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09 febbraio 2024

ALBERTO CAMERINI, la poetica del Carnevale

Alberto Camerini è un artista che del Carnevale ha fatto un suo elemento poetico, ma molti di noi hanno rimosso (o non conoscono affatto) tutta la parte che ha preceduto il suo album di maggior successo, "Rudy e Rita" del 1981, che conteneva la sua hit “Rock'n'Roll Robot”

Può il festival di Sanremo legarsi a Carnevale? Direi proprio di sì: non solo per il periodo in cui svolge ma anche perché è, a tutti gli effetti, una carnevalata in cui il pop italiano non riesce più ad uscirne bene. Circo che stritola tutto, la cui ignoranza non è quella saggia delle maschere popolari ma quella del potere. E a questo proposito, c'è un legame ancor più profondo tra Sanremo e le mascherate di febbraio, attraverso un personaggio della musica italiana che proprio sul carnevale ha forgiato il suo stile: Alberto Camerini. 

(Stefano Di Trapani, dal sito “Vice”)


Conosco Alberto Camerini nel 1978 quando esce quello spettacolo di lp intitolato "Comici Cosmetici", il terzo per l’esattezza, un album significativo che continua gli esperimenti psichedelici dei primi due ma rinnovandosi grazie alle continue variazioni degli stili musicali. Prodotto da Shel Shapiro, si tratta di un concept album che narra le vicende di un immaginario clown, Neurox. L’album è composto da varie contaminazioni: il punk nei brani "Divo Divo" e "Poliziotto per Favore", un po' di folk elettrico in "Siamo tanti" e "Rock Show", qualche nota rock in "Sciocka" per atterrare su un pop più leggero in “Comici Cosmetici”, “Amore che Felicità” e "Macondo"; è l'ultimo lp in collaborazione con la leggendaria casa discografica Cramps. Fu proprio ascoltando il brano "Neurox" che mi accorsi che veniva citato il carnevale, tema che caratterizzerà la sua più leggendaria produzione e che mi colpì parecchio.


Alberto nasce in Brasile, paese di cui trattiene gli umori musicali mischiandoli con tutte le sue future sperimentazioni. Pur avendo già prodotto tanto, vantando molteplici collaborazioni importanti, in Italia diviene noto agli inizi degli anni ’80 nelle vesti di un Arlecchino Elettronico, con successi easy-pop come "Rock'n'roll Robot" e "Tanz Bambolina". Ma la sua carriera, assai più complessa e multiforme, ricca di incursioni che vanno dal rock elettronico, al wave fino all'approdo ska-hardcore degli ultimi anni, è la parabola di una generazione che, attraverso un personaggio eclettico e al suo eterno Carnevale, svela e toglie la maschera alle contraddizioni e ai simulacri di una società falsa e malata. La sua opera si presenta quindi come un continuum fatto di temi ricorrenti: quelli musicali (sperimentazione e tradizioni), quelli iconografici (il Carnevale e le maschere) e quelli testuali (l'incomunicabilità).
E’ prevalentemente del suo intreccio artistico col Carnevale, dato il periodo, che vogliamo parlare.


C'è qualcosa in comune fra il Brasile e Venezia, città in cui Alberto si reca per studiare dopo gli otto anni di instancabile lavoro e dopo i cinque di grandioso successo, il Carnevale. I testi delle canzoni di Camerini, le atmosfere, i racconti, ci portano spesso al Carnevale, vista come una festa dai sapori ancestrali, tipicamente popolare che da sempre cammina a braccetto col travestimento e con la musica.
Il suo è un Carnevale di suoni e di atmosfere e attraverso un visionario, ironico, curioso e folle Arlecchino ci mostra un mondo di ipocrisie coperte da belle maschere. Lui stesso personifica un Arlecchino disambientato che deride e canzona senza pietà ponendogli davanti le contraddizioni di una umanità che non mostra sé stessa ma la maschera di sé stessa: ogni persona ha la sua. Le maschere si muovono in una società destinata all'implosione, in cui la realtà è sostituita da una iper-realtà, dalla reiterazione infinita di modelli propinati dai mass-media e dalle multinazionali. Nella musica e nelle parole par di vederle tutte quelle marionette che popolano questa iper-realtà: "la gente, gli sconvolti, i danzatori, i maghi, i clown, gli scocciatori, i parlatori, i politici, i filosofi, i poeti, i giocatori”. Uomini travestiti da “altro da sé” che giocano, spesso senza saperlo, alla recita di questa o quella parte, burattini tordi per i quali Camerini non nutre simpatia. 
 

Lui preferisce Pantalone, Ricciolina, Serenella, Pulcinella e Colombina che ancora non hanno perso la purezza al contrario di Arlecchino, ridisegnato come un folle clown dei nostri tempi ballerino, trascinatore e innamorato come sempre, ma anche schizofrenico, impasticcato, compulsivo e nevrotico.
È un Arlecchino che mantiene una fetta della sua tipica allegria che cerca di sedurre, di essere sedotto incontrando difficoltà a cui non era abituato: il livello di incomunicabilità a cui si è giunti è per lui un ostacolo incomprensibile che tenta di superare continuamente con quel pizzico di follia che lo contraddistingue. Non è importante che ci riesca, fondamentale è il tentativo, è la consapevolezza che, in un mondo di macchine e di umanità mascherata, questo tentativo può anche fallire. L’incertezza, il dubbio, lo smarrimento, il vuoto, la freddezza sono tutti elementi che si fondono con l’universo sonoro di Camerini e chi ascolta ne percepisce l’angoscia.
In questo mondo che evolve verso il nulla virtuale, verso la vittoria dei mass-media, dell'informatica e della televisione, ci sguazza severo e divertito ridicolizzando sé stesso e la società tutta, portando a galla luoghi comuni e falsi miti. Così lo scaltro ed avido servitore, nato nella Commedia dell'Arte, racchiude in sé e nell'immaginario comune, molte delle caratteristiche che aiutano Camerini nel suo intento dissacrante. Arlecchino, inoltre, ha subito tante trasformazioni nel tempo esattamente come l'uomo nel corso della storia, e che in questa nuova era, si trova a dover affrontare la mutazione genetica più radicale: da persona a macchina.



"C'è questo tipo strano/ vedrai ti piacerà / Lui suona la chitarra in una rock'n'roll band.
E' come un Arlecchino ma non si rompe mai / Se attacchi la corrente/ si accende e partirà"

Soprannominato l’Arlecchino del rock italiano, Alberto porta in scena una gestualità che caratterizza le sue esibizioni dal vivo e che richiama alternativamente le movenze stilizzate della maschera bergamasca e quelle meccaniche di un robot. Ricorrente in parecchi dei suoi brani, Camerini ha spiegato di aver voluto unire Arlecchino alla cultura rockabilly, il tutto rivisitato in chiave moderna mettendo al centro temi quali l'alienazione elettronica, l’incomunicabilità, l’incapacità di essere sé stessi e di avere senso critico.
In uno stile musicale vario in cui si comincia a respirare l’aria punk/rock londinese, inizia così la storia di Neurox:

“Ascolta ora, questa è un'altra storia raccolta nel tamburo metallico della notte attraverso lo scintillio del suono magico dell'altoparlante universale. È notte nella metropoli totale e non si può evadere dalla notte. Neurox dietro la corazza lo sa, ma esce una voce vietata, proibita, rifiuta l'ideologia della miseria, progetta piani di trasformazione, apparentemente assurdi. Questa la storia come l'ho sentita, davvero, neanche per caso, una delle ultime sere di Carnevale”.

 Giovanna Anversa

 

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