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10 marzo 2024

KOOMARI, BUONA LA PRIMA!

KOOMARI, BUONA LA PRIMA!

In un Bar Centrale pieno come nelle grandi occasioni, abbiamo assistito alla prima data live dei Koomari, il “Movimento release party”.
Due parole sulla location,
un “utero” rassicurante dove hanno visto la luce personaggi della cultura alta e bassa casalasca, tra chiesa sconsacrata e caffè letterario, con un gioco di luci fluo e di ombre allungate che introduce alla musica avvolgente del gruppo.


Sin dalle prime note la musica dei Koomari mi rimanda al suono dei Tame Impala, ma anche degli Air, un funk psichedelico che a tratti vira verso la bossanova, João Gilberto e i Jamiroquai di Corner of the hearth, fino a scivolare verso un sound balearico.
Ma a dare improvviso nerbo alla tela musicale si innestano voce, chitarra e sezione ritmica con pennellate più rock per ritornare sulla terra. E poi qualche spruzzatina di dancefloor ben dosata e dei cori Bee Gees style piazzati a tradimento. E allora si fa fatica a stare fermi.
Come avrete capito dare un etichetta alla musica dei Koomari risulta difficile e francamente sarebbe riduttivo, perché hanno uno stile proprio, che ti entra sottopelle nei primi ascolti e si stratifica ad ogni brano.
Captando i commenti di chi ascolta il concerto si capisce che ognuno associa il sound “koomariano” a qualcosa di diverso, a seconda dei propri gusti e delle proprie conoscenze musicali: chi ci sente qualcosa dei Calibro 35, chi dei Doors o di Jaco Pastorius, e chi è rimasto con un impressione di “sospensione”, da verificare nei prossimi ascolti.


Di sicuro siamo lontani anni luce dall’industria dello spettacolo che sforna sottoprodotti usciti in serie dai talent show, con la dicotomia tra buoni sentimenti e sedicenti gangsta trapper di periferia con l’autotune inserito.
È un suono che ti rimane appiccicato quello dei Koomari, come la pioggerella brumosa che ti accoglie uscendo dal Centrale e che imperla il porfido dell’anello intorno al listone.
Teniamoceli stretti questi gruppi, e tutte le labels indipendenti, gli studi di registrazione e i fonici, tutto il reticolato culturale che li sostiene, che arrivano dal basso per puntare in alto.
Ne sentiremo parlare ancora.




Stefano Superchi

foto e video: Laura Mantovani

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