senza morire e non si muore senza avere vissuto. Ed ecco che la morte, coi suoi aspetti più cupi ed inquietanti diventa il mezzo in assoluto più naturale per esorcizzarne la paura, guardarla a fondo, toccarla, coglierne il lato lugubre, spettrale e spaventoso ci rende consapevoli che la morte non è una realtà indipendente, non è l’opposto della via ma una parte integrante di essa. La vita di qua, la morte di là, se sono da questa parte non posso essere da quell’altra, è ridurre a concetto astratto anche la vita stessa di cui la morte altro non è che fetta, spicchio, frammento, brandello, lembo, sezione, segmento.

La cultura Goth rifiuta l’infinito circolo vizioso del vivere vita e morte come un’antitesi angosciante e accetta quest’ultima come parte di una esistenza da vivere, anche e proprio, in funzione del suo esito finale; non è facile accettare la Nera Signora come un aspetto naturale dell’essere e non come la sua negazione, ma come dice Mathias, Goth si nasce.
 


Autore di svariate opere grafiche, fotografiche e video Mathias, alias Fustikale, più che dalla morte è angosciato dal male che si manifesta tra, e quasi sempre per mano, dei vivi. Il suo ultimo corto “Ω preghiera per una fine” affronta l’eterna lotta tra bene e male ed è frutto di una lunga gestazione perché non voleva essere qualcosa di scontato che scadesse nella retorica o in quei luoghi comuni triti e ritriti che anche un mediocre fabulatore rifiuterebbe. A un tratto, l’aggravarsi del quadro mondiale gli è di ispirazione ed ecco tradotta in immagini questa ormai miserrima condizione in cui annaspa un’umanità non più degna del suo nome. L’occidente cammina sul viale del tramonto e dimostra di non essere in grado di fronteggiare le sfide (pandemie, recessioni economiche, politiche bellicose), l’oriente da una parte stretto in guerre e massacri senza fine e dall’altra realtà emergente dalle fauci spalancate e fameliche e infine il mondo intero, privo di qualsivoglia soluzione che guarda immobile e aspetta, quasi si trovasse in una pièce dell’assurdo di Beckett o Ionesco. Se invece restringiamo il campo e guardiamo appena fuori dal nostro cancello, vediamo passare, come in un super8, immagini di repressioni a fronte di manifestazioni di protesta e di rifiuto di pensieri omologati, a discriminazioni davanti alla diversità, alla messa al bando dei diritti fondamentali, all’alzata di bandiera in nome di miti ormai obsoleti come la razza, la difesa dei confini o la patria. Sono questi gli spunti che a un tratto dipanano la matassa:
 


Con questo video Voglio passare l’inquietudine di un incubo, l’immagine di un’umanità immobile a un passo dall’omega, di un mondo avverso, non più ospitante che sopravvive su strati di cenere e vermi. GOTH si nasce! È una predisposizione dell’anima, una forma mentis che concede, a chi la possiede, di apprezzare e vedere la vita e il mondo attraverso un’ottica lontana dal pensiero comune. L’attrazione per il macabro, la riflessione continua sull’esistenza e sulla morte, la predilezione per i colori scuri, sono solo la punta dell’iceberg di quello che viene chiamato Goth o Dark. Attratto sin da bambino, ho iniziato a interessarmi sempre più alla letteratura, al cinema, alla poesia di questa corrente fino alla mia tesi di laurea magistrale dedicata niente meno che alla Nera Signora. Questo mi ha dato modo di focalizzare la mia attenzione sulla cultura goth(ica) che vivo come possibile via di fuga dalla negazione e dalla paura della morte e mi permette di esorcizzarla.
 


Il video d’estremo effetto, è un susseguirsi di immagini che si rifanno a una sacralità inquietante e profana, ad altre che richiamano la natura devastata da inquinamento, sporcizia e modernità, l’umanità schiacciata dalle guerre, dal denaro e da un ambiente divenuto tossico e maleodorante. Mentre una musica ecclesiastica e corale lascia il posto ad un‘altra dal ritmo ancestrale, dai toni crescenti e dai suoni gutturali e tribali, le immagini, via via più angoscianti, vi danzano sopra in un crescendo macabro e ansiogeno fino a che il pathos raggiunge l’apice massimo……… e poi stop! Mentre il cuore di chi guarda sta ancora battendo in gola, i cori riprendono e il video si conclude esattamente come era iniziato.

Mathias non è solo autore ma è anche interprete di un personaggio trino, incapace di muoversi se non a scatti, autolesionista in cui sacrale e demoniaco convivono quasi in una sorta di compiacimento. Preghiera per una fine avvenuta o per scongiurarla? Invito a reagire o fotografia di una rassegnazione collettiva? Il video non dà risposte, è solo una sublime costruzione di come l’autore vede il mondo, è lo specchio impietoso di una realtà alienante e distruttrice di cui siamo genitori ma che non sappiamo guardare o non vogliamo vedere. Noi, minuscoli esseri ipocriti e incoerenti che gridiamo il nostro SÌ alla vita, altro non siamo che spietati assassini o vili suicidi. Il video non è solo una carrellata di immagini potenti, è un’opera potente artisticamente, costruita con maestria, ricca di allusioni, di metafore e di figure retoriche che arriva come un pugno, stordisce e scuote La ribellione del dolce animo dark di Mathias Mocci è un invito a guardare attentamente chi siamo, una forte preghiera artistica che ci supplica di fermarci.

Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il Principio e la Fine

 



Ma chi è in realtà Mathias Mocci?

Laurea in Beni Artistici, Cinematografici, Teatrali e Nuovi Media, (tesi su Pinuccio Sciola, un importante artista contemporaneo), magistrale in Storia Critica e Organizzazione delle Arti e dello Spettacolo con tesi dal titolo “La morte nell’età contemporanea tra occultamento, ostentazione e estetizzazione”.
Durante il periodo universitario la passione per la fotografia, il video-making e per tutto ciò che riguarda la costruzione, la cura e l’attenzione all’immagine, per usare le sue parole, lo portano a credere che tutto questo possa diventare un mestiere, una professione.
Il mezzo di comunicazione preferito è il video, espressione che approfondisce attraverso ulteriori esami universitari relativi al cinema e ai nuovi media, corsi di regia e blogger.
Nel 2017 viene selezionato come videomaker per partecipare ad un percorso di alta formazione in cinema e documentario sperimentale, promosso dalla Cineteca di Bologna e dall’Università di Parma durante il quale realizza, assieme ai colleghi, il primo film documentario intitolato “Un mondo altro.
Iniziano le collaborazioni con vari studi e finalmente apre la sua partita IVA. Lui è Mathias Mocci, videomaker, fotografo, social creator, si occupa di comunicazione ed advertising per parecchi studi fotografici e pubblicitari, gruppi musicali, ditte, teatri (tra cui il Regio di Parma) e molto altro.


Mathias però non è solo questo, è un artista a cui non basta mai ciò che fa, un creativo instancabile e passionale che da sé stesso pretende sempre di più, ragione per cui la sua formazione artistica è un viaggio tutt’ora in itinere. A lato della professione c’è l’arte e l’attrazione per una particolare sua forma, il GOTH.
Mathias ha molte collaborazioni anche nella vicina Parma, tra queste vi è il progetto culturale Il Rumore del Lutto nato nel 2007 da un’idea di Maria Angela Gelati tanatologa e Marco Pipitone fotografo e DJ. Nell’ambito del concetto di tanatologia il progetto è destinato al dialogo e alla riflessione sul flusso continuo vita-morte attraverso il colloquio interdisciplinare e trasversale fra differenti ambiti.

Il Buffet Vittoriano, Quattro chiacchiere con Mathias Mocci (ilrumoredellutto.com)


L’originalità dell’iniziativa, ideata come un festival culturale, sta nel trattare il complesso tema della morte e del lutto proprio nei giorni dedicati alla memoria dei defunti, rendendone la ritualità più sentita e completa. I partecipanti danno vita ad un dialogo profondo e multiforme e, attraverso svariati modi di espressione, si aiutano reciprocamente ad affrontare e comprendere uno dei temi più difficili da digerire: la morte.

 


L’esigenza di raggruppare in un solo contenitore letteratura, cinema, viaggi, luoghi insoliti, ricette, make-up, foto, pensieri, tutti attrezzi del mestiere che Mathias ama e di cui si serve, si fa sempre più sentire. Nasce dunque Fustikale.com, uno spazio di condivisione, di riflessione e di scambio sulla cultura gotica anglosassone del 1700 dove già erano presenti temi quali la violenza, l’emancipazione femminile, la scienza, il progresso, la paura del futuro, ancora del tutto attuali.

https://www.fustikale.com/contus-de-forredda-podcast/

 

Che dire di più? Mathias Mocci è un giovane dolcissimo, colto, creativo e bello, innamorato dell’arte, sempre alla ricerca di risposte e sommerso di domande, interessato alla morte che vede come completamento del ciclo vitale e che auspica come luogo di pace, affamato di vita, deciso a vincere le paure sue e degli altri, a sperimentare e a condividere. Un professionista della comunicazione, un altro dei tanti giovani artisti di casa nostra, sempre in divenire e che ha ancora parecchio da dare.

Giovanna Anversa

 

REBIRTH 3.0



Qualche traccia per chi volesse approfondire e seguire Mathias Mocci:


fustikale@gmail.com

http://www.mathiasmocci.com/

https://www.fustikale.com/
 
 

24 maggio 2024

Mad One SPRING BREAK! 25 Maggio Sabbioneta Über Alles

  Mad One SPRING BREAK!  

25 Maggio

Sabbioneta Über Alles

Da città d'arte ad epicentro punk per un giorno. Jello Biafra potrebbe a buon diritto riadattare il vecchio inno dei Dead Kennedys (California Über Alles) alla Città Fortezza.

Un blitzkrieg punk, per dirla coi Ramones, una "guerra lampo" di musica, una giornata free-entry per immergersi in un mondo che non è così effimero come potrebbe sembrare.

Stefano Superchi

 


"Nell’estate del 2022 mi trovavo al concerto degli Offspring al Carroponte di Milano immerso in una atmosfera che mi mancava da tempo: un festival punk rock!. Nonostante fosse un giorno infrasettimanale, se non ricordo male martedì, mi è sembrato di essere in ferie da giorni e di averne a disposizione ancora molti! E allora mi sono detto: ma cavolo, questo è il mondo in cui MAD ONE deve vivere, questo è il mondo in cui son cresciuto e questa è la gente che voglio intorno a me! Da lì l’idea e l’esigenza di un festival punk rock con la nostra birra a celebrare la festa. Ad agosto 2023 incontro il manager artistico Andrea Federici, che grazie alla sua esperienza, contribuisce a rendere possibile il Mad One SPRING BREAK. Diversi lunghi mesi di lavoro e contrattazioni hanno dato vita alla line up, alla grafica, alle strategie di lancio e promozione dell’evento. Va detto che senza Nicola Mozzina (social media manager), Andrea Bandini (manager area grafica), Emanuele Piseri (manager Tecnico) e Michael Galli (manager Food&Beverage), tutto questo non sarebbe stato possibile, un team fantastico che ringrazio !” (Nicolò Daolio)

Spring break negli Stati Uniti è la vacanza post esami che gli studenti del college aspettano per rilassarsi e ricaricarsi dopo un anno di duro studio. Ma Spring break a Sabbioneta?!? Immaginate che al posto di dure sessioni d’esame ci sia un inverno grigio, umido e tetro un inverno di quelli padani, con nebbie, ghiaccio e piogge che spengono l’entusiasmo e intristiscono gli animi.

Ora pensate che quegli studenti siano centinaia di ragazzi e ragazze che, desiderosi di vacanza, ingolositi dal primo sole primaverile, si riversino nello Spalto Bresciani, nella piccola Atene, coccolati dalla fresca birra di Mad One e dal suo cerimoniere Nicolo Daolio! E ora immaginate che sia tutto vero: il 25 Maggio, presso lo Spalto Bresciani a Sabbioneta, una line up trasporterà i presenti in un excursus musicale della scena punk rock italiana. Ad esibirsi nuove realtà emergenti come I like Allie, Sludder e i “local” T.F.V., alcune delle band girovaghe come gli “irlandesissimi” Uncle Bard & The Dirty Bastards e Svetlanas, per culminare con due mostri sacri: i Persiana Jones e i Punkreas, che tornano, dopo qualche anno di assenza allo Spalto con un nuovo lavoro.

Sarà Leonardi Visioli, talento casalasco in continua crescita artistica, ad aprire il pre-party all’interno dell’area Beergarden mentre dalle 16 prenderà il via il main stage fino a tarda sera; infine, in chiusura, un after-show dei portavoce del verbo punk rock della zona e il dj set del Pop Punk Mosh Party.

In tempi in cui pure l’aria ha un prezzo – concludono gli organizzatori – noi si va controcorrente per cui l’intera giornata è ad ingresso libero, per rendervi impossibile non salire sul carro del Mad One Springbreak!

Giovanna Anversa

 

 12.30 LEONARDO VISIOLI

 

16:00 I LIKE ALLIE


17:00 SLUDDER

 

18:00 T.F.V.


 
19:00 SVETLANAS


 20
:20 UNCLE BARD & The DIRTY BASTARDS


 
21:40 PERSIANA JONES

 

23:00 PUNKREAS

 

  ...closing POP PUNK MOSH PARTY



 more info



23 maggio 2024

PAZ! - Andrea Pazienza, la rockstar del fumetto italiano

   PAZ!  

Andrea Pazienza, la rockstar del fumetto italiano

Nasceva oggi a San Benedetto del Tronto, 23 maggio, nell’anno 1956 l’artista più geniale ed innovatore del fumetto italiano: Andrea Pazienza.


Andrea Pazienza è stato definito il "Mozart del fumetto". Le sue tavole "capolavori di letteratura disegnata". Non solo un artista, ma un grande autore in grado di raccontare in presa diretta la sua generazione piena di contraddizioni. Dagli anni di piombo del 1977, alla società effimera degli anni '80, le sue opere vengono pubblicate in un periodo storico molto conflittuale per l’Italia.
Paz era pittura, disegno, pennarello, pennello, parola, assurdo e comicità, verismo e fantascienza, lettura sociale e politica senza impegno. "Il più radicale dei fumettisti italiani". Il suo talento, il genio, le opere, le dipendenze, la bellezza, la morte giovane lo hanno consegnato alla dimensione del mito.


Lui e Pentothal, Zanardi, il suo Pertini, Astarte e Pompeo: sono stati delle insant legend. Andrea Pazienza è stato ed è rimasto l’indiscussa rockstar del fumetto italiano. Precocissimo, un maestro a vent’anni. Maledetto, morto a 32 per un’overdose di eroina. Una traiettoria da club dei 27 insomma, geniale e tormentata, maturata negli anni 70 dell’impegno e delle tensioni politiche e sociali, sfociata negli anni 80 del disimpegno e dei fumetti che cambiavano. Per stile, personaggi, trame Paz è stato un precursore, un artista poliedrico: disegnava come un essere umano può parlare, o camminare o respirare, senza alcun dogma, nessun paletto. 



Era nato il 23 maggio del 1956 a San Benedetto del Tronto. Si chiamava: Andrea Michele Vincenzo Ciro Pazienza. Padre pugliese, insegnante di educazione artistica e pittore acquarellista, “il più grande acquarellista vivente” secondo il figlio. La madre Giuliana, insegnante anche lei. Un fratello e una sorella più piccoli. “Disegno da quando avevo 18 mesi, so disegnare qualunque cosa in qualunque modo”. 

Era cresciuto a San Severo, in provincia di Foggia. Due insegnanti del liceo artistico Giuseppe Misticoni a Pescara lo lasciarono libero di sperimentare con la sua creatività, sempre a Pescara – dov’era arrivato a 12 anni – conobbe Tanino Liberatore.

La redazione di Frigidaire al completo, nel febbraio 1982. In piedi da sinistra: Tanino Liberatore, Vincenzo Sparagna, Filippo Scozzari e Massimo Mattioli; sotto: Stefano Tamburini e Andrea Pazienza.


Onnivoro, passava dai classici russi al Cabaret Voltaire, corteggiatissimo dalle ragazze, molto legato alla sua classe, figlio d’arte, faceva caricature a tutti.
Dal punto di vista tecnico – ha raccontato il docente Albano Paolinelli – aveva difficoltà a creare pieni e vuoti, riempiva i fogli all’inverosimile. Per questo lo rimproveravo spesso. Ed era guerra aperta. Altre volte ti costringeva per sfinimento a sperimentare tecniche filmiche e di animazione: in quel periodo producevo cinema d’artista e lui era molto interessato. Fu così che nacque un corto, Narciso, in cui Andrea oltre a realizzare i titoli di testa fu anche interprete. Un vero Narciso”.



In una intervista, Marco Peroni racconta Andrea Pazienza con particolare riferimento alle opere del decennio 1977-1988.

Mai tornare indietro, neanche per prendere la rincorsa - Andrea Pazienza, Le straordinarie avventure di Pentothal


Andrea Pazienza esordisce nel 1982 con "Le straordinarie avventure di Pentothal", ha 21 anni ed è uno studente del Dams di Bologna, una delle città simbolo del Movimento di controcultura giovanile di quegli anni. Nel 1980 sul mensile Frigidaire, Pazienza crea il personaggio Zanardi, un liceale violento e senza ambizioni, protagonista di perfide avventure con gli amici Petrilli e Colasanti. Andrea Pazienza, realizza anche le indimenticabili serie Paz e Pert, dove il presidente della Repubblica Sandro Pertini è ritratto nelle vesti di un vecchio partigiano sempre in azione, affiancato dal goffo aiutante Pazienza. Con l'opera "Gli ultimi giorni di Pompeo" (1987), quasi un diario personale dei suoi momenti bui ma che riguarda il disagio di una generazione, si chiude l'iperattività di Pazienza, morto per overdose nel 1988, a soli trentadue anni.

Gli esordi di Andrea Pazienza

Paz non era soltanto un grande disegnatore. Le sue storie erano sincere, oneste, dolci e spietate, senza alcun filtro. A 24 anni, nel 1980, era già un grande del fumetto. Le sue tavole di Pentothal erano uscite su Alter Alter dal 1977 e avevano conquistato perfino Hugo Pratt. Quel personaggio e le sue vicissitudini erano un resoconto della contestazione studentesca del 1977, quella che pretendeva “l’immaginazione al potere”. Bologna delle case dei fuorisede, dei luoghi occupati, degli universitari, degli incontri, delle droghe. Bologna dove Paz non aveva mai terminato il Dams, cui si era iscritto. “La prima storia di Pentothal, che è stata anche la prima che ho fatto in assoluto, è stata l’unica che ho fatto sentendola moltissimo. Questa storia mi fu pagata, e da allora non ho più fatto cose che mi intrippassero più di tanto. Anche perché non puoi farlo, sennò poi diventi la marionetta di te stesso”.
Ad Alter Alter aveva cominciato la sua avventura editoriale, in seguito aveva contribuito alla formazione della rivista Cannibale. Nel 1979 era entrato nella redazione romana de Il Male, dove aveva disegnato il Pertini Presidente partigiano. Pertini stesso chiese di avere un disegno di Paz, quello in cui Pertini è rattristato per il sequestro di Fabrizio De André, e invitò una delegazione de Il Male al Quirinale. Pazienza non c’era.


Per lui il fumetto stava diventando sempre più “qualcosa che si sta avvicinando molto alla letteratura. E non so se la letteratura significhi qualcosa in più del fumetto sulla scala dei valori. Se leggendo un racconto il cuore riesce a pulsare una volta in più o in meno, l’adrenalina circola per un attimo in maniera più o meno veloce, se le ghiandole secernono un liquido al posto di un altro, e qualche cosa in chi legge cambia io ho raggiunto il mio risultato, indipendentemente dalla morale finale, da se uno dice: mi è piaciuta o non mi è piaciuta la storia”.
Sulle pagine di Frigidaire, che contribuisce a fondare nel 1980, compare Massimo Zanardi, il “grande sovvertitore”, il protagonista che rappresenta l’incursione del Male, la fine del sogno collettivo degli anni 70. L’individualismo, il cinismo di un liceale senza pietà. “Zanardi è cattivo quanto può esserlo un’antenna Rai, è un ripetitore, riflette ciò che lo circonda, che in qualche modo è suscettibile di commuoverlo, la commozione non sempre è positiva”.

A questo punto Paz cominciava a essere amato ma anche invidiato dai colleghi.


La morte di Andrea Pazienza

Si rifugiò nell’ultima parte della sua vita a Montepulciano, in provincia di Siena, dove sposò Marina Comandini. Forse spinto anche dall’isolamento che aveva cominciato a vivere a Bologna. Partecipò a un supplemento a strisce per Linus, su cui raccontò il suo viaggio in Brasile. Aveva provato a disintossicarsi. Una sera era arrivato in motocicletta a Roma, a casa della sorella, con in mano due biglietti per il concerto di Bruce Springsteen. La sorella rifiutò perché doveva sostenere un esame universitario: doveva studiare. Provava però un forte senso di angoscia, ha raccontato anni dopo.
Quella stessa notte, il 16 giugno del 1988, Andrea Pazienza moriva per overdose di eroina – anche se la famiglia non ha mai voluto rivelare le cause della morte. “Mi ritengo un pochino fortunata – ha detto la madre – rispetto alle altre mamme che hanno perso un loro figlio, perché Andrea non è rimasto soltanto nel mio cuore ma è rimasto nel cuore di tanti giovani che ogni anno lo scoprono e lo amano”. Un anno prima aveva pubblicato Gli ultimi giorni di Pompeo, struggente opera sul calvario di un tossicodipendente considerata da tanti un capolavoro insuperato e secondo altri un’opera premonitrice.



Fondamentalmente ci sono due tipi di storie: una la definisco storia arcobaleno. Tu sei in macchina e a un certo punto ho come una visione celeste, in un attimo ho tutta la storia davanti agli occhi. C’è un prologo, un corpo centrale e una coda. Non devo fare altro che andare a casa, sedermi e realizzarla senza bisogno di sceneggiature o di elaborare”. 


Le storie, i personaggi, l’hanno consegnato alla dimensione del classico. Quando Andrea Pazienza è morto aveva 32 anni e l’impressione di tanti fu quella di essere rimasti un po’ più soli. I marchigiani Gang, in uno dei tanti omaggi, anni fa gli hanno dedicato una canzone: “Non ti sei perso niente, Paz!”.





a cura di Stefano Superchi

21 maggio 2024

GAIA'S CORNER #7 - Bollicine (1983) - Vasco Rossi

Bollicine (1983)

Birra fresca, amaca e introspezione


Io e il tempismo ultimamente affrontiamo un momento difficile, è un mandarsi a quel paese continuo. Così, in questo perenne viaggiare col fuso orario di Mosca (ma anche Nuova Delhi), recupero un anniversario mancato con tante scuse.

Menzione doverosa nell’ introduzione a fatti recenti. Il Vasco nazionale ha ricevuto il XV Premio Vittoriale a Gardone Riviera, il tutto seguito e documentato dal “nostro” Francesco Argento che, con devozione meritata per un artista così importante per la nostra storia, racconta l’esperienza nell’articolo che gli ha dedicato Oglio Po News (LINK).


Ebbene, torniamo a noi. I fatti hanno fortuitamente conciso con un mio ri-ascolto più cosciente e non distratto di una pietra miliare del Blasco, del quale ricorre l’anniversario di pubblicazione (o meglio, ricorreva, si veda il citato mal tempismo qui sopra).

14 Aprile 1983, vede la luce l’album “Bollicine”.

Ora, così come l’artista e come le tracce più blasonate dell’album, i fronzoli di presentazione non sono cosa. Andiamo sereni e diretti: “Bollicine” e “Vita spericolata” le conoscete tutti, vuoi per le radio in gioventù, vuoi per i karaoke. L’intento non è parlare di questo, ma fare una riflessione nell’interezza dell’album se mai voleste (mi auguro) ascoltarlo per intero dopo questo pezzo.
Come chi ne sa ben più di me suggerisce e senza aver sviluppato chissà quale udito, l’album ha un moto ondulatorio che si sente benissimo. A me personalmente fa pensare all’andazzo di una sbronza. C’è il mini cicciolo dei freni andati e dell’intraprendenza a voce alta, c’è l’appoggiarsi al bancone e la contemplazione del vuoto in un caleidoscopio di giramenti, c’è l’irriverenza delle proprie considerazioni e il “vaffa” al perbenismo, c’è l’intimità di un ricordo dolce che guizza con un tenero rossore. La vicenda del personaggio Vasco nel 1983 è il ciglio di un burrone tra la consapevolezza di sè come artista e l’ombra dei suoi eccessi: “Vita spericolata” arriva ultima a Sanremo, ma arriva prima nelle coscienze di un pubblico più giovane e contemporaneo, traccia una strada per un nuovo stile, un cantautorato intimo e grezzo e quanto mai ermetico, stretto in tre parole ma denso di sensazioni, al confine tra il rauco e quasi stonato. Il famoso burrone, sul quale cammina, ma senza cadere.



 

Tutto mescolato in un disco, ma tutto in un unico trip. Niente stacchi, più un flusso di coscienza, che ti gratti in testa un attimo e il disco e il suo flusso son già passati e non te ne sei accorto, se non per la piacevolezza del suo scorrere. È la bellezza dei suoi musicisti: oltre al Solieri alla chitarra che non sbaglia, scopro un Dodi Battaglia in “Una Canzone per te”, il sax di Rudy Trevisi (in “Giocala” la coppia col basso guizzante è un intenso lungomare in treno al tramonto, sto in fissa), il collettivo di coro e musica nella solo strumentale “Ultimo domicilio conosciuto” è di un meraviglioso anni 80 metropolitano che “suscita ingordigia”.



Il disco, oltre che una personale scoperta, è una pietra miliare famosissima ma sarebbe meglio di più per altre ragioni meno battute. L’importanza dell’inno generazionale di “Vita Spericolata” è innegabile in un anno, il 1983, che è un crocevia tra la storia recente (ma passata) musicale, la sperimentazione sintetica spinta coi nuovi generi che ricalcano le nuove disillusioni. Grezzo ma sincero, diretto e senza fronzoli, è una domenica sera di fine maggio su un’amaca con birra fresca, senza filosofie ma solo contemplazioni, aspettando Steve McQueen.

Gaia Beranti


Vasco Rossi intervistato da Gianni Minà




18 maggio 2024

Cremona Contemporanea Art Week 2024

Cremona Contemporanea

Art Week 2024

Le novità, il programma, le cose da non perdere


È in programma dal 18 al 26 maggio la seconda edizione della rassegna che valorizza il territorio cremonese con l’arte contemporanea: sono 19 gli artisti scelti dalla direttrice artistica Rossella Farinotti 


Forte del successo della prima edizione, che ha registrato oltre 15mila visitatori, Cremona Contemporanea | Art Week torna a occupare gli spazi pubblici e privati del territorio, da sabato 18 maggio a domenica 26 maggio 2024, con una maggiore dimensione internazionale e una maggiore integrazione dell’arte contemporanea con il patrimonio locale. Saranno infatti 27 i luoghi – il doppio rispetto all’edizione precedente – tra palazzi storici, piazze, musei, gallerie, chiese, laboratori d’antiquariato, teatri, istituti, Università e luoghi in disuso, dove poter scoprire le opere di 19 artisti contemporanei. Attivi sulla scena internazionale, sono stati invitati dalla curatrice Rossella Farinotti a immergersi negli scenari del cremonese per animare questa rassegna realizzata con la sua direzione artistica e il coordinamento di CFAgency. 

Patrick Tuttofuoco, “Endless Sunset”, 2020-2021, Permanent Public Installation At Peccioli, Pisa Italy Ph. Andrea Testi Courtesy of the Artist and Federica Schiavo Gallery

I 19 artisti internazionali per la seconda edizione di Cremona Contemporanea

Thomas Berra, Federico Cantale, Victoria Colmegna, Lucia Cristiani, Luca De Angelis, Luca De Leva, Jeremy Deller, Roberto Fassone, Claire Fontaine, Francesco Gennari, Judith Hopf, Michele Lombardelli, Nevine Mahmoud, Jonas Mekas, Daniele Milvio, Ornaghi&Prestinari, Emma Talbot, Patrick Tuttofuoco, Zoe Williams sono gli artisti coinvolti per Cremona Contemporanea Art Week 2024. Durante la manifestazione, promossa dall’Assessorato alla Cultura di Cremona con la collaborazione della Provincia di Cremona, della Camera di Commercio di Cremona e di Confcommercio provincia di Cremona, è previsto un programma di appuntamenti per il pubblico tra talk, conferenze, performance, proiezioni e concerti aperti a tutti. Abbiamo chiesto alla sua direttrice artistica Rossella Farinotti di disegnare un ideale itinerario tra novità e highlight di questa seconda edizione.

Nicole Colombo, Museo Diocesano. Ph Andrea Rossetti



Intervista a Rossella Farinotti, direttrice artistica di Cremona Contemporanea Art Week


Quali sono i punti di forza di questa rassegna che l’hanno condotta con successo alla sua seconda edizione?
Quest’anno abbiamo ampliato la ricerca su diversi luoghi nuovi, di cui alcuni riscoperti e ripristinati per far dialogare gli artisti e le opere. Dunque, certamente un punto di forza è legato a questo aspetto: 27 location, tra pubblico e privato, tra antico e moderno, da scoprire attraverso le installazioni pensate appositamente dagli artisti.

Quali le novità di quest’anno?
Una novità, che sicuramente è un punto di forza, è il progetto Faville. Si tratta di otto progetti che hanno una propria vita, co-curati da noi, in collaborazione con artisti, gallerie, collettivi, che abbiamo invitato a stare in città per tutta la settimana.

In che modo?
Ad esempio, presso Palazzo Vidoni, dopo essere stati accolti da un’opera di Luca De Angelis dedicata a Cremona, e da alcune tracce scultoree di Zoe Williams, è stata allestita una raffinata mostra dedicata all’antico, curata dalle gallerie Longari e Cantore, per attivare un dialogo con l’antico e, in questo caso, la tematica femminile. Sempre in Faville, invece, dedicato ai giovani ci sono i Progetto Ludovico (Spazio Torriani, che ospita anche Galerie Conradi di Amburgo) e la collettiva No Future, curata da Ettore Favini e Triangolo, presso Palazzo Guazzoni, che ospita anche un progetto sul tessile di Roberto Amoroso. Per citarne alcune. 

Jonas Mekas, Requiem”, 2019, Installation view at San Carlo Cremona, Cremona, 2024. Courtesythe Estate of Jonas Mekas and Apalazzogallery. Photo credit Form Group

Quali sono le iniziative da non perdere?
Di highlight ne abbiamo tanti, forse tutti, se pensiamo alla cura con cui ogni singola installazione è stata pensata dagli artisti. Dai progetti diffusi di Lucia Cristiani, fino al percorso di Jeremy Deller, che mette in mostra, in due luoghi simbolici (Casa Stradivari e Palazzo Raimondi, sede dell’Università di Pavia) due suoi video ormai “storici” con due opere realizzate per Cremona Art Week. Francesco Gennari si trova in due luoghi riaperti da diversi anni, con un progetto speciale, e una traccia presso il Triangolo, dove ci sarà una mostra personale di Federico Cantale, presente anche in Comune. Ecco, diciamo che tutti gli artisti della Art Week sono da vedere, con la mappa e il nostro sito alla mano.


Claudia Giraud

l'articolo originale di Artribune 

il sito di Cremona Contemporanea Art Week 2024 

Cocco Bill e i salami parlanti

  Cocco Bill e i salami parlanti   Nel marzo del 1957 un nuovo strampalato fumetto debutta sulle pagine de “Il Giorno dei Ragazzi” , il nuov...