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13 ottobre 2024

Marina Abramović, between breath and fire (a Bergamo fino al 16 febbraio 2025)

 Marina Abramović

between breath and fire

E' stata inaugurata a Bergamo (gres art 671) il 14 settembre 2024 e durerà fino al 16 febbraio 2025 between breath and fire la mostra di Marina Abramović, artista e performer dall'impatto indiscusso, divisiva ma tremendamente efficace.
La introduciamo utilizzando uno stralcio della tesi di Laurea della casalasca Debora Benvenuti intitolata "Dal macabro all'orrido nella storia dell'arte", presentata all'Accademia di Belle Arti di Milano Brera nell'anno accademico 2007-2008.



Marina Abramović, nata a Belgrado nel 1946, attiva nel campo della Performance Art, è oggi la più nota performer internazionale, tanto che nel 2010 il Moma di New York le dedica una retrospettiva senza precedenti che la impegna per tre mesi tutti i giorni, sette ore e mezzo al giorno. Entrambi i suoi genitori furono partigiani durante la seconda guerra mondiale e occuparono posizioni importanti sotto il regime di Tito. Lei coraggiosamente si oppone a qualsiasi forma di repressione; sono sue le parole: "ci sono molti tipi di potere, e generalmente non mi piace nessuno di loro". L'arma scelta per questa lotta è la performance, adottata già quando era molto giovane come mezzo per ribellarsi alle miserie e alle ingiustizie del secondo dopoguerra. Nel 1976 lascia la Jugoslavia per trasferirsi ad Amsterdam. La sua attività inizia nel campo della Body Art e della Video Art, per poi continuare insieme a Ulay, con cui firma le azioni dal 1975 al 1988.

 


Al centro della sua ricerca artistica sta il corpo esplorato sino alle estreme conseguenze, sino al limite di pratiche masochistiche dolorose o pericolose, esibito nudo di fronte al pubblico che lo indaga o che, munito di settantadue oggetti, può usarli a piacimento per ore su di lei, sconvolta, ferita, violata nella dignità. A proposito del tentativo di esplorare le limitazioni fisiche e mentali del corpo lei stessa dice: "una volta che sei entrato nello stato della performance puoi spingere il tuo corpo a fare cose che non potresti assolutamente mai fare normalmente". Effettivamente molti dei suoi interventi sono stati così sconvolgenti che il pubblico stesso è intervenuto per fermare la sofferenza fisica, ma l'artista è convinta della possibilità del dolore di produrre liberazione e sostiene: "Io lavoro con il pubblico e fornisco elementi di riflessione: sono solo lo specchio nel quale gli altri riflettono la loro vita".

 


 

Dagli anni ottanta in poi si accentua l'interesse per le relazioni tra il corpo e il contesto storico, sociale, ambientale. Alcune delle sue performances le sono state ispirate dai massacri al limite del genocidio che hanno caratterizzato le feroci guerre civili nella ex Jugoslavia. Tra queste figura il "Balkan Baroque" con cui nel 1997 vinse il Leone d'Oro alla Biennale di Venezia.

Debora Benvenuti  

 



A Bergamo la grande mostra di Marina Abramović



'Breath and Fire'  è stata inaugurata nello spazio ex industriale di gres art 671 con una grande collezione di opere storiche e recenti, culminando nell'installazione dedicata a Maria Callas.

In Italia le mostre di Marina Abramović sono piuttosto rare, difficilmente lei appare in queste occasioni. Stavolta invece è stata proprio lei a presentare con una lecture la personale Breath and Fire, il 14 settembre nell’ex stabilimento industriale e polo culturale d’avanguardia vicino a Bergamo. Un percorso fatto di trenta opere storiche e recenti, che sviscera la grandezza e il mito dell’esperienza umana, ma anche la solitudine e la caducità della vita.


Il percorso, curato da Karol Winiarczyk, segna il ritorno di Abramović in Italia dopo la performance in mixed reality The Life dello scorso giugno a Pesaro. Quattro i capitoli tematici: The Breath – Il respiro, The Body – Il corpo, The Other – L’Altro e The Death – La morte. Ogni opera figura come elemento indipendente ma dialogante con le altre, coinvolgendo il pubblico, al limite della compartecipazione.



La collezione di video, proiettati su grandi schermi in un’atmosfera da veglia quasi religiosa, ripercorre le tappe fondamentali della ricca produzione di Abramović: dalla capitale Spirit House del 1997, dove l’artista si frusta incessantemente, inginocchiata a terra, si arriva alla ricostruzione 3D ibrida della celebre performance alla Sean Kelly Gallery di New York del 2002, quando visse per 12 giorni all’interno dello spazio espositivo. E poi ancora si spazia da Art Must Be Beautiful/The Artist Must Be Beautiful (1975), critica ossessiva e autoflagellante della bellezza, ai video di Mambo a Marienbad e Spirit House (Insomnia), presentate per la prima volta in una nuova veste interattiva, aperta a coreografie preparate durante l’inaugurazione e a interventi improvvisati del pubblico per la durata dell’esposizione. Culmina, tutto, nell’installazione cinematografica Seven Deaths, dedicata a Maria Callas.


Presentata la prima volta nel 2020 alla Staatsoper di Monaco di Baviera e replicata in diversi teatri in tutto il mondo, l’opera, epica a tratti post apocalittica, è “una esperienza cinematografica immersiva basata su sette morti premature che Marina Abramović presenta sullo schermo. A fare da colonna sonora sette assoli di Maria Callas spiega il curatore Winiarczyk.



 

“L’installazione esplicita la fascinazione di Abramović per l’opera e per la Callas in particolare, una passione iniziata durante l’adolescenza a Belgrado. Le tavole di alabastro retroilluminate, scolpite con le fattezze dell’artista, incorniciano l’esperienza che abbraccia con dolorosa passione la cultura operistica con citazioni dalla Norma, la Madama Butterfly, l’Otello, la Carmen, la Traviata e la Lucia di Lammermoor. E le morti di tutte le loro protagoniste.

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