LA STANZA ACCANTO
Una poesia sulla vita e sulla morte
Diciassette minuti di applausi al Festival di Venezia, giustamente vincitore del Leone d'Oro perché è un film bellissimo; non saprei come altrimenti cominciare a raccontare le mie impressioni di "La Stanza Accanto" di Almodovar, tanti sono i punti nevralgici che ha toccato, ma è principalmente sul tema dell'eutanasia e del diritto a una morte dignitosa che il regista spagnolo scrive e dirige un film esemplare.
Martha è una ex inviata di guerra con un cancro allo stadio terminale, Ingrid una scrittrice terrorizzata dalla morte. Le due sono state grandi amiche in passato poi, come spesso accade, si sono perse per anni ma il destino gioca il jolly.
Ingrid apprende della malattia di Martha da una amica comune, va a trovarla e accetterà, suo malgrado, di accompagnarla negli ultimi giorni di vita. Ingrid deve solo farle compagnia e dormire in una camera vicina giusto per non scivolare via da questo mondo in completa solitudine, perché anche una persona coraggiosa come Martha, teme l'idea di morire sola. "Dormiro' con la porta aperta e il giorno che la troverai chiusa vorrà dire che sarà successo".
Lo spettatore è subito intrappolato nell'angoscia di una malattia terminale col conseguente tema della morte e del fine vita sviluppato da due interpretazioni gigantesche: Tilda Swinton, così eterea e così perfetta nel ruolo di Martha, e Julianne Moore che invece mostra ogni tipo tipo di emozione che la attraversa, lasciano senza parole. Intense nelle espressioni del viso e nei dialoghi mai banali, come lo stupendo scambio di battute quando Martha rivela tristemente all'amica che la malattia le impedisce ormai di godere di ogni cosa persino della musica, della lettura e della scrittura attività che ha sempre svolto con estremo piacere; forse una lettura frivola come Erotic Vagrancy di Liz Taylor e Richard Burton potrebbe fare al caso suo ma il libro è troppo lungo, molto più del suo tempo.
È un film potente dall'inizio alla fine, che fa riflettere e pone dilemmi morali e potente è la regia e il modo unico con cui Almodovar, come sempre, riesce a raccontare le donne e i loro sentimenti. Ma qui vi è qualcosa in più, siamo davanti all'opera matura del regista che questa volta va dritto al sodo tralasciando tutto il contorno folkloristico del suo esplosivo immaginario. È un film che lavora dentro per tutto il tempo della proiezione e risulta davvero difficile mettere in fila le parole tante sono le sensazioni e le emozioni che scatena.
Si assiste ad una sequenza di simboli che si susseguono senza sosta e che tengono incollati allo schermo: l’essenzialità dei loro dialoghi, la casa che affittano nel bosco che più che un luogo viene percepita come un’altra protagonista; e poi gli abiti di Martha, sia nella foggia che nei colori quasi ad esorcizzare la nera signora, il suo amore per la vita, l’intensità dei suoi sguardi rivolti ai luoghi e a ciò che la circonda nei suoi ultimi giorni.
Martha che si trucca per andare incontro alla morte, che indossa un tailleur maschile giallo e mette il rossetto rigorosamente rosso è un momento di alta poesia. Rosso è il rossetto e rossa è la porta che Ingrid troverà chiusa quando tutto sarà finito, entrambi soglie simboliche del passaggio, come il giallo dell'abito simbolo di luce, niente tenebre, niente buio.
Ingrid si muove sempre su due binari tra pazienza e franchezza, paura e autocontrollo, disperazione e accettazione, tra l'essere impreparata e pronta, disperata quando trova la porta chiusa e accogliente quando la trova morta tanto da mettercisi vicino e ammirarla, Martha è morta e nella morte è bellissima, Martha ha vinto.
Le scene come quadri di Hopper, i non detti, il rapporto complicato madre/figlia, la politica sono elementi di contorno, seppur importanti, che attenuano e distraggono dalla commozione che diversamente sarebbe troppo forte. E' un’opera di grande umanità che esalta il valore della vita, lo spirito di fratellanza e solidarietà tra due donne carico di sentimenti forti e piccole emozioni che rendono la vita accettabile sia a chi sta per staccare la spina e partire da essa sia a chi ne subirà la perdita.
Pedro Almodovar tratta il tema delicato e controverso dell'eutanasia, del diritto alla scelta libera di andarsene con dignità e lo fa attraverso una scelta di colori, di attimi di vita accorati, di ricordi di un emozionante passato. Colori, leggerezza e delicatezza pervadono tutto il film: la natura, gli arredi, gli abiti nulla appare spento o cupo le emozioni passano dal campo visivo, il colore pervade ogni scena e il film si muove dentro ad inquadrature che sembrano dipinti e che ricordano le opere di Hopper. Ma a differenza dei quadri di Hopper qui non c'è solitudine e "People in the Sun" è solo un dipinto appeso alla parete.
Esteticamente sorprendente anche la scelta degli spazi abitativi e dei luoghi: una casa newyorchese di tendenza e alto design con uno skyline meraviglioso, la casa nel bosco dove le due donne si estraniano dal mondo, le ultime passeggiate nella natura sono immagini che rimangono impresse. Un’estetica perfetta e un mondo animato da immagini e riferimenti artistici, letterari e cinematografici vero e proprio testamento culturale di Almodovar, da Hemingway a Faulkner, da Hopper a Buster Keaton fino a Joyce e al suo capolavoro "Gente di Dublino".
Tutta questa colorata bellezza, fa da cornice a temi e momenti angoscianti che diversamente sarebbero duri da reggere. Martha chiede all'amica ciò che appare un desiderio impensabile ed è in questa richiesta e nell'accettazione di Ingrid che sta il fulcro del film, da quel momento assistiamo ad una complicità unica e toccante che annulla tutte le forze negative e dolorose della loro vita e né la malattia né la morte ne escono vincenti, un inno all'autodeterminazione e al rispetto delle scelte altrui, anche le più controverse.
Risulta così impossibile non ammirare la leggerezza e delicatezza del regista nel trattare la decisione di Martha e più in generale, il tema del fine vita, della morte, dell'amicizia e della rielaborazione del lutto. E infine l'avidità culturale delle due donne, un fil rouge che le accompagna oltre i confini dell'esistenza.
Un film essenziale, senza sentimentalismi, accorato, sofferto e coinvolgente. Martha riappare ad Ingrid nella figlia che ha le sue stesse sembianze, mentre una soffice neve rosa cade sulle case, sul bosco, su Manhattan e su di loro.
La neve cadeva, cadeva lieve su tutto l'universo e lieve cadeva su tutti i vivi e i morti (James Joyce - Gente di Dublino)
La neve cadeva, cadeva lieve su tutto l'universo e lieve cadeva su tutti i vivi e i morti (James Joyce - Gente di Dublino)
Giovanna Anversa
È perfetto in ogni sfumatura…insuperabile come sempre ❤️
RispondiElimina