Le ultime estati del millennio
Le stavamo vivendo e non ci rendevamo conto che erano davvero la fine di un’epoca.
Gli anni Novanta sono stati la coda critica degli Ottanta, quelli di uno struggimento consapevole, provato grattando via la patina dorata dell’edonismo e delle esagerazioni del decennio precedente.
Gli anni del Grunge che in un battibaleno da underground diventa mainstream e si possono ancora godere i concerti senza il muro luminescente di smartphone intenti a catturare ogni frame dello spettacolo (senza esserselo gustato davvero), in cui l’elettronica consolida una presenza invasiva nelle nostre vite (anche nella musica), gli anni della prima Guerra del Golfo con Emilio Fede che la rende avanspettacolo sulle reti Mediaset, dei primi scricchiolii della new economy.
Si incrinano i miti popolari, con la morte tragica di Lady Diana e l'assassinio di Gianni Versace. Per l’Italia sono le estati dei mondiali di Baggio, "notti magiche inseguendo un gol" in patria e poi i rigori sbagliati negli Usa che interrompono un ciclo. Gli anni cupi delle stragi di Capaci e di via d’Amelio, delle lunghe cronache di Mani Pulite che sembravano non fermarsi mai, dell’Avvocato che si tuffa dalla barca e di Berlusconi che "scende in campo" tuffandosi in politica.
Sono estati di un tronfio Occidente che si illude di poter crescere all'infinito, in cui i cellulari diventano di dimensioni ridotte e sono alla portata di tutti. Nessuno parla ancora di “disconnessione” ma il lavoro te lo lasci a casa in città, è lontano da venire l'ufficio "sempre con te" anche sul telefono. La coda infinita al casello è sempre quella, se non hai il Telepass.
Un’estate tragica come quella del 2001, segnata dalle violenze del G8 di Genova prima e dalla caduta delle Torri di New York poi, è dietro l’angolo. Il mondo non sarà più un posto così facile, nulla sarà più come prima, ma non ce ne rendiamo ancora conto. Come nessuno può immaginare che sempre nel 2001 l’iPod aprirà di fatto le porte al mondo del nuovo millennio, quello in cui a breve ci sarà più di te dentro al tuo dispositivo che in te stesso. Ma c’è ancora tempo, le auto elettriche restano un sogno della fantascienza e i voli low cost sono la grande novità, il biglietto te lo stampi a casa e forse il posto non è neanche assegnato, ma va bene così perchè sembra quasi regalato.
L’unico modo per socializzare è uscire di casa. La casa è un’oasi di pace (o una prigione) dove la tv ha ancora un ruolo fondamentale. Ci sono degli orribili show, dei telefilm che hanno una loro recondita poesia ma non hanno niente a che vedere con quello che offre ora il mercato multimediale. Di notte fonda ci sono le repliche di X-Files e Star Trek e sulle emittenti private programmini hard e televendite, Maurizia Paradiso ed Enrico Ghezzi con "Fuori Orario", distopico prima che diventasse di moda. Si torna a casa la sera tardi intrisi della puzza di fumo, perché dentro nei bar e nei locali si fuma ancora.
Le fotografie sono su pellicola e si vanno ancora a far sviluppare dal fotografo, i più evoluti organizzano sessioni di diapositive delle vacanze che estenuano chi è costretto a vederle. Si mandano ancora le cartoline dalla villeggiatura, a volte automaticamente, a volte con tanto affettuoso impegno, a volte un po’ osé, per mettere in imbarazzo un amico con i suoi genitori. In motorino si comincia a girare con casco e specchietto e sembra una insopportabile attentato alla libertà, in macchina con la cintura allacciata, ma è una cosa nuova, un po’ come gli skate e i roller che vedi in città.
Usciti vivi dagli anni Ottanta, non vivevamo nel costante confronto delle vite similperfette sempre in posa che ingaggiamo ogni giorno su Instagram. E sembrava che tutto potesse andare solo meglio.
Ma era solo un illusione, e non lo sapevamo.
"It's just an illusion, uh uh uh ahah..."
Stefano Superchi
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