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30 luglio 2024

Poesia e Salvezza, Pablo Picasso a Palazzo Te

Picasso a Palazzo Te
Poesia e Salvezza

 


 La mostra Picasso a Palazzo Te, Poesia e Salvezza, a cura di Annie Cohen-Solal e in collaborazione con Johan Popelard, si presenta come la produzione principale del programma culturale 2024 dedicato al tema della Metamorfosi, e in particolare al rapporto tra Giulio Romano e il poema di Ovidio che ha ispirato la costruzione di Palazzo Te dal 1525 al 1535.
Allestita a Palazzo Te dal 5 settembre 2024 al 6 gennaio 2025, prodotta dalla Fondazione Palazzo Te con la collaborazione del Museo Nazionale Picasso di Parigi e della famiglia dell’artista, la mostra presenta al pubblico circa 50 opere del Maestro simbolo del Novecento, tra cui alcuni dipinti per la prima volta esposti in Italia.

 


Nel 1930, quattrocento anni dopo la realizzazione della Sala dei Giganti a Mantova, Picasso crea una serie di incisioni dedicate alle Metamorfosi di Ovidio: una proposta affascinante che offre un dialogo diretto con Giulio Romano e le pitture rinascimentali del palazzo. Ma dietro il confronto dell’artista con la tradizione mitologica si nasconde una straordinaria avventura.
Emigrato in Francia nel 1900, marchiato dalla polizia e dall’Accademia di Belle Arti come straniero, anarchico e artista avanguardista fino al 1944, Picasso viene inizialmente accolto da un piccolo gruppo di poeti marginali. È nella poesia e nel mondo dei poeti che trova i mezzi per superare gli ostacoli legati alla sua condizione di straniero. L’artista naviga magistralmente tra le molteplici tensioni della società francese utilizzando la metamorfosi come strategia. Diventa quindi, al livello estetico, personale, e professionale un artista mercuriale che pochissimi critici, soprattutto in Francia, riescono a decifrare.


“Che senso può avere, oggi, dedicarsi alla poesia, un’area apparentemente minore nella travolgente opera di Pablo Picasso? Come spiegare il fatto che, a partire dal 1935, la poesia divenne un altro mezzo di espressione per questo genio che, arrivato in Francia nel 1900, non parlava una sola parola di francese e, quando lo parlò, fu in modo sempre mediocre? La risposta va cercata nella sua fragilità di straniero in Francia, nella sua sfrenata energia creativa, nella sua empatia verso la gente più emarginata della società, vale a dire verso i poeti, e sopra tutto nel suo magnifico genio politico, che gli permise di superare magistralmente gli innumerevoli ostacoli della società francese. Entrato a Parigi dalla porta di servizio, trattato alla stregua di un paria, ed escluso dalle collezioni nazionali per cinquant’anni, Picasso non smise mai di intessere reti di amicizie in tutto il paese, per scegliere, nel 1955, di sistemarsi in Provincia piuttosto che nella capitale, preferendo gli artigiani agli accademici di Belle Arti, eleggendo il Mediterraneo come sua patria e costruendo liberamente la sua fama globale: una risposta sovversiva, in sintonia con la storia di Palazzo Te”.

ANNIE COHEN-SOLAL

 

La mostra fa parte dell’accordo di collaborazione stretto da Fondazione Palazzo Te, Musei Civici con il Comune di Mantova, e Palazzo Reale con il Comune di Milano, per promuovere le due mostre dedicate a Pablo Picasso.
A Milano, dal 20 settembre 2024 al 2 febbraio 2025, Palazzo Reale ha infatti in programma Picasso lo straniero, una mostra co-prodotta con Marsilio Arte.
Le mostre di Mantova e di Milano – entrambe a cura di Annie Cohen-Solal, con catalogo Marsilio Arte – nascono dalla collaborazione con il Museo Nazionale Picasso di Parigi e fanno emergere un Picasso radicalmente sconosciuto, in risonanza con il nostro contemporaneo: il poeta e lo straniero.


Con il biglietto di ingresso della prima esposizione i visitatori potranno accedere all’altra con il ridotto.


26 luglio 2024

FONTANINCANTO - artisti di strada a Fontanellato il 27 e 28 luglio

FONTANINCANTO

FESTIVAL DI CIRCO

27-28 Luglio 2024

Artisti da tutto il mondo, spettacoli mirabolanti, acrobazie e risate intorno alla Rocca Sanvitale di Fontanellato.


Sabato 27 e domenica 28 luglio 2024, dalle ore 19.00 fino a notte fonda, intorno alla Rocca Sanvitale prenderà vita l’attesissima settima edizione di Fontanincanto, la kermesse internazionale di spettacoli mirabolanti di circo contemporaneo.
Compagnie internazionali, circa una quindicina di repliche ad ingresso libero animeranno le vie e le piazze dell’incantevole borgo di Fontanellato.

A cura de L’Ufficio Incredibile e con il contributo del Comune di Fontanellato.

 

GLI ARTISTI

Maestro di equilibrismo, precisione, forza e trasformismo, CHO KAIRIN è l'ultimo di una lunga dinastia famigliare di acclamati acrobati cinesi. Nel 1985, a soli sei anni, entra in una scuola di acrobazia e dal 1992 inizia ad esibirsi negli Stati Uniti e in Europa.
Ciò che affascina di Kairin, non sono solo le sue abilità acrobatiche che racchiudono decenni di lignaggio di quest’arte, ma è soprattutto la sua capacità di interagire con il pubblico in modo intimo e sorprendente.

 

Tip Tap Pum é uno spettacolo di teatro gestuale e tip tap. Un personaggio eccentrico con scarpe da tip tap, pentole, cucchiai e piatti. Delirante e originale, ROLANDO RONDINELLI, trasforma le piazze dando vita a concerti grazie a un'orchestra molto particolare.


 

Eros Goni (GAMBEINSPALLA TEATRO) è un clown e un mimo eccentrico e sognatore. Con un carretto bizzarro e un po’ di sapone riesce a ricreare un universo incantato in cui farsi cullare dalla poesia e migrare con le ali della risata. Giocoso e insieme pungente, imbonisce il suo pubblico con il fascino di un gesto teatrale pulito e semplice. Nel suo spettacolo le vere protagoniste sono le bolle di sapone giganti che riempiono lo spazio, avvolgendo lo spettatore in una realtà onirica, evanescente e poetica.

 

Vari” (che in lingua Rapa Nui, significa "girare") combina energia, risate, meraviglia e unisce le tecniche di ruota Cyr e bicicletta acrobatica.
Il controllo, il ritmo, la musica e il carisma di Mr DYVINETZ sono irresistibili. Il vorticare ipnotico e la perfetta fusione tra il corpo dell'artista e il suo attrezzo trasportano il pubblico di tutte le età in un mondo sospeso.
L'acrobata cileno celebra la forza e l'equilibrio, il potere curativo del sorriso e l'incanto delle performance dal vivo, coinvolge e emoziona grazie ad una divertente gestualità universale.

 

La ricerca artistica di ERMELINDA COCCIA - Sand Animation lega le tecniche pittoriche e scultoree a quelle multimediali. Il suo percorso parte dal disegno, passa attraverso la modellazione, la video arte, il cinema e la televisione e trova un senso più profondo nella Sand Art, una tecnica che unisce magicamente la manipolazione della materia all’animazione in tempo reale.

 

Colpi di scena e un divertente coinvolgimento del pubblico fanno da contorno a quello che è il vero messaggio: continuare a provarci.
La tecnica è quella della corda molle, con monociclo sul filo e giocoleria, con un esercizio che solo JORIK sa compiere, risultato di quel “continuare a provarci”.
La presenza è quella di un’artista ispirata, femminile, generosa, sempre pronta allo scherzo e ad accompagnare la tenacia alla leggerezza.

 

TRABER PRODUCTION. Poetica installazione di costruzione e decontrazione.
Tutto comincia con quarantasette pali, a terra. Con movimenti lenti e calibrati, un uomo intreccia e lega ogni palo all’altro costruendo prima il basamento e poi una torre che svetta verso il cielo. Agile e fluido si muove nel labirinto di pali incrociati e tenuti insieme da nodi sapienti; arrampicate e discese in una instancabile opera per costruire la struttura e testarne la stabilità. Il metodo non cambia mai, ma la forma della torre é sempre nuova. Una volta raggiunta la cima, come in una meditazione orientale il ciclo si completa con la decostruzione. Uno a uno, i nodi vengono sciolti e i pali riportati a terra, gli equilibri trovati si abbandonano in favore di nuove forme, in una ricerca di conoscenza tesa verso il cielo.


 
foto e descrizioni tratte dalla pagina Instagram Fontanincanto

 

 IL PROGRAMMA


 

Il video dell'edizione 2023 del Festival Internazionale di Circo Contemporaneo a Fontanellato (PR)

Video: Indiba Film


 

Direzione artistica e organizzativa: L'Ufficio Incredibile

a cura di Stefano Superchi


20 luglio 2024

IL CIRCOLACCIO. “BUONI AMICI, BEI MOMENTI”

 IL CIRCOLACCIO.

“BUONI AMICI, BEI MOMENTI”

 

L’arte e la cultura non sono solo le grandi mostre e i vernissage, i mega-concerti o i film da Oscar. La cultura la si può fare in ogni luogo e può avere connotati popolari e, pur pescando dalla tradizione e dai costumi di una piccola realtà all’interno della quale si muove, rompe gli schemi e diventa qualcosa di unico.
Ci sono luoghi che restano nel cuore anche quando non ci sono più, luoghi immortali perché hanno accarezzato l'anima, porti sicuri in cui andare a ridere o a piangere, dove poter stare in silenzio, in disparte oppure legarsi a gruppi chiassosi e fare baldoria.

C'era una volta il Circolaccio perché definirlo circolo ACLI a Roberto non piaceva, e nemmeno a noi. Era una nave pirata guidata da un capitano alquanto umano, in epoca in cui di umani ormai se ne trovavano pochi, come ora del resto, quelli rimasti erano tutti lì, liberi di mostrare e condividere le loro imperfezioni.

I pazzi, i visionari, gli esagerati, i timidi, gli intellettuali veri ed anche quelli finti, donzelle principesse e pulzelle rozze, tutti lì si conviveva e si condivideva. Passava gente di ogni pensiero e provenienza perché Roby azzerava i pregiudizi, il pettegolezzo, la perfidia e la discriminazione. Il Circolaccio, era un portone aperto, una nave che seppur stipata di spugne e aspiranti capitani non affondava, il Circolaccio fu la chiesa più chiesa mai vista e... ci manca molto.

Giovanna Anversa

artwork Stefano Superchi


Cosa c’entra un bar di campagna con un blog culturale?
C’entra, in questo caso c’entra eccome.
È il caso del Circolaccio, un circolo ACLI gestito abilmente per 9 anni da Roberto Bortolotti, con l’aiuto, nelle serate di maggior afflusso, di qualche collaboratore e assistito spiritualmente dalla presenza discreta del gatto Design.
Il Circolaccio (che in origine si chiamava Capovolto) era un locale camaleontico, in grado di trasformarsi a seconda delle situazioni.
Un oasi nella campagna arsa dal sole che appariva dal nulla come in un film dei fratelli Coen, dove bersi una birretta fresca al ritorno dal lavoro, insieme con qualche agricoltore che si ritemprava prima di tornare a sudare e qualche pensionato che tirava l’ora di cena.


Non si capitava per caso al Circolaccio, bisognava andarci facendo le basse piene di curve, che d’inverno potevano essere traditrici, per la nebbia o per la scarsa conoscenza di chi veniva “da fuori”. Il parcheggio era in condivisione con il cimitero, che di sera era sempre libero, e di giorno pure. L’entrata, dietro la chiesa del paese, era anonima, senza insegna, solo il civico 44, ma dentro la personalità del locale rispecchiava quella del suo “conduttore”.
Sulla sinistra il bancone con alle spalle un numero imprecisato di orologi da parete di tutti i tipi, per la maggior parte fermi, a quello principale, quando scattava l’ora legale, veniva attaccato un foglietto con scritto +1; sulla destra, rialzata da un paio di gradini (pericolosissimi per chi aveva alzato un po’ il gomito) la stanza con i tavoli.



Vecchi tavoli di legno, vissuti, che portavano il segno degli anni, così come le sedie, quelle sedie cui era richiesto l’unico requisito che deve avere una sedia: la comodità; lo stile lo avevano “inside”, senza fastidiosi fronzoli da architetto. Se cercavate il locale fashion fighetto eravate senz’altro fuori strada.


Ma la cosa più scenografica erano le pareti, giallo caldo, ma in un periodo anche dipinte di verde che faceva tanto pub irlandese, con appese mappe antiche che ti portavano a viaggiare con la mente come un Salgari della bassa, poi una macchina da scrivere Olivetti, la seduta di una vecchia sedia di legno, una radio anni ’50, vecchie ante e assi di legno sapientemente trattate e sulle mensole una serie di oggetti old style, frutto anche di una precedente “bottega etnica” di Roberto. Uno stile inconfondibile, avvolgente, che ti faceva sentire a casa, lontano mille miglia dall’aspetto asettico di certi lounge bar di moda.


Particolare da non dimenticare era la vecchia stufa a legna messa di fianco alla porta che dava sul retro, piccola ma potente, se ti sedevi troppo vicino ti sembrava di stare all’ingresso dell’inferno.


La porta che dava sul retro, dicevamo. Il cortile esterno merita un capitolo a parte. Rifugium peccatorum per i fumatori d’inverno e passaggio unico per raggiungere il defilato bagno alla turca, che dopo una certa ora (complici le birre e quant’altro) diventava un pellegrinaggio obbligato. Ma era d’estate che diventava il locale stesso. Un bersò con le lampadine colorate, le piante che facevano ombra e davano l’illusione di fresco. E ancora il piccolo parco usato solo per le occasioni speciali, tra cui il primo (e unico) torneo di “calcetto ad ostacoli”, ispirato dal romanzo di Stefano BenniLa Compagnia dei Celestini”.




Il Circolaccio era sempre un po’ controcorrente, non festeggiava l’ultimo dell’anno ma il 30 dicembre con “aspettando l’ultimo”. Sfruttava una serata tradizionalmente “morta” come il lunedì per organizzare “I lunedì del Circolaccio”, una serie di concerti di primo livello, jazz, fusion, roba da palati fini.



Da ricordare un concerto di Andy J. Forest, bluesman statunitense virtuoso dell’armonica a bocca (italiano d’adozione per una quindicina d’anni tra il ’75 e il ’90 dove collaborò, tra gli altri, con Claudio Lolli, De Andrè, Guccini e Bennato) organizzato con Angelo Romanelli.



La musica era uno dei punti di forza del locale. Dal Circolaccio sono passati in tanti, artisti locali e non solo, spesso portati dal fido maestro Cappa, musica che non era facile sentire in giro, ma anche dj set, pop, rock, la fusion dello “Zio Pino” che arrivava con la sua compagnia di musicisti e una discreta scorta di prodotti enogastronomici, stagionati in quella miracolosa combinazione di nebbia invernale e afa estiva che solo la bassa può dare.




Ma rimane nella scatola dei ricordi anche un concerto di un duo jazz sul ripiano del camion di Mario “il chimico”.
Mario era il grigliatore ufficiale del Circolaccio, manualità sopraffina, non esattamente il prototipo del gentleman, ma sicuramente un generoso che riservava la sua cultura a pochi, da vero intellettuale.



Una colonna del locale era di certo la Laura (Ventu per gli amici), fidata collaboratrice di poche parole ma di gran compagnia, celebrante ufficiale delle serate karaoke dove duettava specialmente con “il Sindaco”, ma questa è un'altra storia.


Tra le particolarità del Circolaccio c’erano le serate a tema gastronomico con la cuoca Marisa, sempre sold-out; cucina di tutto il mondo, sudamericana, africana, indiana, dal vegetariano ai formaggi di capra, dalla cucina toscana a quella greca e via degustando, tutto magistralmente accompagnato dalle selezioni di vini abbinati ai piatti dal marito Mario.


Ma c’erano anche i pranzi e le cene nostrane, che imbandivano i vecchi tavoli di legno da osteria, la trippa, i marubini nelle scodelle, lo stinco che Roberto cucinava perfettamente e i tortelli d’erbetta della mamma di Roberto, che ogni tanto arrivava a dare man forte, le bottiglie buone e la “normale” e per il dessert d’emergenza “pàn e merda” (pane e nutella), perché i dolci erano praticamente banditi dal locale, un vezzo da chef, perché non si può mica pretendere tutto!


Il Circolaccio era tutto e niente, "Uno, nessuno e centomila", bar intimo, osteria, dance hall, confessionale, sede di riunioni istituzionali di comitati e Teatro: in qualche occasione "ritiro spirituale" dei CasalmAttori che hanno fatto qui più di una  rappresentazione.



Buoni amici, bèi momenti”. Era questo il motto del Circolaccio che campeggiava pitturato su un muro, la sintesi che descriveva esattamente il locale e quelli che lo animavano. Una grande famiglia, senza formalismi, dove sono nate amicizie, ci sono state sbronze, litigi, risate, condivisione e compassione, dove Roberto si è pure sposato con la Giovanna, uno spazio libero dove la parola aggregazione ha avuto davvero un senso. Un insieme di anime belle che qualche moralista locale non ha saputo o voluto capire.


Ma tante persone ricordano con fiera tenerezza quell’esperienza irripetibile, ed è questa la più bella rivincita di Roby.


Stefano Superchi

























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