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07 gennaio 2024

GAIA'S CORNER #2 - Peter Frampton (Frampton Comes Alive!)

Nella seconda puntata di GAIA'S CORNER, Gaia Beranti ci racconta un leggendario doppio live del 1976 di Peter Frampton, realizzato assemblando 4 concerti del tour USA del 1975.

Frampton Comes Alive! (1976)

 

Saggina, bagài e bei tempi 

 
Bòn, è passata anche la Befana, che tecnicamente porta carbone e calze, in pratica porta anche meme di improbabili aitanti nipoti maschi della suddetta che girano non in scopa ma nelle chat whatsapp. Vabbè.

Volando di saggina in saggina, vado dritta su un anniversario di un capellone. Si parla di un disco da record, per diverso tempo considerato il live più venduto della storia.

06/01/1976. Esce “Frampton Comes Alive!

E bravo che è venuto, sto ciòcapiat!

Cerchiamo, nella mia umilissima scrittura, di esplorare insieme spunti sul perché uno dovrebbe ascoltare siffatta beltà.

Frampton innanzitutto è inglese, pure conoscenza di infanzia e non solo di Bowie (eccallà!). Però è in America che ha un successo ben più importante, dove ha venduto ben 8 delle 11 milioni di copie di questo disco.

Il live è una raccolta delle sue migliori performance del 1975 durante il tour americano.
Se non lo conoscete, nessun problema. Partite pure da “Baby I love your way” ed è subito falò estivo, con tanti applausi, questa la sanno anche i famosi sassi.
Ed è tra l’altro lo spirito dell’intero disco: quasi tutte le tracce sono a chitarra solista, testi senza troppe pretese, d’amore per lo più ma dolcemente genuini. È genuino perfino il ciocco (un petardo?) fuori programma che si sente in “Wind of Change”, che qualche leso ha fatto scoppiare, fuori tempo per giunta. Ma vabbè, so’ ragazzi e fa anche lui un po’ colore.

Per citare un telefilm americano che amo molto di quattro squinternate newyorkesi, quando ti senti stressato con Frampton (e un altro piccolo aiutino) passa tutto.
Avrebbero potuto selezionare chiunque come artista, invece per quello scelgono il buon suddito di Her Majesty. Ed è in effetti perfetto.

Prendiamo un altro suo cavallo di battaglia: “Show me the way”. Compare qui un’altra peculiarità framptoniana assieme alla sua Gibson Les Paul: il TalkBox, quel bagài che usa per amplificare il suono della suddetta con il movimento delle labbra. E avvicinarla per esempio ad una voce umana. Giochino interessante, che oltre a fare storia può essere inserito nell’enorme scia di scoperta ed ampliamento delle possibilità anatomiche musicali che ha tanto ha prodotto tra 70s e anche un po’ 80s in tutto il mondo (mai sentito Lanzetti con il GLOVOX? Rimediare subito! Guardate qui!)

Frampton ha il sapore del senza tempo, del senza impegno, del relax, della radiolina in cucina tra le tende a fantasia psichedelica (rigorosa tinta arancione predominante tieni-coltellata) mentre chiacchieri con la nonna, della pattinata sul Listone o marciapiede qualsiasi, del tramonto caldo sul fiume o sulla spiaggia se del caso, di zanzare e cedrata.

E ci piace così.
 
 Gaia Beranti
 

 


1 commento:

  1. Ed ecco qui un altro mito uno di quelli che ha lasciato l’impronta nella musica senza fare troppo rumore, complimenti per l’articolo

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