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19 agosto 2024

Giornata Mondiale della Fotografia: UGO MULAS, il Bar Jamaica e Monterosso.

 Giornata Mondiale della Fotografia: UGO MULAS, il Bar Jamaica e Monterosso



Oggi, 19 Agosto, è la Giornata Mondiale della Fotografia.  La Giornata mondiale della fotografia è stata istituita il 19 agosto del 2010 dalla World Photography Day Foundation, un’organizzazione no-profit che promuove l’arte della fotografia. La scelta di questa data non è casuale, ma è legata a un evento storico importante: il 19 agosto 1839 fu infatti il giorno in cui la Francia annunciò al mondo l’invenzione della fotografia, avvenuta grazie al lavoro congiunto del chimico francese Louis Daguerre e del pittore e incisore francese Joseph Nicéphore Niépce.

Certo, con l'inflazione delle "Giornate Mondiali o Internazionali" di qualsiasi cosa, il rischio è che ogni argomento di cui si tratti risulti svuotato di interesse. Approfitto di questo aggancio e di questa data per parlare di un fotografo tra i più importanti del secondo dopoguerra: Ugo Mulas.


Autodidatta, fra il 1951 e il 1952 si iscrive a un corso serale di disegno di nudo all’Accademia di Brera e comincia a "contaminarsi" nell'ambiente artistico e culturale milanese frequentando il bar Jamaica, luogo di ritrovo di intellettuali e artisti. Terminati gli studi decide di non laurearsi; “temevo che mi sarei lasciato condizionare per sempre, ho preferito rischiare di fallire di diventare uno spostato, uno senza mestiere”. Milano nel dopoguerra, la sua periferia, il Bar Jamaica e le sale d’aspetto della stazione Centrale dove trovano rifugio i senza tetto, sono i luoghi delle prime fotografie di Ugo Mulas


Debutta nel fotogiornalismo nel 1954. Lavora con il Piccolo Teatro di Milano, sviluppando una collaborazione artistica con Giorgio Strehler che proseguirà negli anni. Fotografa le edizioni della Biennale di Venezia dal 1954 al 1972 e intraprende un’intensa collaborazione con gli artisti; da ricordare le celebri serie su Alberto Burri (1963) e Lucio Fontana (1965). Dopo la rivelazione della Pop Art alla Biennale del 1964 Mulas decide di partire per gli Stati Uniti (1964-1967) dove realizza il suo più importante reportage con il libro  "New York arte e persone" (1967). Gli incontri con Robert Rauschenberg, Andy Warhol e la scoperta della fotografia di Robert Frank e Lee Friedlander portano alle nuove ricerche della fine degli anni sessanta e al superamento del reportage tradizionale. La crisi del reportage, ormai superato dal mezzo televisivo, porta Mulas a uno straordinario lavoro di ripensamento della funzione storica della fotografia: una riflessione estetica e fenomenologica che conduce al portfolio Marcel Duchamp (1972) e al progetto Archivio per Milano (1969-72). Un’ampia retrospettiva dedicata al suo lavoro è stata ospitata nel 2023 presso Le Stanze della Fotografia a Venezia.


 

 

Per chi volesse approfondire il mondo di Ugo Mulas segnalo due iniziative: una in corso a Camogli (GE) ed una in preparazione per i primi di ottobre a Milano.

 

 

 Ossi di Seppia
Ugo Mulas, Eugenio Montale

 Dal 18 luglio 2024 al 16 febbraio 2025

Abbazia di San Fruttuoso, Camogli (GE)

 A cura di Guido Risicato e Archivio Ugo Mulas


 

Il FAI, in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas, ospita, presso l’Abbazia di San Fruttuoso a Camogli (GE), la mostra Ossi di Seppia, un intenso e suggestivo dialogo tra due linguaggi artistici, la fotografia e la poesia, e tra due grandi maestri della cultura italiana, Ugo Mulas e Eugenio Montale, che verte sulla stessa materia: l’impressione e il concetto del paesaggio ligure. La mostra, allestita in diversi ambienti dell’Abbazia, presenta ventitré fotografie in bianco e nero scattate da Ugo Mulas nel 1962 a Monterosso, nelle Cinque Terre, luogo dove Eugenio Montale ha trascorso la sua infanzia e che ha ispirato il poeta nella composizione della raccolta Ossi di Seppia.

   
“[..] sballottati come un osso di seppia dalle ondate, svanire a poco a poco, diventare un albero rugoso o una pietra levigata dal mare, nei colori fondersi dei tramonti, sparir.”
Ossi di seppia, Eugenio Montale

 


Le foto esprimono, in maniera concettuale, il paesaggio descritto dal poeta in quel che egli stesso definiva il periodo del “proto-Montale”, ovvero il 1925 quando egli pubblicò una delle sue prime raccolte, Ossi di seppia appunto, dove la sua lingua, aspra e pietrosa, già mostrava il lato oscuro della condizione umana.

Affascinato da sempre da quei versi, Ugo Mulas si reca a Monterosso con l’intento di rendere su lastra quel sentimento, insieme di assoluto e di profonda solitudine, rappresentato dal mare, dal sole e dalle rocce. Più che queste foto di documento che possono anche essere interessanti, quello che conta rendere, è il clima generale del luogo, cioè trovare quegli elementi generici, non specifici, che continuamente ritornano, come un leit-motiv in tutto il libro scrive Ugo Mulas in merito al suo reportage.

 


Il risultato è un’opera fotografica caratterizzata dalla scelta d’insoliti punti di vista e da un intenso lirismo completamente aderente all’opera del poeta, dove la parola trova una perfetta corrispondenza con l’immagine. Per Stefano Verdino, docente di letteratura italiana all’Università di Genova, “le qualità sia dell’inquadratura sia della luce di questi scatti hanno un che di perentorio, che calza mirabilmente non in termini illustrativi ma di sintonia espressiva con il verso sempre nitido e tagliente di questo primo Montale”.




UGO MULAS.
L'operazione fotografica

Dal 10 ottobre 2024 al 2 febbraio 2025 Palazzo Reale a Milano presenta Ugo Mulas. L’operazione fotografica, una delle più ampie e dettagliate retrospettive dedicate a uno dei suoi autori più importanti, curata da Denis Curti e Alberto Salvadori, propone un taglio inedito che trova il suo principale nucleo narrativo nella città di Milano, colta nelle sue molteplici sfaccettature.

L’esposizione offre una rilettura complessiva dell’opera del grande fotografo, nato nel 1928 e morto nel 1973. Oltre 250 immagini, di cui molte mai esposte prima d’ora e preziosi scatti vintage, documenti, libri e filmati, ripercorrono l’intera produzione di Ugo Mulas: dal teatro alla moda, dai ritratti di artisti internazionali, protagonisti della Pop art americana, a intellettuali, architetti, e personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo: tra questi Dino Buzzati, Giorgio De Chirico, Marcel Duchamp, Jasper Johns, Roy Lichtenstein, Arthur Miller, Eugenio Montale, Louise Nevelson, Gio Ponti, Salvatore Quasimodo, Giorgio Strehler, Andy Warhol.



Lungo il percorso articolato per capitoli tematici emerge il profilo di un fotografo “totale”, che ha affrontato tematiche e soggetti diversi nel corso della sua breve e intensa esperienza con la consapevolezza che la fotografia non è mera documentazione, ma testimonianza e interpretazione critica della realtà.

 

Ugo Mulas e Milano


La rassegna propone un taglio inedito che trova il suo principale nucleo narrativo nella città di Milano, colta nelle sue molteplici sfaccettature. Il rapporto di Ugo Mulas con Milano è profondo, come testimoniano i suoi primissimi scatti del 1953 del quartiere di Brera e del celebre bar Jamaica, luogo di incontro di straordinarie personalità, come Piero Manzoni o Luciano Bianciardi, o le fotografie delle periferie, della stazione centrale, dei dormitori e dei momenti quotidiani. 


La sua documentazione visiva rappresenta oggi un prezioso contributo alla comprensione della storia culturale e artistica di quell’epoca che racconta il fervore economico e sociale di Milano nel secondo Novecento, restando tuttora una parte essenziale del suo lascito artistico.

Milano si offre come eccellente teatro per accogliere una profonda presa di coscienza rispetto all’atto creativo, che, per usare le parole dell’autore, non corrisponde mai a una semplice registrazione, bensì a “un’autentica operazione conoscitiva” (Ugo Mulas. La fotografia, 1973).

Nessuno scatto mira a cogliere un attimo eccezionale o un evento raro, ma costituisce piuttosto il tassello di un’ampia composizione letteraria, di una narrazione consapevole, di una vera e propria “operazione fotografica”.

 


a cura di Stefano Superchi






 

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