Lady Oscar, il Giappone affascinato dalla storia europea
Dopo Candy Candy, che fu un cult della fine degli anni ’70 del Shōjo Manga, arriva nel 1982 Lady Oscar, inizialmente intitolato “La Rosa di Versailles” (ベルサイユのばら), che cattura immediatamente le giovani adolescenti ammaliate dalla sua personalità.
La storia appare subito avvincente: ambientato alla corte di Luigi XVI e Maria Antonietta d’Austria, tra Parigi e Versailles, si sviluppa nel clima della rivoluzione francese. Ciò che colpì milioni di ragazze in tutto il mondo furono la bellezza di Oscar, la sua personalità forte, dura, talvolta eroica e maschile dietro cui si cela una potente femminilità.
Oscar sa combattere con la spada egregiamente, sa indossare la divisa da capitano delle guardie di Versailles con la classe di una mannequin e sa compiere azioni valorose mostrando spesso più coraggio e maestria degli uomini.
Per la prima volta un cartone, come sempre li abbiamo chiamati, propone una figura femminile nuova, che si muove nel mondo degli uomini, quello sociale e militare, con valore e determinazione senza rinunciare ad essere femmina e donna.
Ci innamorammo tutte di lei dei suoi folti capelli biondi, delle sue gambe lunghe, del suo portamento, dei suoi grandi occhi azzurro cielo e del suo carattere deciso che raramente cede alla disperazione anche in momenti estremamente duri.
Una figura molto complicata da emulare, ma quante fra noi sbarbine hanno sognato di essere lei, anche per un solo giorno.
Giovanna Anversa
Siamo spesso portati a pensare che l’attrazione europea per la cultura giapponese sia a senso unico, ma basta pensare ai continui adattamenti di classici europei nella produzione di manga giapponesi per farci capire che è un abbaglio.
La prova più schiacciante di questa teoria è la saga “Le rose di Versailles” (“Berusaiyu no bara” in lingua originale), conosciuta in Italia come “Lady Oscar”.
La sua autrice Riyoko Ikeda è infatti un esempio di come anche le nobili e antiche famiglie di Osaka non fossero immuni da tale attrazione verso la cultura Occidentale. Sua madre proveniva da una stirpe di samurai e si assicurò che ricevesse la più completa educazione possibile nell’ambito del secondo dopoguerra giapponese.
Ikeda studiò le tipiche discipline del Sol Levante: canto, calligrafia, l’uso del koto (un tipo locale di cetra), la pittura, l’ikebana (le tecniche delle composizioni floreali) e la cerimonia del tè; ma non volle fermarsi solo alle arti legate al Giappone, quindi cominciò anche a suonare il pianoforte e apprese la matematica e la lingua inglese.
Quando la famiglia si trasferì a Tokyo, Ikeda si scoprì quindi una prolifica scrittrice e si iscrisse alla Facoltà di Filosofia, oltre che al Partito comunista giapponese.
Il padre, che non condivideva affatto le sue scelte, le tagliò i viveri e i finanziamenti.
Ikeda non si scoraggiò e cominciò a disegnare fumetti per guadagnarsi da vivere, scelta che può sembrare azzardata, vista con gli occhi di oggi, ma nel Giappone fra gli anni ’60 e ’70 diede i suoi frutti, grazie all’economia dinamica dell’epoca.
Certo, prima di ricevere le prime royalties passò qualche tempo e Ikeda nei primi anni dovette fare vita monacale ma, non mancandole la perseveranza, riuscì a pubblicare la sua prima storia nel 1967, a soli vent’anni, e il successo pieno arrivò appena cinque anni dopo. Questo le permise finalmente di concedersi qualche agio, con l’orgoglio di essere arrivata dove voleva, con costanza e con la sola forza del suo talento.
È ispirata da una lettura del testo biografico “Maria Antonietta - Una vita involontariamente eroica” dell’autore ebreo austriaco Stefan Zweig. Storia francese mediata dalla cultura mitteleuropea, che nella narrazione in costume ed en travesti di Ikeda si dimostra universale.
Le avventure di questa donna-ufficiale francese assegnata alla corte di Versailles mentre stava arrivando la Rivoluzione del 1789, donna che il padre battezzò come un uomo (Oscar), ebbero un gran successo ed arrivarono ad attirare l’attenzione della grande casa editrice giapponese Shueisha.
La ragione del successo di Lady Oscar si può cercare di capire con diverse chiavi: di certo uno dei motivi è perché oltrepassa i generi, ma probabilmente ancor di più perché si tratta di una trama che contrappone gli opposti.
Lady Oscar è addentro alla nobiltà, ma comprende il popolo oppresso. Anche se il suo ruolo le prescrive una posa virile, prova comunque ad esprimere la sua femminilità. Con questa attrazione narrativa, la storia fa il giro contrario e in Europa diventa molto popolare il suo adattamento in anime (cartoni animati).
È il paradosso di una giapponese che modella sul pop uno dei momenti fondativi della nostra democrazia liberale. Nel 2008 la Francia ha persino premiato Ikeda per il suo lavoro di divulgazione con la Légion d’honneur, testimoniando come anche un punto di vista apparentemente lontano possa dimostrarsi acuto e nuovo nell’interpretazione di una cultura.
Stefano Superchi
Nessun commento:
Posta un commento