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25 ottobre 2024

GAIA'S CORNER #11 - Electric Warrior (1971) - T Rex

 Electric Warrior (1971)

Sua Maestà il Glam e altre guarnizioni

 


Settembre è molto ricco, e non perché mi ha dato i natali (mi inorgoglisce assai questa cosa ma non ditelo in giro).
Certo è che selezionare cose è bella difficile, grazie a Stefano che ci viene in soccorso con una selezione egregia, se ve lo siete perso lo potete recuperare qui (LINK).
Detto questo, torniamo alla mia scelta. Se pur a mio avviso curioso che se ne parli ancora un po’ pochino a distanza di 50 anni o poco meno, mi sembra quindi buona occasione proporre un duo che ha influenzato una marea di produzioni successive, con quello che presumibilmente è il loro maggiore successo.

24/09/1971: esce “Electric Warrior” dei T.Rex.



Di solito evito di dare troppe nozioni ma in questo caso credo sia necessario contestualizzare un minimo.
Se ne parla poco perché? Eh, perché in classifica in Italia sono apparsi effettivamente solo con una traccia contenuta in questo album: “Get it on”, sicuramente la loro hit più inflazionata. Il genere che meglio li definisce è il glam rock, nato come movimento tipicamente inglese e poi diffusosi entro la prima metà degli anni Settanta.

 

Sostanzialmente si tratta di rock con ancora limitatissima elettronica, non eccessivamente impegnato nelle tematiche, dall’immagine colorata e “leggera” che fa scandalo, anche se non tutti hanno utilizzato questo elemento allo stesso modo (Ziggy Stardust è il periodo di Bowie affine a questa tendenza, ma il significato filosofico delle maschere di Bowie durante tutta la sua carriera va ben più in profondità, ne parleremo). Quindi paillettes, boa di struzzo, libertà dei sensi e leggerezza. Il Glam Rock ha influenzato soprattutto parte dell’heavy metal anni ottanta, quella più “leggera”, rappresenta poi il brodo primordiale dove hanno preso forma anche band oltre questo genere, per esempio i primi Queen.

 


Tralasciando gli ottomila cambi di formazione della band, mi concentrerei su Marc Bolan come fondatore e membro fisso in tutte le formazioni fino alla sua prematura morte nel 1977. Gli ingredienti in questo album sono i classici della poetica bolaniana: basso, chitarra elettrica, batteria e percussioni alternative di contorno come bonghi e cicalini. Pochissime tastiere, tutto molto ancora grezzo, piuttosto qualche arco che fa più dandy.

 

Come dandy è l’ossessione del glam rock, l’immagine di uomo di classe quasi tendente all’effemminato e sguazzante nello scandalo, attento all’estetica e alle buone maniere, tombeur de femmes e amante del bello (i Roxy Music partono dal Glam, se non vi ricordate o non conoscete quel marcantonio di Bryan Ferry, farei una googlata rapida). “Get it on” il pezzo principale, che sanno anche i sassi e che meglio rappresenta il tutto. Seguito da “Hot love”, uscito in precedenza come singolo svincolato e poi ivi incluso.

 

Personalmente ho conosciuto la band grazie a “Get it on”, incluso in una buona raccolta anni 70 uscita in edicola all’epoca delle mie scuole medie. Dopo aver esplorato altri lavori della band, rimane IL pezzo, il più rappresentativo. No fronzoli, no messaggi subliminali, bello grezzo e sensuale e stop. La voce di Bolan è grezza ma melodica, sporca il giusto, assomiglia a un giovanissimo Renato Zero di inizio 70.
 

Tutto ciò potrebbe sembrare controtendenza perché se parli di inizio  anni 70 si crea sempre un’idea un po’ distorta nell’idea collettiva. È un po’ come dire Frankestein e pensare che sia il nome della creatura e non del dottore.
Legittimo ma facciamo chiarezza.
 

 

Noi italiani tendiamo ad associare gli anni 70 agli hippie, d’altronde Woodstock a Casalmaggiore è passato nel 1979. In questa musica di Pace e Amore c’è praticamente nulla, è comprensibile? Sì. In Italia si parla di Woodstock dieci anni più tardi rispetto alla controcultura americana, l’ideale hippie esplode in una mega climax nell’estate del 1969, subìsce però un drastico declino dopo il fallimento del Festival di Altamont a dicembre dello stesso anno, dove appare chiaro e nitido per la prima volta che il lato oscuro della contro cultura è ben presente e non si può ignorare (in breve gli Hells Angels fanno un casino e ci scappa anche il morto, ndr). Il Festival dell’Isola di Wight è di fatto nel 1970 il funerale della controcultura hippie e la consapevolezza del cambio di rotta, verso nuove e vecchie battaglie (il perbenismo, su tutto).

 

Il Glam si inserisce esattamente in questa nicchia e cerca un’evasione dal logorìo dell’età moderna, uno svago non necessariamente costruttivo.
Per concludere, se quello che cercate è una sonorità piacevole e nostalgica, non impegnata ma ben fatta, se volete approfondire la band che per tre quarti occupa la colonna sonora di Billy Elliot (film meraviglioso ambientato nel primo 80), questo disco è quello che fa per voi. 

 



Ah una chicca piccina picciò: “Mambo Sun”, traccia tipica dei mix afro funky nella versione dei The Bongos la troverete sempre in questo disco nella sua versione originale.


Gaia Beranti





1 commento:

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