9 novembre 1989, cade il Muro di Berlino ma rimane la "Ostalgie"
Com’è possibile avere nostalgia di un regime totalitario? Per quanto possa sembrare strano, tanti cittadini tedeschi orientali, nati e cresciuti nella Repubblica Democratica Tedesca (Deutsche Demokratische Republik, DDR) provano un sentimento noto come Ostalgie, un neologismo entrato nel vocabolario tedesco in seguito alla riunificazione delle due Germanie.
Quando nel 1989 cadde il Muro i tedeschi orientali riacquistarono i diritti che gli erano stati tolti, ma dovettero affrontare una realtà complicata, ben diversa dalle aspettative più ottimistiche.
La riunificazione non costituì l’unione equa dei due Stati. La Repubblica Democratica Tedesca cessò improvvisamente di esistere ma non i suoi cittadini, che persero i propri riferimenti culturali e pezzi della loro identità. L’indottrinamento ideologico della DDR per veicolare il consenso aveva lasciato delle scorie e con il crollo del sistema si verificò un disorientamento che lasciò la popolazione con una profonda sensazione di estraneità. Uno dei problemi della riunificazione fu il cosidetto “Mauer im Kopf “ (il muro in testa), per cui i cittadini delle due parti nutrivano stereotipi gli uni verso gli altri.
I luoghi e i simboli quotidiani, edifici, negozi e prodotti, sparirono per fare spazio alle nuove costruzioni e alle merci provenienti dal nuovo modello economico. L’introduzione all’economia di mercato provocò declassamenti sociali e un aumento della disoccupazione nelle zone della ex DDR. Gli orientali erano considerati cittadini di serie B a causa del peso che le regioni riunite esercitavano sull’economia.
Quarant’anni di separazione sono un tempo lunghissimo, e lo sviluppo di differenze culturali ha influenzato di conseguenza l’evoluzione della lingua. Una volta riuniti sotto la stessa bandiera si accorsero di parlare ormai due lingue diverse, anche se parlavano entrambe tedesco. A Ovest, il lessico tedesco si era arricchito di parole di influenza americana, che non era presente a Est, dove si utilizzavano molti termini russi. Ad Est il supermercato si chiamava Kaufhalle, a Ovest era il Supermarkt, Kollektiv diventava Team. Tutto questo contribuì ad accrescere il senso di alienazione dei cittadini orientali.
A trentaquattro anni dalla riunificazione del 1990, e nonostante le difficoltà, con il tempo i cittadini si sono adattati.
La Ostalgie è stata definita come una forma di nostalgia riflessiva, che non vuole tornare al passato, ma raffigura il desiderio di riconquistare ricordi, esperienze e valori vissuti nella sfera familiare e quotidiana della Repubblica Democratica. Memorie soppresse a lungo per adattarsi alla colonizzazione culturale dell’Ovest. Per chi ci ha vissuto, la DDR non è stata solo una dittatura, come ad Ovest si continua a rappresentarla.
Letteratura e cinema tedesco hanno fatto abbondantemente uso di oggetti per rievocare la quotidianità della DDR, e l’Ostalgie viene sfruttata nel marketing attraverso la commercializzazione di prodotti popolari nella DDR. E’ il caso della Trabant, storica automobile molto in voga nella DDR, della Nudossi, una sorta di equivalente orientale della Nutella, o della Vita-Cola, emulazione socialista della bevanda più famosa del mondo. Alcuni oggetti celebri della vita in Germania Est sono esposti al Dokumentationszentrum der Altags Kultur der DDR, situato a Eisenhüttenstadt, o vengono venduti alla Ostpro Messe, la fiera di Berlino dove si possono trovare oggetti orientali, frequentatissima dagli ostalgici. Ci sono persino casi di prodotti che, scomparsi dopo la riunificazione, sono poi riapparsi sul mercato proprio sfruttando questa ondata di improvvisa notorietà.
È naturale voler ricordare il passato, soprattutto cercando di ritrovare la gioia nelle piccole cose, nonostante le difficoltà. Oggi la maggior parte delle persone non vorrebbe tornare indietro nel tempo e riesumare la Repubblica Democratica Tedesca, ma il sentimento di nostalgia porta con sé il rischio di idealizzare il passato, vedendo solo i suoi aspetti positivi e dimenticando tutto il suo bagaglio di sofferenze.
Stefano Superchi
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