Stefano Savazzi, "In ogni battito"
Live per MIA il 6 Aprile al Teatro Comunale di Casalmaggiore
Domenica 6 aprile, alle 17:30, Stefano Savazzi suonerà al Teatro Comunale di Casalmaggiore in un concerto (“In ogni battito – Live”) a supporto del Centro Antiviolenza MIA (Movimento Incontro Ascolto), al quale andrà il ricavato dalla vendita dei biglietti dell’esibizione. Savazzi si esibirà a titolo gratuito, mentre le spese organizzative saranno sostenute da diversi sponsor locali (presenti sulla locandina ufficiale dell’evento). Il Comune di Casalmaggiore ha dato il patrocinio allo spettacolo.
Abbiamo fatto una chiacchierata con lui.
Prima di tutto, perché hai scelto MIA?
Perché MIA è una associazione che svolge sul territorio un lavoro encomiabile, per le donne e non solo. E poi perché mi piace che la mia musica non sia fine a se stessa ma possa veicolare un messaggio sociale. (Stefano aveva già fatto nel 2018 uno spettacolo analogo a sostegno di “Progetto 22” di Andrea Devicenzi con la collaborazione dell’AVIS, n.d.r.).
Come è nato il progetto, e come si è sviluppato?
Il concerto è la trasposizione del disco, un disco che è nato in maniera anomala, ai tempi del lockdown. Ognuno dei musicisti ha composto le proprie parti da casa, poi assemblate spedendole via dropbox o whatsapp, le mie tracce, la batteria, il basso, poi “Kalo” Siracusa ha arrangiato le parti. Quando poi è stato possibile il disco è stato messo “in bella” e registrato al Sonic Temple Studio di Parma con alcune guest star come Andrea Innesto (storico sassofonista di Vasco Rossi) al sax soprano e Anchise Bolchi (uno dei più richiesti violinisti country italiani) al violino. Per alcuni brani ci siamo avvalsi della produzione artistica di Alessandro Fava.
Tornando al concerto che andremo a fare il 6 aprile, le prove per questo spettacolo sono state molto impegnative, c’è dietro quasi un anno di lavoro. Quando suono con gli Acrimonìa andiamo con il pilota automatico, praticamente non c’è bisogno di provare, tanti sono gli anni che suoniamo assieme e l’affiatamento.
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con gli Acrimonia alla Terrazza Martini di Milano |
Per questo progetto è diverso, abbiamo lavorato sodo in particolare per gli arrangiamenti, inciso strumenti reali riducendo praticamente a zero gli “aiutini” elettronici e privilegiato il suono caldo degli archi. Certo, dal vivo per riprodurre strumenti e suoni del disco, bisognerebbe avere un’ orchestra sinfonica, improponibile per le ragioni che potete immaginare. Allora suppliremo con le tastiere per riprodurre il suono che sul disco è stato fatto sovrapponendo varie tracce contemporanee di violini e violoncelli.
Come sarà lo spettacolo?
Inanzitutto non sarà solo musica, MIA ci presenterà l’attività che svolge sul campo, cercando di sensibilizzare gli spettatori sulle tematiche che tratta da anni.
Il concerto vero e proprio sarà all’incirca di un ora e mezza, i 10 brani del disco più 10 brani di repertorio riarrangiati sullo stile del disco. Con me sul palco ci saranno Giovanni Tumino alla batteria, Dario Cavalli al basso, Calogero Siracusa alla chitarra, Stefano Goi alle tastiere e Alevtina Matveeva al violoncello, ma anche un ospite a sorpresa che per ora lasciamo dietro ad un velo di mistero.
Tra l’altro suonare nel Teatro Comunale di Casalmaggiore è una cosa che mi stimola, perché la dimensione teatrale implica un certo tipo di attenzione da parte di tutto il pubblico, cosa difficile da trovare nei locali, per tanti motivi di “distrazione” di qualche avventore.
A proposito del disco, parlaci di “In ogni battito”.
Sulla sua “gestazione” anomala abbiamo già detto prima. È un disco intimista, che ovviamente ha molto di autobiografico, quando parlo di mio figlio Leon, della mia Itaca (la verde isola d’Irlanda, n.d.r.). È un disco che parla anche di figure “altre”, che ho conosciuto solo di fama come la madre di Peppino Impastato (Felicia) ma anche di persone della nostra terra, persone che ho, che abbiamo incrociato in carne ed ossa nelle nostre scorribande padane, magari casualmente, che mi sono rimaste addosso, come “Il Gigante”, un personaggio quasi mitologico che si chiamava come me e come te che mi stai intervistando.
Parliamo un po di te.
Mi sono diplomato ragioniere, non ero uno studente brillantissimo ma ho messo in piedi una attività che, modestamente, sono riuscito a fare camminare abbastanza bene. La mia formazione musicale è prevalentemente da autodidatta anche se ho avuto delle basi dalle quali partire, il CPM (Centro Professione Musica) di Franco Mussida (chitarrista storico della PFM) e l’Estudiantina, per citarne alcune. Suono la chitarra ovviamente, ma me la cavo anche con altri strumenti. Nel disco ho suonato, l’armonica a bocca, l’irish whistle (il flauto irlandese), il marranzano (meglio conosciuto come scacciapensieri) e uno strumento particolare che ho aggiunto al mio corredo più recentemente, la lap steel, una chitarra che si suona da seduti tenendola sulle gambe e percuotendo le corde con un martelletto metallico per produrre un suono particolare, adatto per il blues e per il country, chi conosce Ben Harper sa di cosa stiamo parlando.
Non ti sarebbe piaciuto fare della musica la tua professione?
Ammetto di averci pensato più di una volta, ma alla fine è andata così, ormai è tardi per avere rimpianti.
Il tuo lavoro, completamente al di fuori dell’ambiente dello spettacolo, ti ha aiutato nella scrittura dei testi, a trovare degli spunti?
Se devo essere onesto no. Certo, avere contatto quotidiano con altre persone fuori dalla cerchia musicale ti mantiene in contatto con il “mondo reale”, non meno nobile, ma sono due linee parallele che non si incontrano. Dal punto di vista creativo ti toglie molto. Ti toglie tempo, attenzione che devi riversare sui problemi di lavoro, sul far tornare i conti. Non sono un dipendente che finite le sue 8 ore può staccare completamente. Avendo una attività mia, la testa è inevitabilmente spesso su quella. Infatti il mio periodo di gran lunga più creativo è stato quello del lockdown, quando per forza di cose il lavoro era fermo ed ho potuto dedicarmi molto di più alla musica.
Vasco Rossi in “Una canzone per te” dice “come mi è venuta, e chi lo sa? Le mie canzoni nascono da sole, vengono fuori già con le parole”. Ecco, a me è successo con “A Leon”. L’ho scritta di getto, come se le parole mi fossero arrivate da un’altra dimensione, da un’altra vita. Bisogna solo ricordarsele. Poi, rileggendole, stentavo quasi a riconoscere di averle scritte io.
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