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12 gennaio 2024

RECENSIONI - Chiamami col tuo nome

Questa sera Giovanna Anversa ci parla di CHIAMAMI COL TUO NOME, il film del 2017 diretto da Luca Guadagnino, adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di André Aciman pubblicato nel 2007 dalla casa editrice Guanda.

IL FILM

Titolo: CHIAMAMI COL TUO NOME

Titolo Originale: CALL ME BY YOUR NAME
Regia:
Luca Guadagnino

Cast: Timothée Chalamet, Armie Hammer, Michael Stuhlbarg, Amira Casar, Esther Garrel, Victoire Du Bois, Vanda Capriolo, Antonio Rimoldi, Elena Bucci, Marco Sgrosso, André Aciman, Peter Spears, Walter Fasano

Anno: 2017

IL ROMANZO

Titolo: CHIAMAMI COL TUO NOME

Titolo Originale: CALL ME BY YOUR NAME
Autore: André Aciman

Personaggi: Elio Perlman, Oliver, Marzia, Sig. Perlman, Sig.ra Annetta Perlman, Viola, Mafalda, Anchise

Anno: 2007

 


CHIAMAMI COL TUO NOME - IL LIBRO

La storia narra dell’amore travolgente che nasce tra Elio e Oliver, adolescente il primo, più maturo il secondo, che si consuma in una estate nella riviera ligure e che li segnerà per tutta la vita.
Oliver è un ventiquattrenne statunitense di origine ebraica, ricercatore universitario alle prese con la sua tesi di dottorato, di bell’aspetto, simpatico, intelligente e spigliato, ospite in Italia presso la famiglia di Elio, il cui padre è professore di archeologia. Appena giunto dagli USA a Bordighera, nella villa che dà sul mare di proprietà della famiglia Periman, incontra per la prima volta Elio, giovane pianista, coltissimo, anch’egli, di origine ebraica. Si ha l’impressione che dal primo istante il fluido dell’uno si mescoli con quello dell’altro, dando vita a una immediata ammirazione reciproca che si tradurrà in un gioco di intesa mentale, timido corteggiamento e irrefrenabile desiderio.
L’amore tra i due nasce, cresce e si consuma tra gite in bicicletta, bagni in mare e in piscina, sguardi rubati, piccole attenzioni alternate ad apparente indifferenza. Nell'assolato paesaggio ligure di Montaliana memoria, nei suoi ritmi lenti, oziosi e assonnati, l’amore di Elio per Oliver aumenta e si intensifica con la stessa forza e lentezza dei ritmi afosi dell’estate, tra ridondanti tempeste interiori e dichiarazioni implicite, tanto che Oliver ne assorbe tutta la potenza e ne viene a sua volta travolto.
La natura, il sole, il mare diventano un Cupido inarrestabile e dispettoso che arreca ai due giovani emozioni che porteranno dentro per tutta la vita. Si tratta d’amore nella sua forma più alta, quando due esseri umani trovano nell’altro la propria ragione d’essere, un amore tra inevitabile ed eterno al di là delle circostanze e il fatto che avvenga tra due uomini appare del tutto irrilevante, se ne coglie solo l’intensità. Affinità elettive immediatamente percepite, paura e ansia di non essere abbastanza, desiderio incontrollabile, tipico del primo amore, che quasi arreca dolore fisico.
Un vero e proprio Sturm und Drang dell’anima e del corpo mentre attrazione e ammirazione reciproca crescono, “lui è meglio di me” “parce-que c’était lui, parce-que c’était moi”. Colti, sensibili ed empatici entrambi, diversissimi dalla massa, non certo per l’orientamento sessuale ma per la carica emozionale e la percezione del mondo, si prendono immediatamente ed entrano in un carosello di emozioni che nemmeno loro sanno decifrare. Si appartengono, e si appartenevano prima di conoscersi, uno era destinato all’altro. Sono una cosa sola, e non potrà mai essere così con nessun altro/a.
Nella descrizione del sentimento feroce che cresce in Elio si coglie che per Oliver è la stessa cosa, Elio narrando sé stesso narra Oliver che prova le medesime emozioni, sentono all’unisono, amano all’unisono, non c’è più Elio, non c’è più Oliver uno sta dentro l’altro. Aciman ferma la storia con il ritorno in America di Oliver a fine estate quando quell’amore è all’apice; ed è così che diventa eterno, immortale, irripetibile, non subisce nessun calo fisiologico ma rimane per entrambi l’unica vera storia d’amore, l’unica possibile. Nemmeno la distanza, la lontananza, le scelte di vita possono incrinare quel sentimento che va oltre l’amore e di cui entrambi sono consapevoli, non ameranno mai più così, si apparterranno per sempre.
“Abbiamo toccato le stelle tu ed io, questo accade una sola volta nella vita”
E’ un libro potente, davvero potente, grazie alla narrazione lenta e riflessiva di Elio il lettore è trasportato in una dimensione intima, all'interno della sfera emozionale di Elio, fatta di silenzi pregnanti e frasi non dette. È il racconto della ricerca della propria identità, la storia di un corpo che cambia, che scopre e risponde a nuovi stimoli, è il desiderio di espandere i propri orizzonti, è la scoperta di un mondo al di là del borgo di Bordighera, è la presa di coscienza della propria sessualità, di cosa significa amare e amarsi, di quale è il proprio posto nel mondo.
Attraverso l’amore e il dolore Elio diventa uomo e Oliver trova sé stesso in quell’amore pur vivendo per vent’anni una vita parallela. Call Me by Your Name è un’opera senza conflitti, la trama è semplice: nasce un amore estivo tra due ragazzi nel nord Italia. Alla riviera ligure, dov’è ambientato il romanzo di André Aciman, Luca Guadagnino, che ne ha tratto il film, ha preferito il luogo in cui ha vissuto per anni: Crema e l’Italia minore fatta di fontanili, campagne e bar di provincia dove i vecchi giocano a carte e il tempo scorre lento. Non è una storia gay non ci sono melodrammi o vittimismo, è un libro di formazione che racconta l’amore, l’adolescenza e il tempo perduto. Nel bel mezzo dell’estate del 1983 arriva “l’usurpatore” a cui Elio, cede la sua stanza, il suo corpo e la sua anima.
 

CHIAMAMI COL TUO NOME - IL FILM

Guadagnino sposta magistralmente la scena dalla Liguria alla campagna lombarda, da Bordighera a Crema e dintorni.
I personaggi, in un ambiente sicuro e protetto, la villa di casa Perlman e la campagna assonnata della bassa, scoprono un nuovo sé col quale fare i conti, al quale dare o togliere voce per sempre. È in questa rete che si trovano Elio e Oliver, è in questo groviglio che il loro studiarsi diventa un reciproco gioco al rialzo, una sfida a uscire allo scoperto e a smettere di rimuginare su una verità ormai inevitabile.
La campagna, con la sua canicola, i suoi frutti succosi e i suoi ritmi sempre uguali, è il luogo del risveglio dei sensi. Se André Aciman è il re dei rovelli mentali, di quel lavorio della mente che i personaggi attuano per comprendere ciò che accade loro, per interpretare i comportamenti dell’altro, presente in quasi tutto il libro non è lo stesso per Ivory che di tutto il minestrone di pensieri e ipotesi, dubbi e speranze, fantasie erotiche e sentimentali che si agita nella testa di Elio, fa piazza pulita.
Sceneggiatore e regista riducono il percorso interiore del personaggio, la battaglia strenua che sta combattendo col proprio corpo e col proprio spirito, a un gesto o a una situazione: la quieta masturbazione su un letto, uno sguardo di sottecchi, il guardarlo ballare, l’impossibilità di prendere sonno. L’attrazione che Elio prova per Oliver non si affida quasi mai alle parole al contrario è mimetizzata: le motivazioni profonde che sono dietro l’agire di Elio sono affidate alla capacità di lettura dello spettatore. Ivory e Guadagnino fondano l’opera sul principio che sotto l’impeccabile superficie delle cose scorra la lava incandescente delle umane passioni.
La favola sull’impossibilità di esprimere l’amore che legge Annella, è un altro segnale: perché quel cercarsi di Elio e Oliver è nell’aria, è visibile come una pesca che pende da un ramo e che si coglie o l’albicocca di cui si discute l’etimologia, è recepito da tutti, anche dai genitori di Elio che hanno già capito. La rivelazione non sta nel dichiararsi o nel sospirato, attesissimo bacio, la chiave di volta è in uno scambio che sembra quasi marginale, nella scena più bella del film, quella cruciale che vede i due protagonisti nella piazzetta del paese, muoversi attorno al monumento ai caduti. Guadagnino nel momento di maggiore esposizione emotiva, tiene gli attori distanti, divisi dal monumento per allentare la tensione e l’imbarazzo e mette in evidenza la portata dei sottintesi che celano le parole dei due, mentre si muovono a distanza per poi ricongiungersi: «Don't go anywhere. Stay right here.» «You know I'm not going anywhere.» 
Ivory al massimo della sua sottigliezza, usa frasi brevissime che contengono però l’ammissione della propria incapacità di sottrarsi al fuoco che brucia, il denudarsi capitolando e il denudare anche l’altro. Perché chi dice che non va via, che resta lì ad aspettare, dice anche che l’altro lo sa. Guadagnino dal canto suo disegna il misto tra attrazione e distanza, il cercarsi muto dei protagonisti, componendo le immagini specularmente: la messa a fuoco di Elio è la sfocatura di Oliver, e viceversa.
Inoltre, Guadagnino ricostruisce un terreno sentimentale, idealizza la sua memoria: questo romanzo di formazione celebra un ricordo, un’epoca del cuore, ricrea un mondo personale. Inscena il tempo perduto e un passato assoluto: per questo la storia tocca così indistintamente, perché, d’accordo l’omoerotismo, ma qui si parla della purezza dell’impulso a essere sé stessi, qualunque cosa l’assecondarlo comporti, della volontà, non intaccata da riflessioni di circostanza, del non rifiutarsi nulla, del vivere fino in fondo ogni brivido. Si parla, insomma, della preziosa incoscienza dell’età verde, di quel «perenne amare i sensi e non pentirsi.»
Forse la giovinezza è solo questo, una stagione della vita, un inno a quell’uso e abuso di un cuore che si consumerà presto, di un corpo assetato di piacere che, ora giovane, con gli anni nessuno guarderà più (vedi il discorso finale del padre di Elio). La passione di Elio, la musica suonata al pianoforte, i libri che sfoglia, le canzoni in voga, i rumori (splendida la presa diretta dei suoni della casa - quegli echi nei corridoi, così veri - e di quelli delle stradine del paese) sono marchiati dal suo sentire; ciò che gli accade dentro impregna ogni dettaglio di quell’estate e ogni dettaglio di quell’estate racconta di ciò che gli accadde, è una simbiosi inscindibile che Guadagnino, investendo il suo personale (non solo geografico, evidentemente), rende con la sobrietà di registro che il tema reclama.
 

SIMBOLI
IL TEMPO è il metro di misura di tutto, a partire dallo sviluppo della relazione stessa: il tempo che corre lento come le giornate estive e come la crescita del sentimento, ma che rispetto alla data di scadenza, dopo che l’amore ha preso il sopravvento, va fin troppo veloce. Il tempo fatto di momenti che fuggono via troppo presto, dell'imprescindibile mutamento di ogni cosa (non a caso uno dei filosofi amati da Oliver è Eraclito), di ciò che avrebbe potuto essere, ma che non sarà, di “questa cosa che quasi non fu mai e che ancora ci tenta”.
E tuttavia c'è qualcosa che resta, qualcosa che il tempo non potrà mai cancellare. Il romanzo di Aciman è un rievocare proustiano e melanconico del tempo perduto, è un ricordo nostalgico di ciò che è stato e che ancora è nonostante i decenni vissuti separati.
L’ARTE è uno dei tramiti della passione dei due giovani e ne sono espressione le statue con «la loro ambiguità senza tempo», Eraclito, tutti agenti trasfiguranti che riflettono gli umori dei personaggi alludendo a quelle passioni che, bruciando sottopelle, finalmente si animano. I riferimenti all’arte classica, al corpo scolpito come sfida a bramarlo sono di Ivory: non ve n’è traccia nel libro.
L’attrazione tra i protagonisti è ancora sommersa, quando a Sirmione viene recuperato dalle acque del Garda un busto bronzeo (un nudo maschile, non è certo un caso) trionfante di bellezza; Oliver che scorre il dito sulle labbra della statua mentre Elio lo osserva, è il desiderarsi che viene a galla. E il braccio della statua li avvicina fatalmente dopo uno screzio: l’arte è mezzo esplicito che dischiude ai sensi e alla coscienza un mondo di sensazioni sconosciute o inibite che chiede di essere esplorato.
L’AFA E L’ACQUA sono intrecciate con il tempo. L’aria è così calda che sembra difficile muoversi. I ruscelli, le pozze d’acqua, i micro-laghi, le cascate nel film e il mare e la piscina nel libro, sono oasi in un deserto di dubbi. Un caldo che rallenta i movimenti nella prima parte e funge da colla nella seconda, quando finalmente Elio e Oliver hanno deciso di abbandonarsi alla carne; oltre che di notte i due si rifugiano nella stanza di Oliver ogni pomeriggio, quando il caldo picchia più forte e il mondo è immerso nel torpore dato dalla canicola.
CHIARA E MARZIA sono flirts di passaggio, strumenti di misurazione non solo dell’orientamento del proprio desiderio ma dell’amore e per chi lo realmente lo si prova.
 
LE STAGIONI l’estate segna l’inizio, l’autunno la fine.
LA PESCA frutto dalla forma allegorica, con la sua stratificazione (la buccia, la parte tenera della polpa, il nocciolo, che rappresenta l’evolversi di questa storia) diventa il simbolo del frutto proibito che Elio usa per rivivere le sensazioni della notte passata con Oliver, della loro unione di cui sente stremo bisogno di replica.
 
 
ENTRAMBI EBREI un tratto quasi distintivo tale da isolarli dal mondo, un segno di comune appartenenza.
VIOLA (solo nel libro) bimba vicina di casa, malata di leucemia, trait-d’union tra Elio e Oliver il quale passa con lei tante ore e le racconta del suo amore per Elio, sarà lei a tranquillizzare Elio e rassicurarlo che Oliver è pazzo di lui.
LUOGHI
Una delle particolarità del romanzo è la totale vaghezza nella descrizione dei luoghi. Ad esempio, del borgo non viene assolutamente fatta menzione, anzi, viene citato solo la sua iniziale anche se sappiamo trattarsi di Bordighera. La descrizione del luogo fa da cornice al loro amore, all’ansia di Elio di sentirsi rifiutato e a quella di Oliver che non vuole cedere a una passione che in America non potrebbe permettersi. Il mare, il sole, il sale, i corpi ambrati, sudati e nudi, i pomeriggi lunghi e afosi, le notti calde, la piazzetta del borgo sono tra gli ingredienti dell’estasi dei due amanti così come lo sono Crema e la campagna circostante nel film.
 

 
CONCLUSIONE
Il romanzo non ha tratti moralistici, né intende lanciare messaggi particolari. Si tratta semplicemente di un romanzo sull'amore, tematica principale senza ombra di dubbio.
Il fatto che sia un amore omosessuale poco importa. Quel che è certo è che ciò che lega Elio e Oliver è talmente forte da durare nel tempo e da scavalcare ogni cosa: matrimoni, convenzioni sociali, figli, legami di varia natura e la lontananza. Il modo in cui André Aciman affronta il tema dell'omosessualità è però degno di nota: non ci sono pregiudizi da parte dell'autore, né rimarcature del fatto che possa trattarsi di “un amore diverso” perché, in effetti, diverso non lo è per nulla. La storia è molto profonda, gioca tutto sul detto e non-detto, il che le conferisce anche una certa suspence.
La scelta di raccontare un amore omosessuale è azzeccatissima, perché percependo solo il forte sentimento viene ridotto lo stigma che, a quanto pare, ancora sussiste. Elio e Oliver, infatti, si separano perché fuori dal contesto ovattato di casa Perlman c’è una società non ancora pronta e a cui Oliver non ha il coraggio di ribellarsi. Elio lo sa, lo capisce e lo perdona, anzi si preoccupa per lui perché sa quanto questa non-scelta lo faccia stare male.
Nonostante la storia abbia luogo negli anni '80, i genitori di Elio appaiono molto aperti, sia culturalmente sia mentalmente. Non solo sono molto accomodanti verso Oliver e i suoi modi di fare un po' strambi ma capiscono immediatamente l’effetto che ha sul loro figlio, si accorgono della nascita di un sentimento forte e lo proteggono, permettono che venga vissuto fino all’ultimo minuto che i ragazzi hanno a disposizione, in totale tranquillità, costruendo attorno a loro un nido sicuro e protetto.
E sono pronti anche al dolore di Elio, pronti ad aiutarlo a raccogliere i cocci. Nessuno stigma da parte loro, solo intelligenza, accoglienza ed empatia, comprendere che il rapporto tra il loro giovane figlio e Oliver è molto più profondo di quello che sembra e per questo non deve essere ostacolato. In tutto questo il lettore attento può cogliere quanto peso abbia la cultura.
La scrittura di Aciman è singolare, scorrevole, un fiume in piena e travolge esattamente come la storia dei due protagonisti, tanto che il libro si divora tranquillamente in un paio di giorni. L'ambientazione, tutta italiana, poi, conferisce al racconto una certa familiarità, come se il lettore ne fosse parte integrante e attiva.
Le ultime pagine, col loro finale amaro in cui i due protagonisti, adulti e nostalgici, continuano a rivivere il ricordo incancellabile della giovinezza e della lontana estate trascorsa insieme, non sminuisce la potenza del sentimento che continua ad animare Elio e Oliver. Chiamami col tuo nome sembra suggerirci, un po' come faceva William Shakespeare, che tempo e lontananza nulla possono contro un amore così intenso, perché “Amore non è Amore se muta quando scopre un mutamento o tende a svanire quando l’altro s’allontana”. 
 
 
La prima parte è allora il ricordo di uno struggersi all’interno del confortevole nido familiare; la seconda, una volta che i due giovani si manifestano reciprocamente, è invece la cronaca di un distacco annunciato, il racconto di come si è convissuto con la consapevolezza della fine, con il countdown che scandisce il consumarsi dell’estate e dell’utopia.
Fuori dalla quiete di un paesaggio italiano ricolmo di bellezza, c’è la società, la dittatorialità delle sue regole, la convenienza a non trasgredirle. Per quelle regole Oliver accetta di sposarsi, per quelle regole Oliver non ha il coraggio di scegliere Elio, che rappresenta la vita che vorrebbe. Ed Elio lo perdona, perché sa che il suo tanto spavaldo ragazzone non può farcela, tanto quanto sa che sarà comunque suo per sempre, soffre per sé stesso e soffre per Oliver che dovrà vivere una vita non sua, fatta di rimpianti, ricordi e sensi di colpa.
E così, nell’arco di un’estate si consumano letteralmente, si divorano, si spolpano quasi a non volere che resti nulla a disposizione di altri. Coinvolti in un sentimento che non ha limiti e confini ma chiede solo di essere vissuto fino in fondo, finché si può, rimandando a domani i conti con le conseguenze. Si lasciano andare alla passione e si fondono al punto da scambiarsi il nome, sono talmente vicini, talmente uniti da non distinguere più, nel momento del sesso o in quello del pensiero, l’uno dall’altro.
Chiamami col tuo nome, che col suo titolo sembra voler riassumere il senso di appartenenza di due innamorati, è un racconto dai contorni sbiaditi, in cui i confini non esistono, è un quadro impressionista perché l'amore che Elio e Oliver provano l'uno per l'altro si spinge oltre qualsiasi etichetta. Non è il manifesto dell'amore gay, è il manifesto dell’amore universale.
“you are the only person I'd like to say goodby to when I die, because only then will this thing I call my life make any sense. And if I should hear that you died, my life as I know it, the me who is speaking with you now, will cease to exist”.

Giovanna Anversa

1 commento:

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