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30 aprile 2024

Mostra su BRUNO MUNARI alla Magnani-Rocca aperta per tutto il ponte del 1° maggio

La Fondazione Magnani-Rocca è aperta per tutto il ponte del 1° maggio con la mostra su BRUNO MUNARI


La Villa dei Capolavori è un luogo incantato dove il tempo sembra essersi fermato, a Traversetolo nella campagna di Parma. La Fondazione Magnani-Rocca, con il Parco Romantico nel pieno del suo splendore primaverile, è perfetta come meta per il giorno del 1° maggio.

In questo periodo la Villa ospita la mostra “Bruno Munari. Tutto”, la più grande mai realizzata sul grande genio del design e della creatività italiana.

La mostra ha attratto un pubblico numerosissimo da tutta Italia, stabilendo un nuovo record per il museo e affermandosi come la più significativa degli ultimi quindici anni. Perché questa mostra sta piacendo così tanto?


Perché ispira. Munari vedeva nella creatività un modo per migliorare il mondo.

Perché è una ventata di innovazione. Munari trasformava oggetti quotidiani in straordinarie opere d'arte, spingendo i confini della creatività.

Perché è divertente, vedere dal vivo le "Macchine Inutili" e altre installazioni che stimolano la curiosità è una sorpresa continua.

Per l'educazione visiva: I libri e i giochi didattici di Munari aprono nuove porte alla comprensione visuale e al pensiero critico.

Per la multidisciplinarietà: Unire arte, scienza e design permette di vivere un'esperienza di apprendimento completa.

 


Con un solo biglietto (€14) è possibile godersi un'intera giornata nel Parco Romantico, la Collezione di Luigi Magnani (con Goya, Monet, Tiziano, Canova e altri Capolavori della Storia dell'Arte) e la mostra su BRUNO MUNARI.
È possibile visitare la mostra su MUNARI accompagnati da una guida specializzata. Sabato 4 maggio ore 16.30, Mercoledì 1° maggio e Domenica 5 maggio ore 11.30, 12.00, 16.00, 17.00.

Per partecipare, inviare una mail a segreteria@magnanirocca.it o presentarsi all’ingresso del museo, fino a esaurimento posti.

 




OPERE IN MOSTRA
Il Manifesto Campari disegnato da Munari nel 1964 è un pezzo della storia del nostro Paese

Il primo di Novembre del 1964 la Città di Milano celebra l'inaugurazione della sua prima metropolitana, la linea M1: un momento fondamentale nella storia del boom economico italiano del dopoguerra, un simbolo di progresso che cambierà la vita quotidiana di migliaia di persone.

È proprio in questo momento che la famosa ditta Campari chiede a Bruno Munari di realizzare un nuovo manifesto pubblicitario.

Munari accetta la sfida e decide di non concentrarsi tanto sul prodotto che, dice lui, “non ha bisogno di presentazioni", ma di giocare con l’idea del nome CAMPARI che è già un’icona contemporanea.

Nasce il celebre manifesto “Declinazione grafica del nome Campari” che ancora oggi è una delle opere più conosciute di Munari. Un manifesto pubblicitario che è pensato addirittura per essere letto dai viaggiatori seduti sulle vetture dei treni in movimento. 
Il Manifesto Campari ancora oggi sorprende e affascina, testimone dell'inimitabile talento di Munari e della sua capacità di fondere arte e vita quotidiana.

È una delle 250 opere della mostra “Bruno Munari. Tutto” alla Fondazione Magnani-Rocca.

“Sulla campitura rossa del fondo ecco stagliarsi, scomporsi e ricomporsi le icone grafiche della scritta Campari: Munari segnala proprio l’elemento di continuità del marchio, ripercorrendo attraverso il confronto del lettering la lunga e prestigiosa storia pubblicitaria della azienda (come non pensare ai manifesti di Hohenstein e Dudovich, Cappiello, Depero, Nizzoli, solo per citare qualche nome). Allo stesso tempo, nel  progetto grafico di Munari convergono gli esiti della sua ricerca artistica (dalla riflessione sui processi visivi alla contemporanea sperimentazione delle prime xerografie), ma in qualche modo proiettati in un nuovo contesto urbano. Il manifesto per Campari diventa soprattutto allora un caleidoscopico e curioso sguardo sulla città contemporanea."

 Simona Riva CSAC

 

 

Il Manifesto Campari ancora oggi sorprende e affascina, testimone dell'inimitabile talento di Munari e della sua capacità di fondere arte e vita quotidiana.

È una delle 250 opere della mostra “Bruno Munari. Tutto” alla Fondazione Magnani-Rocca



La CENTRALISSIMA! Rassegna di musica bella

La CENTRALISSIMA!

Rassegna di musica bella


TuttiiGiovedìdiMaggio.

Sembra uno scioglilingua, ma potrebbe essere l’incipit di un racconto in cinque puntate che già dalla copertina appaga l’occhio, con la grafica curata da Marco Goi e Tommaso Frassanito.

Dopo quattro anni di pausa torna La Centralissima, la "piccola rassegna di musica bella" organizzata da Be Molle Concerti e dal Caffè Centrale di Casalmaggiore, che mette a disposizione il suo splendido dehor su piazza Garibaldi per ospitare i concerti.
In questi anni Be Molle è cresciuta ed è diventata una Associazione di Promozione Sociale che persegue, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale per promuovere la cultura, la conoscenza e la sperimentazione delle arti anche attraverso la realizzazione di eventi culturali e artistici aperti alla cittadinanza.
La Centralissima è stata la prima iniziativa che ha gettato il seme dell’Associazione nel 2016 e che ha permesso ai volontari e alle volontarie di comprendere come la partecipazione attiva sia lo strumento attraverso cui si può realmente avere un impatto positivo sul proprio territorio.


A Casalmaggiore sono pochi gli spazi che permettono di assistere a musica indipendente dal vivo. La Centralissima mira a colmare questo vuoto e ad avere ricadute positive sul territorio arricchendo il calendario culturale di Casalmaggiore e a promuoverla come punto di riferimento per la musica indipendente in Italia.
Nel corso degli anni La Centralissima ha ospitato più di 25 progetti musicali nazionali e internazionali di altissima qualità. Anche quest’anno per i cinque giovedì del mese di Maggio, a partire dalle ore 20.30 La Centralissima ospiterà alcuni dei nomi più interessanti della scena musicale indipendente italiana.


La Centralissima è qualcosa di più di una semplice rassegna di concerti e si configura come momento di socialità aperto a tutta la comunità. Nelle scorse edizioni ha coinvolto attività commerciali, associazioni culturali, piccole riviste e attività ristorative di Casalmaggiore, creando una vera e propria rete di sostenitori della rassegna. Sempre aperti a collaborazioni e scambi di idee, gli organizzatori propongono a Casalmaggiore musica di qualità e momenti di condivisione, un contributo importante per renderla più bella e attiva culturalmente.
Il pubblico dei concerti è un pubblico affezionato, attivo e in continua crescita, fatto di relazioni reali che vengono coltivate anche al di fuori della rassegna. Non a caso, proprio dagli incontri e dalle sinergie sviluppatesi durante gli eventi, si è arrivati alla creazione di una associazione di promozione sociale. Durante la rassegna si contano circa 80-100 persone nel pubblico per ogni concerto.

 


Quest’anno - ci spiega Michele Veneziano - prima dei concerti cureremo delle interviste filmate con gli artisti e le artiste aperte al pubblico, che saranno divulgate tramite i nostri canali in modo da permettere di conoscere in maniera più diretta le persone che verranno a suonare, al di là dell’esibizione”.
L’ingresso agli eventi, come sempre, sarà gratuito.



Naturale e frizzante, Centralissima!




Questo il programma in dettaglio:


2 Maggio t vernìce

 
t vernìce scrive canzoni in continua tensione tra il dramma e la commedia. Abruzzese trapiantato a Torino, porterà una psichedelia mischiata a un pop d’autore in cui riecheggiano Enzo Carella, Mac DeMarco, Alan Sorrenti e Toro y Moi. Ha collaborato con alcune delle etichette più importanti della scena indipendente italiana (Asian Fake, Needn’t, Foniprint, Panico concerti). Un capolavoro tragicomico.



9 Maggio Duck Baleno


Quartetto veronese vincitore del prestigioso Rock Contest 2024 di Controradio. La band è un incontro di elementi provenienti da diversi progetti (C+C=Maxigross, Hardcobaleno, etc.) in cui dialogano svariati linguaggi: dal pop al rock, dall’elettronica al folk, dallo psichedelico al funk. Un  flusso di musica organica e onirica che cattura.



16 Maggio Livrea


Giovane cantautrice veronese, in cui riecheggiano grandi voci jazz e R&B. Porta un immaginario forte che nasce dalla ibridazione di diverse discipline creative. Nel 2023 esce “Il Canto Del Villaggio”, una raccolta di undici brani che tracciano il percorso verso la liberazione dai demoni che circondano Livrea, affrontando paure, delusioni, sogni e aspettative. Un immaginario da scoprire.



23 Maggio Anton Sconosciuto


Anton Sconosciuto è un batterista e compositore nato a Londra ma di base a Roma. Collabora a vari progetti come batterista ed arrangiatore (KOKO MOON, Adult Matters, Orelle, SpinnstDu?). La sua musica unisce un gusto alternative folk e si contamina con il jazz e l’elettronica. Intimo e magnetico.



30 Maggio Rosita Brucoli


Classe ’99, Rosita Brucoli è una delle voci più interessanti del panorama pop indipendente italiano. Pugliese di nascita, gira tutta l’Italia dal vivo accompagnandosi con il piano e suonando canzoni potentissime in cui gioca con le parole sfiorando a tratti lo spoken word. Dopo la firma con l’etichetta Vetrodischi, pubblica l’album “Camminare e Correre”. Ricordatevi questo nome perché ne sentirete parlare.




Cos'è Be Molle

 
Stefano Superchi







27 aprile 2024

Le collezioni di Parma in mostra a CONTEMPORANEA

Le collezioni di Parma in mostra a CONTEMPORANEA


Si è aperta la settimana scorsa (il 20 aprile) CONTEMPORANEA, a cura di Simona Tosini Pizzetti, organizzata e prodotta da Solares Fondazione delle Arti con il sostegno di Destinazione Turistica Emilia, APT Servizi Regione Emilia-Romagna.
La mostra, che ospita 115 opere di 93 artisti della scena contemporanea, è un’occasione imperdibile per poter ripercorre l’arte moderna attraverso l’operato del collezionismo privato, motivo di orgoglio e grande ricchezza della città di Parma, le cui opere permettono di ricostruire un panorama artistico cronologico completo.



Spiega Tosini Pizzetti «Non è un collezionismo da “dipinto sul divano”, bensì un collezionismo nato da una vera passione e da una grande cultura artistica. Il risultato finale raggiunto e offerto al pubblico è un percorso che attraversa il Novecento in tutti i suoi scorci, le sue personalità e le sue interpretazioni».

A catalizzare l’attenzione appena varcata la soglia della sala degli “antecedenti”, è la Fontana di Duchamp, unico esemplare su dodici ad essere in possesso di un privato e non in un museo. Il percorso intrapreso è quello del dadaismo e della sua idea rivoluzionaria del riscatto del pensiero sulla forma. Proprio riguardo alla forma, emozionante è stata la realizzazione della parete riservata al surrealismo, che accoglie un suggestivo confronto tra Le consolateur di De Chirico e Sans titre di Brauner. È un accostamento che «permette di addentrarci in tutte le sfaccettature del surrealismo», spiega la curatrice. Laddove De Chirico, nel suo essere freudiano e onirico, conserva una certa nitidezza di forma, calcolatissima, Brauner ha uno stile libero, una pittura disordinata. Dadaismo e surrealismo, ma anche artisti solitari come Picasso e Morandi, non dimenticano i loro antecedenti, a cui la sala è dedicata.

Dall’Espressionismo tedesco e dal Futurismo si srotola infatti un filo rosso che attraversa tutte le sale, ovvero “il rapporto dell’arte contemporanea e degli artisti con il problema, purtroppo ancora attuale, della guerra” e di come ha modificato la visione che l’uomo ha di sé.


Così nella sala successiva è Cavallo e cavaliere di Marino Marini a parlarci dello spaesamento e dello sgomento dell’umanità di fronte a una realtà che non riesce più a controllare e dalla cui dirompenza rimane terrorizzato. Il dialogo con Mušič è immediato, in particolare nelle opere Cavallini e Autoritratto, rivelatrici dei dolorosi ricordi dell’artista, vittima in prima persona del trauma dei campi di concentramento. E ancora si parla di umanità – da ritrovare – con Rosso, plastica celebre di Roberto Burri nella sezione sull’Informale italiano, che ci presenta una «visione di un uomo che pensa che nonostante le scoperte scientifiche non merita nemmeno di essere creatore di opere che mostrano la propria razionalità».


Lo Spazialismo emerge anni dopo, con le scoperte scientifiche, lo sbarco sulla Luna e la ricostruzione che fa riacquisire all’uomo un po’ di fiducia in se stesso che lo spinge a ricercare uno spazio che vada oltre il reale. Dal capostipite Fontana – di cui sono visibili sia i tagli che il buco di Concetto spaziale del 1962 – ai movimenti di Crippa, si apre qua un filone che introduce all’astratto come rifugio dall’orrore del passato. Infine, arriviamo alla parola con Kosuth e la sua Definizione, accompagnata dalla vera opera, un foglietto che l’artista consegna all’acquirente e che conserva l’idea originale dell’opera, figlia effettiva della mente dell’artista, e non delle mani di artigiani come quella esposta.  


Transavanguardia, Pop Art e Body Art attendono il visitatore al piano superiore, dove troviamo anche Azione Sentimentale, una delle performance più note di Gina Pane, per cui è prevista un’iconostasi performativa a cura di Lenz Fondazione dal titolo Over Gina Pane_4 Azioni Sentimentali, per un totale di otto appuntamenti con quattro creazioni di Maria Federica Maestri. Insieme ai video delle performance di Fabio Mauri – a cui è riservato un suggestivo focus in mostra, spiega la curatrice che «queste performance permettono di vivere la mostra di arte contemporanea attualizzandola e muovendola con delle documentazioni diverse dalle opere appese». La speranza è quella di riuscire ad arricchire l’offerta della mostra con degli incontri che coinvolgano anche artisti e critici.

L’installazione Hunger di Pistoletto chiude suggestivamente il percorso espositivo, lasciando il visitatore davanti a un’ulteriore interpretazione della realtà contemporanea. Hunger è il titolo riportato a grandi lettere sulla parete, un titolo che in italiano è il concetto ambivalente di fame, uno specchio bifronte che, come è spiegato nel catalogo della mostra «da una parte rispecchia angoscia, dolore, sofferenza e mancanza, ma dall’altra rispecchia abbondanza, godimento ed ebrezza».


Molti altri sono gli artisti e innumerevoli sono i temi che la mostra è stata in grado di ospitare e affrontare in questa vera e propria ricerca nei meandri artistici inaccessibili al pubblico della città di Parma, che si dimostra ricca non solo di arte, ma anche di consapevoli collezionisti privati che l’hanno saputa negli anni conservare, valorizzare e quindi riproporre alla stessa umanità che è stata in grado di crearla.


Dall’articolo di Erica Baglio (Exibart)


Dove:
Palazzo del Governatore (Piazza Garibaldi), Parma
Info: Telefono +39 0521 218035
E-mail: info@contemporanea-parma.it
Orari: da mercoledì a domenica (dalle 10 alle 19)
 
Info Ticket
Intero: 8€
Ridotto:
6€ (cral aziendali)
5€ (under 26, over 65, studenti, per gruppi superiori alle 15 persone max 25, dipendenti comunali, dipendenti IREN).
Gratuito: Under 14, portatori di handicap, guide turistiche, scolaresche con prenotazione e autorità. Le prenotazioni verranno prese solo per i gruppi.

Circuito Vivaticket
I biglietti saranno in vendita presso la biglietteria della mostra dal 20 Aprile (Tel. +39 0521.218035), online sul sito Vivaticket e nei punti vendita Vivaticket a partire dal 2 aprile 2024.



21 aprile 2024

Mauro Ferrari, Noi siamo erbacce

 Mauro Ferrari, Noi siamo erbacce

Mauro Ferrari, Noi siamo erbacce incanta (erbacce lo siamo davvero) 


 

Siamo semi / Siamo tutti semi / Portatori di visioni parziali / Potenziali Germoglianti / Spandibili oltre confine… Provate a fermarci / È impossibile. (ah, sì, siamo anche s(C)emi, per come stiamo trattando il pianeta)

Giovedì 11 Aprile, presso il Circolo ArciBassa di Gussola, il professore Stefano Prandini ha aperto l’evento dedicato alla presentazione dell’ultimo libro del sociologo Mauro Ferrari "Noi Siamo Erbacce", con la lettura di quella che definirei una sinossi poetica che si trova a pagina undici del testo.



Un libro che colpisce per la miriade di particolarità ed espedienti letterari e di ricerca intelligenti e inusitati, impiegati per trattare temi potenti che riguardano l’umanità intera: il vilipendio della natura, la complessità dei fenomeni migratori, la tendenza a rifiutare, se non addirittura ad estirpare, il diverso per arrivare a comprendere quanta poca differenza ci sia da come si tratta un’erba grama, uno scarafaggio o un umano ritenuto scomodo.

Un percorso che parte dalla metafora delle erbacce, considerate inutili e dannose, per aprire al lettore la visione di un mondo disgraziato e dimentico di quanto diverso equivalga a ricco e bello. Si tratta di un libro estremamente serio che sa correre su un tapis-roulant ludico al tempo stesso e che si avvale di quella che l’autore definisce “Botanica Sociale”, un metodo di studio che permette di leggere il legame tra società vegetale e società umana individuandone le connessioni.

Siamo semi e possiamo germogliare ovunque, senza confini così come “l’erba grama”, che pur falciata o diserbata, “la mör mai”, anzi, ricresce perché robusta, adattabile ed essenziale alla biodiversità, a dispetto di come la percepiamo. Più che un libro è un viaggio la cui stazione di partenza sono le erbacce e quella di arrivo un capolinea grigio e triste, fatto di individualismo, di distruzione di tutto ciò che non è funzionale al giochino di pochi dando origine a monoCOlture che vanno a braccetto con sterili monoCUlture.



Violentare la natura falciando tutto ciò che non è produttivo, utile e omogeneo equivale a un disegno di eliminazione (diserbo sociale) che ha il suo transfert sul mondo animale, vedi le nutrie, fino ad arrivare all’uomo, assoggettato a frontiere o a processi di disumanizzazione e/o eliminazione. La chiave di lettura, non ideologica bensì analitica e socio-scientifica, ci mostra come la fobia dell’erbaccia stia cancellando ciò che di più bello e sano esiste in natura: la diversità, il meticciato, il multicolore, i giardini caotici popolati da piante e fiori diversi, tutti con pari dignità, che sono la vera ricchezza dell’esistenza.

Ciò che non si coniuga con bramosi interessi viene diserbato a meno che, da qualche parte, non se ne colga un’utilità che raramente va a favore del bene comune. L’abilità di analisi dell’autore passa anche attraverso le vecchie feste di partito oggi sostituite dalle sagre, veri e propri anticorpi sociali al pericolo della solitudine, dell’isolamento, germogliano qua e là, proprio come le erbacce. Le sagre sono balsamo e alimentano la sana voglia di comunione e socialità per l’atmosfera rilassata che offrono, non competitiva, dove essere pronti e performanti non ha alcuna valenza.

Ferrari non dà suggerimenti bibliografici particolari, la botanica sociale aiuta già parecchio a comprendere certi fenomeni sociali, come il ritenere le migrazioni dei popoli, anziché motori dell’evoluzione, vere e proprie invasioni di esseri strani e infestanti da allontanare. In quest’ottica di analisi profonda e sconfinata c’è qualcos’altro di estremamente illuminante, i cartoni animati, nelle cui storie non manca mai quel personaggio, apparentemente inutile come il bradipo dell’Era Glaciale, “joint” però dell’intera storia senza il quale risulterebbe slegata, sfilacciata se non addirittura insensata.

Nominare Mauro Ferrari come sociologo, antropologo, docente universitario non è abbastanza, serve ascoltarlo mentre, con estrema chiarezza, spiega i suoi percorsi di analisi e ricerca, processi dialettici di hegeliana memoria, che approdano alla sintesi passando per tesi e antitesi di interesse estremo in quanto provenienti da una logica inusuale ma inconfutabile.

“Questo libro è dedicato a coloro che colorano il mondo” (M. Ferrari)
 

 

 

L'autore.


Mauro Ferrari
è sociologo e formatore specializzato nel welfare generativo e nella progettazione sociale. Attualmente ricopre il ruolo di docente presso la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi). È coautore, insieme a Stefania Miodini, del libro “La presa in carico nel servizio sociale. Il processo di ascolto” pubblicato nel 2018 da Carocci. È anche autore di numerosi articoli e conduce seminari sulla botanica sociale.

 

 

 

Un grazie sentito al circolo ArciBassa di Gussola e a Coop Lombardia – Comitato Soci di Cremona / Gussola Piadena, rispettivamente organizzatori e sostenitori dell’evento

Giovanna Anversa

14 aprile 2024

GAIA'S CORNER #6 - Murmur (1983) - R.E.M.

Murmur (1983)

Di sterpaglie, sogno e golene all’alba



Dopo una latitanza imbarazzante, risorgo dalle mie ceneri per salutare la primavera e qualche nuovo anniversario.


Qual gioia scoprire che nell’accingermi ad un nuovo argomento trovo l’anniversario di uscita di uno dei miei dischi preferiti.
Il 12 Aprile del 1983 esce “Murmur” dei R.E.M. 

 

Tecnicamente non è il disco di esordio, ma possiamo prenderci per un secondo questa licenza e fregiarlo come tale. Di sicuro, è la principale fototessera di quello che questa band propone al mondo, delle sue sonorità e del suo stile. Quattro universitari della Georgia lasciano gli studi e, dopo un primo EP di sole cinque tracce, pubblicano questo discone battezzato da Rolling Stone come il migliore di quell’anno, davanti a bestie sacre come Thriller. Non che la suddetta rivista sia la Bibbia eh, ma considerarlo quantomeno significativo è il minimo.
Se dovessi fare un toto pareri sui R.E.M., potrei dire che o li ami o li consideri una lagna (in questo momento li sto ascoltando e mio marito salterebbe dalla macchina, per dire). Se pur a mio parere siano più che degni di ammirazione, l’appellativo di “lagna” non è del tutto fuori luogo.
Dicendo questo, potrei anche smettere di parlarne allora e magari selezionare un altro disco. La voce di Michael Stipe potrebbe sembrare lagnosa, in realtà è un roco nasale cantilenante che però segue perfettamente le linee melodiche del gruppo, chiunque altro sarebbe inadatto con queste sonorità. Nel suo caso, ascoltare un sample solo voce potrebbe risultare un attimino estremo, ma la amalgama che si crea nella band è rimasta perfetta sempre, da questo disco in poi.


I R.E.M. pescano dal folk, dal rock ‘60 pre-psichedelico, dal punk ruggente di fine 70. Iniziano in un momento dove il punk ha tritato qualunque cosa, la new wave è ancora in fasce, i Joy Division hanno perso il loro frontman e il glam rock e il pop rock degli anni 70 sono storia passata. Si propone una versione di rock senza dubbio nuova, in grado di influenzare il futuro (e anche il grunge dei Nirvana, per dirne una).
Niente schitarrate, niente psichedelia da sintetizzatore, le melodie sono marcianti e usano spesso l’acustico, il basso è molto presente e scandisce il ritmo, Stipe intona testi sognanti e onirici. Una enigmatica copertina con un paesaggio vagamente golenale, magari in una timida e umida alba primaverile, qualcosa di statico, quasi confortevole nella sua cupa immobilità.


I cavalli di battaglia sono Radio Free Europe e Talking About the Passion, e, tralasciando la mia ossessione per Pilgrimage, sono certamente i pezzi dai quali vale la pena cominciare per i neofiti al primo ascolto. I R.E.M. sono anni 80 senza essere 80, perché poi sono anche 90 (Out of Time per dirne uno è un capolavoro), 2000 con Reveal e non solo. Creano un sound senza tempo, con tratti distinti e perpetui, che non invecchia e non richiede di rinnovarsi. Nell’attesa che Stipe (ora solista dopo anni dallo scioglimento del gruppo e appena ritornato in sala di incisione) ci faccia la grazia di un nuovo lavoro, partite da qui.

E non ve ne pentirete. 

Gaia Beranti

 

 
Talk About The Passion
 
 
 
 Pilgrimage
 
 
 
9-9

13 aprile 2024

Spumetta di Guido Rubini, piccola perla scalda cuore in biblioteca

Spumetta di Guido Rubini,

piccola perla scalda cuore in biblioteca

 



Se c’è qualcosa che vorremmo cambiare in un bambino, dovremmo prima esaminarla e vedere se non è qualcosa che faremmo meglio a cambiare in noi stessi.

(Carl Gustav Jung)


Partecipazione e tanta commozione per grandi e piccini, un pubblico copioso per un uomo speciale, un artista poliedrico ma soprattutto un maestro, Guido Rubini, che sabato mattina in Biblioteca Mortara a Casalmaggiore ha presentato il suo libro per bambini Spumetta. Dopo i ringraziamenti di Santina Maldotti, ad affiancarlo Massimo Bondioli, amico di una vita, anch’egli maestro, non ché scrittore e biografo di Mario Lodi. Per Guido, abituato a muoversi nella pittura, nella scultura, nella recitazione, nelle riprese video ed egregiamente nella musica, realizzare uno scritto è invece una prima volta. Non ha nascosto l’emozione e non ha evitato di mettersi a nudo davanti ai suoi bambini, seduti nelle prime file silenziosi e attenti, del resto, per un animo sensibile, non poteva che essere così. La nuvola Spumetta nasce nel cuore e nella penna del maestro più di dieci anni fa, spedisce il file ad una casa editrice che, pur facendogli i complimenti, non lo pubblica in quanto non tratta storie per bambini, così Spumetta viene messa nel famigerato cassetto. Dopo alcuni anni, il cassetto però si riapre e Spumetta vola per essere letta, con egregia prefazione dell’amico Massimo che scrive:

l’artista poliedrico Guido Rubini, alla sua prima prova come scrittore, dimostra di avere un’idea assai lontana da quella del bambino-bambolo, senza problemi, né ragionamenti, creatura da sollazzare con le più sciocche parole, come aveva fatto notare un altro maestro, Mario Lodi, nel lontano 1962



In effetti Guido, eludendo abilmente il rischio di essere banale o didascalico, ne fa una fiaba che mantiene sì il linguaggio dei contrapposti dal forte valore simbolico, caldo/freddo – buio/luce – male/bene ma è priva di inflessioni e termini i melensi. E’ un racconto denso di significati e spunti di riflessione per grandi e piccini pur non avendo la pretesa di insegnare nulla, un racconto alla Rodari che par non dica niente dicendo invece tutto.



La spinta principale gli viene dalla preoccupazione che nutre per il misero destino che da tempo affligge la natura. Per Guido la natura è tutto e sta alla base di tutto, soffre e si preoccupa del suo stato di salute, del rapporto ormai logoro e sfilacciato con un uomo divenuto arido, che via via la distrugge, preso com’è ad inseguire priorità di cartapesta, cosicché che Spumetta diventa un mezzo di osservazione, di pensiero, di pausa. Dove andiamo sempre di fretta? Dove corriamo? Per quale meta ci affanniamo ogni giorno tanto da non riuscire più sorprenderci nemmeno davanti all’arcobaleno, o da infastidirci della magia della neve o della musica della pioggia? Cosa siamo diventati noi, che per comodità fatte di cemento e gas di scarico, di schermi ipnotici e facili guadagni non vediamo più nemmeno i colori dei fiori? Solo i bambini riescono ancora a provare meraviglia ed emozione davanti alle manifestazioni della natura, ad avere ancora il cuore puro e i nervi sufficientemente scoperti per percepire la bellezza del passare delle stagioni, il susseguirsi di alba e tramonto, lo sbocciare dei fiori, il maturare dei frutti, solo i bambini vivono l’euforia di correre sotto la pioggia, di saltare nelle pozzanghere o di mettere le mani nella terra.

Un maestro ha la fortuna e il privilegio di vivere a stretto contatto coi bambini, ciò che insegno è niente rispetto a quello che imparo stando con loro, come essere contento senza che ce ne sia necessariamente motivo. Non provano fastidio se piove o se nevica loro, anzi vogliono uscire e goderne. Hanno tante cose da dire i bambini e una naturale apertura ai sentimenti, alle emozioni, alla meraviglia; bisogna ascoltarli, lasciarli parlare, esprimere, disegnare, correre e sporcarsi, bisogna lasciarli gioire e assolutamente mai reprimerli” (G.Rubini)



Un’altra particolarità di questo piccolo ma prezioso libro è che le illustrazioni sono anch’esse dell’autore, cosa assolutamente insolita. Le opere sono tavole, olio su tela fatte col pennello, nessun colore pastello o sfumatura tipiche delle illustrazioni delle fiabe, nessuna grafica digitale bensì colori forti e pennellate decise, che rendono il tutto ancora più vero, come la sorridente nuvoletta di copertina realizzata invece dalla figlia Desirée.

Maestro d’altri tempi, autorevole e comprensivo, semplice e diretto, vero, innamorato del suo mestiere, ha formato generazioni di bambini che con lui hanno avuto la fortuna di esprimersi, di sperimentare e alimentare il sogno e la fantasia, di sentirsi liberi, importanti, ascoltati, guidati, accettati e protetti. E i suoi bambini sabato si sono messi in fila per avere il libro autografato, mentre qualcun altro, ormai cresciuto, stava a guardare con gli occhi lucidi.

Giovanna Anversa




Chi è Guido Rubini

Il Maestro forse lo conoscete, è probabile sia stato il vostro  maestro, oppure lo abbiate conosciuto in uno dei suoi concerti con il gruppo Peritoperaria, o per la sua simpatia e verve da maestro di una volta.

Maestro elementare di professione, Guido Rubini coltiva da sempre diverse passioni, prima fra tutte quella per la musica cantautoriale. Ha scritto e composto diversi brani musicali per grandi e piccini e attualmente fa parte di una piccola band folk-dialettale dell'Oglio-Po. Da ragazzo, in quel di Sabbioneta, comincia a dedicarsi alla pittura figurativa e in età adulta si approccia in veste di attore al teatro e soprattutto al cinema curando la regia di diversi cortometraggi in collaborazione con i "Genitori instabili", una compagnia teatrale del casalasco di cui fa parte da oltre vent'anni.

L'inventiva certo non gli manca. Ha ritrovato in un cassetto questa bella fiaba che ha per protagonista una nuvola, scritta molto tempo fa. Ha deciso, convinto dall'amico Massimo Bondioli; di pubblicarla e di presentare il libro in Biblioteca.

(dal sito della Biblioteca Civica di Casalmaggiore)
 

12 aprile 2024

Roberto Cavalli, uno stile non per tutti.

Roberto Cavalli,

uno stile non per tutti.

Non è necessario fare guerre per entrare nella storia. Non tutte le armi uccidono, alcune salvano. Lui ha imbracciato armi salvifiche, quelle dell'arte. Dio dell'animalier e del jungle, conditi di polvere d'oro anni 80/90, ha fatto del pacchiano una eccellenza. Uno stile non per tutti, non per il prezzo ma per la portabilità. La magia di creare qualcosa non per tutti e bramato da tanti ti assicura un gradino dell'Olimpo.
Il cielo ha bisogno di angeli di classe, è evidente.
Ciao Just Cavalli, sogno maledetto della mia giovinezza.

Giovanna Anversa


 

Un ritratto di Roberto Cavalli da "Il Sole 24ore"

Si è spento a 83 anni a Firenze lo stilista Roberto Cavalli, fondatore del marchio che portava il suo nome.

Nato il 15 novembre 1940 a Firenze, cresciuto in una famiglia di artisti (il nonno Giuseppe Rossi era stato un esponente del movimento dei Macchiaioli toscani), scelse di studiare nella sua città, all’Istituto Statale d’Arte, specializzandosi nella decorazione di tessili.

Nel 1970 debutta nella moda a Parigi, con la sua prima collezione Roberto Cavalli, dove propone i suoi patchwork in pelle realizzati con la collaborazione del designer napoletano Mario Valentino.

Due anni più tardi, sfilerà nella sua Firenze, a Palazzo Pitti, sede in quegli anni delle presentazioni del pret-a-porter italiano, dove presenta i suoi denim artistici. E anche quando il sistema moda si sposterà nel nuovo centro nevralgico di Milano, sul finire degli anni Settanta, Cavalli deciderà di restare a Firenze, in un periodo quasi silente della propria creatività, in cui vive fuori città dedicandosi alla famiglia e ai suoi amati cavalli.

Ma negli anni Novanta qualcosa cambia: nel 1994 l’esordio a Milano con la novità dei jeans invecchiati grazie a uno speciale lavaggio a base di sabbia, e soprattutto le celebri stampe animalier, con cui Cavalli segnerà la moda di quel decennio e il successivo, dei pizzi, delle trasparenze, uno stile riconoscibilissimo che porta il nome dello stilista nel mondo. In quegli anni Jennifer Lopez, Sharon Stone, Kate Moss sono solo alcune delle dive che adorano lo stile Cavalli.

Alla fine del 2001 il fatturato viene stimato tra i 300-350 miliardi di lire, sostenuto dal lancio di numerose linee, dalla collezione bambini alla linea Home, accessori, profumi, dall’apertura di boutique in decine di Paesi. Ed è il 2002 quando a Milano apre il Just Cavalli Club, prima insegna di locali che segnano l’evoluzione del marchio in un senso lifestyle.

Nel 2007 Roberto Cavalli è anche il primo stilista italiano a collaborare con H&M per le sue capsule d’autore. Nel 2015, Roberto Cavalli prende però un’importante decisione: pochi mesi dopo il passaggio della guida creativa a Peter Dundas, cede il 90% della sua azienda al fondo Clessidra, per 390 milioni di euro, che nel 2016 decide di riportare la sede dell’azienda da Milano in Toscana, a Osmannoro. Il marchio vive anni complessi, segnati da un altro cambio al vertice creativo, con Paul Surridge, e da conti in affanno.

Tuttavia, lo stile Cavalli ancora molto amato in Medio Oriente permette di firmare un importante accordo con il gigante immobiliare di Dubai Damac, per la creazione di hotel e residenze firmati Cavalli negli Emirati. Nel 2019 proprio Damac diventerà il nuovo proprietario del marchio e dell’azienda, guidata dal 2020 dal general manager Ennio Fontana e a livello creativo da Fausto Puglisi.



La vita di Roberto Cavalli è stata anche segnata dal dolore per la mancanza del padre, Giorgio, fucilato dall’esercito tedesco nel 1944, quando Roberto aveva solo quattro anni.
E nel privato, due i suoi matrimoni: il primo a poco più di vent’anni con Silvana Giannoni, con cui ha due figli, ma che termina dopo poco. Roberto Cavalli si risposerà poi nel 1980 con la modella austriaca Eva Maria Düringer, conosciuta a un concorso di bellezza, che diventerà la sua più stretta collaboratrice. Dalla loro unione nascono altri tre figli, Rachele, Daniele e Robin. La sua compagna era da qualche anno la modella svedese Sandra Nilsson.

ENRICO, RACCONTINI RURALI

 ENRICO, RACCONTINI RURALI

 


Questa sera, venerdì 12 aprile dalle 20.30, ENRICO, RACCONTINI RURALI, Cena più concerto teatrale al Ristorante Eridanea di Casalmaggiore, (Via Antonino Primerano 8). 

Stefano Donzelli (Enrico) narra di raccontini rurali al musico (Michele Veneziano) che lo accompagna con brani da lui composti, dando vita ad una interazione dialettico-musicale che si dipana lungo tutto lo spettacolo.
Enrico si racconta e riesce finalmente a farsi ascoltare, grazie ad un evento chiave occorsogli, che verrà svelato alla fine del racconto.
Una pièce scritta e interpretata da Donzelli ed affrescata da Veneziano attraverso brani cuciti sulle esigenze del racconto, la vita rurale scandita dal susseguirsi ciclico degli eventi, dei giorni, delle stagioni.
Artisti, artigiani della parola e della musica, del teatro-canzone, per dirla alla Gaber.
Adattato agli spazi ed alla situazione del ristorante Eridanea, quindi diverso dalle versioni a cui avete già assistito in Teatro o in altri contesti, merita sicuramente di essere visto.

 


06 aprile 2024

VOCI DALLA BASSA! Segnalazioni

 VOCI DALLA BASSA!

Vi segnaliamo qualche evento che si svolgerà in questo weekend.

cominciamo dall'incontro di chiusura della serie di eventi "La Città Sociale, la Città che cura" che organizza Sabato 6 Aprile alle ore 17:00 all'Auditorium Santa Croce di Casalmaggiore (Via A.Porzio 5/a) la conferenza "Toccare la terra, bagnare le rose, cambiare le cose".

Interverranno: la Dott.ssa GIOVANNA DEL GIUDICE, psichiatra, Presidente della Conferenza sulla salute mentale nel mondo, la Dott.ssa DANIELA VIDONI e il Dott. CESARE ZAGO entrambi collaboratori del Prof. FRANCO ROTELLI a Trieste, il Dott. CARLO FEDERICO ROTELLI
Modera MASSIMO CIRRI, Psicologo e giornalista, Rai Radio 2



 


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"Tra Storie e Racconti", al Birrificio MadOne di Casalmaggiore, atto quarto.


La seconda segnalazione riguarda MARCO GOI che Domenica 7 Aprile alle 16:30 parlerà del suo percorso artistico e delle sue evoluzioni nel tempo.
Seguirà un tour all’interno del birrificio in cui sarà allestita una mostra con tutte le sue opere
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Questo è il programma completo:


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"RE CHICCHINELLA"
scritto e diretto da Emma Dante
adattamento da "Lo cunto de li cunti" di Giambattista Basile

Sabato 6 Aprile alle 21:00 al Teatro Comunale di Casalmaggiore (CR) - Via Cairoli 53


con Angelica Bifano, Viola Carinci, Davide Celona, Roberto Galbo, Yannick Lomboto, Carmine Maringola, Davide Mazzella, Simone Mazzella, Annamaria Palomba, Samuel Salamone, Stephanie Taillandier, Sabrina Vicari, Marta Zollet
 

Una coproduzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Atto Unico / Compagnia Sud Costa Occidentale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale, Carnezzeria, Célestins Théâtre de Lyon, Châteauvallon-Liberté Scène Nationale, Cité du Théâtre - Domaine d'O - Montpellier / Printemps des Comédiens

 
Si intitola Re Chicchinella il nuovo spettacolo di Emma Dante, sempre adattato da una fiaba de Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de peccerelle, meravigliosa raccolta di novelle in lingua napoletana, che Giambattista Basile creò nel 1634. Dopo La Scortecata e Pupo di zucchero, con Re Chicchinella la regista conclude il progetto con cui ha attraversato, insieme a un pubblico sempre commosso e appassionato, l’immaginifico universo dello scrittore campano: un’altra favola per raccontare la profondità dell’animo umano tramite il gioco e l’ornamento della poesia barocca. Protagonista della vicenda, che, come sempre, mescola elementi grotteschi, comici e tragici, è un re che, colto da un bisogno corporale, commette il tragico errore di impiegare un animale che crede morto, una gallina, per pulirsi le terga… La pennuta, tutt’altro che defunta, gli si incolla al didietro e risale su per le viscere, installandosi nelle interiora del sovrano. L’animale magico, come un verme solitario, divora tutto quello che il poveretto mangia, facendogli espellere uova d’oro. Stremato dalla cosa, il re decide di lasciarsi morire di fame, incontrando l’opposizione di tutta la corte, che non vuole privarsi delle uova d’oro.

 


Spiega Emma Dante: «Re Carlo III d’Angiò, re di Sicilia e di Napoli, principe di Giugliano, conte d’Orléans e del Maràns, visconte d’Avignon e di Forcalquier, e pure di Scampia, principe di Portici Bellavista, re d’Albania, principe di Valenzia e re titolare di Gerusalemme fece una brutta morte. Solo in quella triste circostanza la gallina gli uscì dal didietro e, razzola di qua, razzola di là, si appollaiò sul trono, ricevendo il plauso di tutta la Corte. Re Chicchinella è un apologo sull’ottusità del potere. Se la promessa è un uovo d’oro al giorno, anche una gallina può essere incoronata re.»


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a cura di Stefano Superchi





 

 

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