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05 settembre 2024

Freddie Mercury, l'amore non esiste

 Freddie Mercury,

l'amore non esiste

 


 Il 5 settembre 1946, a Stone Town (la parte vecchia della capitale di Zanzibar, ora Tanzania), nasceva un bambino di nome Farrokh Bulsara. Circa 25 anni dopo avrebbe scelto di chiamarsi Freddie Mercury, pseudonimo con cui sarebbe diventato una icona del rock mondiale. Se fosse ancora vivo oggi, il cantante dei Queen, colonna sonora di tanti momenti delle nostre vite, avrebbe 78 anni. Un personaggio straordinario, un artista il cui talento non si limitava certo solamente alla musica.
 


Come spesso accade, l’intelligenza creativa si accompagnò a una profonda sensibilità verso ogni forma d’arte. Le copertine degli album dei Queen, infatti, sono state spesso ispirate dal mondo dell’arte. Per il disco “Queen II” il fotografo inglese Mick Rock (che negli anni Settanta fece ritratti delle icone della musica come David Bowie, Iggy Pop, Lou Reed ed altri) si ispirò a una scena del film “Shanghai Express” con Marlene Dietrich. Per la copertina di “Hot Space” (del 1982) l’illuminazione arriva direttamente dalla pop-art di Andy Warhol, con il quale Freddie Mercury aveva un rapporto di stima e ammirazione reciproca.
 


Il cantante dei Queen si era formato presso l’Ealing Art College di Londra dove diventò non solo un ottimo disegnatore, ma anche un appassionato di simbolismo e retorica. La logica conseguenza fu l’ideazione e la realizzazione, intorno al 1972, del celebre Queen Crest (il logo della band), apparso per la prima volta sulla copertina dell’album “A Night At The Opera” del 1975 e (in versione leggermente diversa) su quella del successivo “A Day At The Races”.

 



Il logo racchiudeva, come già il nome della band, valori legati al Regno Unito come l’eleganza, l’amore per la patria e la regalità. Freddie Mercury incluse una fenice ad ali spiegate e i segni zodiacali degli altri componenti della band, come a voler elevare il gruppo a una dimensione superiore, legata a rinascita e immortalità: il Leone per Roger Taylor e John Deacon, il Cancro per Brian May e due fate bianche, simbolo della Vergine, per sé stesso.
Ci aveva visto lungo Freddie, perché l’immortalità della sua musica e del suo personaggio sono, ancora oggi, più che mai legittimamente celebrati.
 


Tra i capolavori che i Queen ci hanno lasciato in eredità,  colpisce il testo di “Somebody to Love”, scritto dallo stesso Mercury per “A Day At The Races”. Una canzone che, a quasi cinquant’anni dalla sua uscita, rimane tra le più note e rappresenta una sorta di invocazione d’amore. In questo brano Freddie Mercury rivela una fragilità d’animo che non ci si aspetterebbe da un personaggio apparentemente molto sicuro di sé, ma che svela al pubblico meno superficiale un aspetto nascosto e profondo. Questa intima rivelazione trascende l’immagine della star internazionale piena di soddisfazioni e felicità:

«Ogni mattina mi alzo e mi sento morire un po’» racconta nel testo. «Lavoro duro ogni giorno della mia vita, fino a spezzarmi le ossa. Alla fine porto a casa la mia paga guadagnata duramente, tutto solo. Mi inginocchio e inizio a pregare finché le lacrime non mi sgorgano dagli occhi. Signore, qualcuno, qualcuno, chi può trovarmi qualcuno da amare?». Poi, come in una preghiera, conclude con un segno di speranza: «Un giorno sarò libero, Signore!».


 

 


Stefano Superchi

 

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